• Welcome to Cavallo Planet - Forum Per gli appassionati di equitazione inglese e americana... e di cavalli..

Post recenti

#31
20 Ottobre 2023

A 3 giorni dalla morte della Meyer in Sardegna, apprendiamo dell'incidente equestre occorso a una donna di 41 anni a Rocca di Papa: trasportata in elicottero in ospedale pare che se la caverà. Auguri.
#32
Ai tempi, l'arte del cavalcare era vista come attività prettamente maschile, pericolosa e inadatta alle donne, ciò nonostante alcune di esse si cimentavano nell'equitazione... rare erano le donne a cavallo, rari gli incidenti.
Tant'è che il Foscolo nella sua celeberrima ode: A Luigia Pallavicini caduta da cavallo canta l'amaro destino della bellissima dama che ebbe il viso sfigurato proprio da uno spiacevole incidente, equestre sicuramente evitabile secondo il poeta: 

Pera chi osò primiero

Discortese commettere

A infedel corsiero

L'agil fianco femmineo

E aprì con rio consiglio

Novo a beltà periglio !


                                     

In questa maniera, Foscolo maledice chi ha iniziato le donne all'arte del cavalcare e - così facendo - espone il fragile corpo femminile a simili pericoli, ma spera e prega che alla sua amica tocchi la sorte di Diana che - caduta dal cocchio - ne ebbe il viso rovinato ma che poté in seguito ritornare lieta tra le sue ninfe e salire al cielo, più bella di prima.
Purtroppo, Luigia rimase per sempre sfigurata tanto che - da allora in poi - si presentava in società col volto coperto da una veletta nera.
#33
Ho dimenticato di dire che il proverbio, vista la realtà, andrebbe aggiornato così: "Femmena a cavallo seppertura aperta".
#34
Abbiamo appreso ieri che Margherita Meyer, amazzone cagliaritana sessantaduenne, è morta in seguito una caduta durante le prove di una competizione equestre in Sardegna.

Poche settimane fa, Maria David - una signora quarantaduenne di Cefalù - è morta tra le fiamme, nel tentativo di salvare i suoi cavalli da un incendio.

24 giu 2015 — Non ce l'ha fatta Martina, la bambina di 8 anni, di Imperia, travolta e schiacciata dal cavallo che stava cavalcando, nell'entroterra di Dolcedo ...

Carpiano, ragazza colpita in faccia da uno zoccolo è
successo alle 15 alla scuola di equitazione di Cascina Longora. La giovane, a piedi, stava uscendo da un recinto, col proprio cavallo al ...


Ecco, negli ultimi dieci anni ci sono state (solo in Itaglia) almeno un centinaio donne morte o gravemente ferite per incidenti equestri, la maggior parte giovani, giovanissime.

SONO SINCERAMENTE ADDOLORATO: IL MIO CUORE PIANGE!

Ma, cinicamente, è il caso di ricordare un vecchio proverbio che, nella versione di mio nonno, faceva così: "Ommo a cavallo seppertura aperta".
#35
A / Re:Assetto: Baucher - d'Aure
Last post by raffaele de martinis - Ottobre 18, 2023, 09:07:29 AM


Quando conobbi Baucher avevo ventiquattro anni e  lui  trenta più di me: dunque aveva cinquantaquattro anni, ma ne dimostrava dieci di meno.
Baucher era di corporatura media, aveva il torace molto sviluppato e le gambe leggermente arcuate.

Sottolineo tale dettaglio perché si crede che questa particolare conformazione delle gambe sia un dato anatomico particolarmente favorevole all'esercizio dell' 'equitazione.
In realtà non é molto importante: quel che conta  è che le cosce non siano troppo rotonde e carnose.
Il conte d'Aure, ben lungi dall'avere le gambe arcuate, addirittura, aveva le ginocchia valghe, le ginocchia a X:  tuttavia era dotato di una potente tenuta di gambe, una delle migliori che abbia mai visto.

Quello che colpiva maggiormente di Baucher era il volto.
Il suo sguardo dimostrava perspicacia, dote che certamente possedeva e della quale mi dette ripetutamente dimostrazione;  in particolare, aveva l'abitudine di guardare i suoi interlocutori di sottecchi, un po' come un pittore che voglia fissare nella mente una fisionomia.

La testa era ben sviluppata e ben modellata; il naso importante ma dalla
forma gradevole. Lo zigomo della guancia destra era segnato da una cicatrice, ricordo del calcio di un cavallo.

La sua espressione generale era quella del pensatore, infatti era completamente assorbito dall'equitazione :  Baucher portava sul viso i segni delle  meditazioni che, quando decise di pubblicare il suo metodo, lo occuparono al punto tale da diventare quasi una monomania.

In quel periodo portava sempre con sè una penna ed un taccuino per appuntare - ovunque si trovasse - quella parola particolare  che da tempo cercava e che all'improvviso gli nasceva nella mente.

La sua straordinaria intelligenza e la precisione dei suoi giudizi ne avrebbero fatto un personaggio importante qualunque fosse stato l'indirizzo   dato alle sue qualità.

Come dimostrano alcuni  suoi scritti la sua logica, così penetrante, spesso sconfinava nella filosofia.
In privato, considerava il metodo di insegnamento in uso contrario allo  sviluppo della personalità dei cavalieri  e si attribuiva, come maggior merito, il fatto di aver affrontato l'equitazione mettendo da parte qualsiasi preconcetto.

Detestava le convenzioni mondane:  ricordava sorridendo che uno dei membri di una commissione chiamata a giudicare il suo metodo  gli aveva votato contro perché - su invito del presidente di quel consesso - si era permesso di sedersi davanti agli esaminatori.

In generale, estremizzava l'importanza della sua opera e il valore delle sue scoperte, ritenendo
che non fossero stimate secondo i loro meriti; tuttavia aveva fiducia che in futuro il suo genio sarebbe stato riconosciuto.

Nel 1849, quando l'ottava edizione del suo metodo fu esaurita, ne rimandò la ristampa per fare aumentare la richiesta; questo al fine di richiamare l'attenzione di quella opinione pubblica che intimamente disprezzava.


Violentemente attaccato dai suoi avversari, dimenticato o rinnegato da parte di alcuni cavalieri che aveva istruito, si riteneva perseguitato dall'intera società, che accusava di disinteresse e di ingratitudine.

Tuttavia,  se è vero che  ebbe degli implacabili detrattori, e se è altrettanto vero che alcuni dei suoi allievi - ingrati - lo abbandonarono, nessun caposcuola ebbe più prestigio di lui  e - malgrado tutto - era seguito da una schiera di ferventi ammiratori, era circondato da un cerchio magico di amici devoti e formò una pleiade di discepoli entusiasti.

Peraltro, la devozione che lo circondava era più che meritata:  i cavalieri senza pregiudizi non potevano far altro che ammirare il suo gran talento, mentre   coloro che avevano    la possibilità di conoscerlo personalmente erano attratti dal suo entusiasmo sincero e dalla forza della passione che lo animava

Per contro,  il suo carattere ombroso e la sua suscettibilità spesso prendevano il sopravvento, sfociando in veri e propri attacchi di misantropia che lo portavano a esprimersi con parole veramente amare.

"Cosa vuole che faccia? Gestire un maneggio ?? Si va in rovina!
Prima di tutto bisogna esser in grado di mantenersi.
Io ci riesco facendo il buffone, vivo coi saltinbanchi e i pagliacci, mi esibisco per dieci soldi !" Nota 2)

A quel tempo Baucher girava col circo Soullier.
Incassava un terzo delle entrate e partecipava ad un terzo delle spese.
In precedenza era al circo di Parigi: guadagnava circa 18 000 franchi per la stagione, oltre al mantenimento di sei cavalli.

Aveva anche qualche migliaio di franchi di rendita:  in caso di incidente, era in grado di sostentarsi.
In seguito, l'I'imperatore gli concesse una pensione di 2 400 franchi.
A proposito di questa pensione, Baucher ricordava che un giorno il re Luigi Filippo lo fece venire al castello di Neuilly, dove montò tre cavalli in presenza della famiglia reale:   dopo questa esibizione, il generale Rumigny gli lo portò, da parte del Re, 500 franchi, che egli - fin troppo signorilmente - rifiutò.

La sua suscettibilità, la sua permalosità aumentavano nella misura in cui la sua fama cresceva ; a tal proposito mi disse: "Il successo non  fa la felicità. Una volta bastava che leggessi qualche riga di elogio su un giornale perché mi sentissi appagato, oggi, i complimenti mi lasciano indifferente, l'adulazione mi irrita fortemente ma mi inca**o come una iena alla minima critica".

La sua vita fu delle più laboriose. Era in sella all'alba ad addestrare i suoi cavalli e fino alle 8 del mattino non voleva spettatori : queste erano le ore più  felici della sua giornata. Il lavoro proseguiva fino alle undici con l'allenamento dei cavalli già confermati, poi smontava e faceva una pausa durante la quale  – mentre sorbiva una tazza di cioccolato - osservava montare un'amazzone o un cavaliere che avevano meritato questo privilegio.

Alle tre. dava lezioni agli allievi iscritti ai suoi corsi.
Essi dovevano essere già cavalieri provetti per trarre profitto dai suoi insegnamenti , non si dedicava ai novellini.
Ogni corso durava sei settimane, e serviva soltanto ad iniziare i cavalieri al suo metodo.

Le sue serate, quando non era impegnato al circo, erano dedicate allo studio.

Baucher non era per niente un uomo di spettacolo.
Montava alla stessa maniera, sia la mattina in piena solitudine che la sera
durante le sue esibizioni davanti al numeroso pubblico pagante: teneva la testa bassa in atteggiamento concentrato e non si curava delle critiche che venivano fatte alla sua posizione. Nota

Lo si accusava per esempio di non scendere  abbastanza nell'inforcatura, di avere le reni ingobbite e gli veniva anche rimproverato di effettuare i cambiamenti di galoppo accentuando troppo lo spostamento di assetto.
Ma la principale critica che gli era rivolta riguardava il fatto di portare le gambe troppo indietro:  in seguito cambiò  quella posizione, più avanti ne spiegherò i motivi.

Comunque, anche riguardo all'epoca che sto trattando (1849), questa critica non è stata sempre giustificata, su  Partisan, per esempio, l'ho visto montare  con le gambe piazzate in maniera irreprensibile.

#36
A / Re:Assetto: Baucher - d'Aure
Last post by raffaele de martinis - Ottobre 17, 2023, 09:24:05 AM
Ora, passiamo a ritrarre l'assetto di Baucher:
#37
P / Re:Pausa. (il lallo nella pubb...
Last post by raffaele de martinis - Ottobre 17, 2023, 09:20:39 AM
#38
P / Re:Pausa. (il lallo nella pubb...
Last post by raffaele de martinis - Ottobre 17, 2023, 09:19:10 AM
#39
A / Re:Assetto: Baucher - d'Aure
Last post by raffaele de martinis - Ottobre 17, 2023, 09:00:43 AM
Da un "Ufficiale di Cavalleria" del generale L'Hotte: ASSETTO D'AURE.

Il ritratto del visconte d'Abzac, che si trova nella terza edizione del trattato di equitazione di d'Aure del 1847, rappresenta il modello ideale della posizione ricercata a Versailles.
Era caratterizzata da una profonda inforcatura,   ginocchia quasi dritte,  gambe cadenti morbidamente grazie al  loro stesso peso.
Quella posizione di gambe era molto in voga a quel tempo ed era adottata dalla maggior parte dei cavallerizzi :  lo testimoniano i ritratti dell'epoca e la mia esperienza diretta, fatta osservando montare   il comandante Rousselet, il capitano Brifaut e il vecchio maestro di equitazione Aubert.

Erano staffati molto lunghi, certamente più di d'Aure: la punta del piede  non poteva che sfiorare la staffa e sovente era più bassa del tallone,  come ho potuto osservare personalmente e come si nota nel ritratto del visconte d'Abzac.
Anche  Lançon montava così;    ottuso e imbottito dei principi di Verailles, disapprovava la maniera di calzare la staffa di d'Aure  e il suo essersi  distaccato – nella pratica come nell'insegnamento – dalla linea dettata dai loro maestri.

Sebbene fosse un innovatore, d'Aure teneva in buon conto le opinioni di coloro che provenivano dalla sua stessa scuola; pertanto, un giorno che montava col Mgr il duca d'Aumale, gli disse : « Domandi a Lançon cosa pensa di me ».                                                                                                                                                                                     
Il principe pose la domanda a Lançon, il quale si limitò a dire , con voce aspra  come  era sua abitudine : «Potete dire a d'Aure che è un " accrocco " Nota » Naturalmente il giovane principe non esitò a riferire la risposta di  Lancon al conte d'Aure, il quale replicò:   « Ah ! se montasse i cavalli che  monto io ! »
In effetti quel minchione non aveva che cavalli da scuola, facili da montare, dalle andature dolci, e,  lavorando su fondi compatti e non chiedendo loro grandi sforzi, poteva permettersi di tenere  le staffe  sotto la punta del piede, come faceva  Lançon, rendendole  nient'altro che  « l'ornamento del piede. »

Ma coi cavalli difficili quella staffatura, a causa della sua lunghezza, diventa un impaccio e  rende più difficoltoso mantenere una pressione energica e prolungata delle gambe in varie situazioni: su terreni accidentati,  quando bisogna superare degli ostacoli,  quando si spinge il cavallo al galoppo di carriera e quando si pratica il trotto sollevato.

Comunque, se è vero che – in maneggio – il conte d'Aure portava le ginocchia un po' in alto, è altrettanto vero che restava perfettamente seduto in ogni circostanza , come richiesto dal suo maestro - il visconte d'Abzac – che ripeteva continuamente agli allievi il suo motto preferito : - « assis ! assis ! ».

Nella tradizione di Versailles, il modo di stare in sella prevedeva di spingere le natiche sotto di sè Nota del Generale: Un vecchio maestro di equitazione di quella scuola – del quale ho dimenticato il nome – a questo proposito manifestava un comportamento curioso.
D'Aure mi disse che, quando si sedeva su una poltrona, lo faceva prendendo  posizione come se inforcasse un cavallo :  cacciando - prima di tutto - le natiche sotto di sè.

Questo tipo d'assetto, caratteristico di d'Aure, provocava un leggero inarcamento delle reni e  aveva portato il celebre cavallerizzo a inclinare leggermente il corpo all'indietro, particolarmente quando montava in maneggio, prendendo una posa un po' studiata.

Il barone de Curnieu, comparando la posizione di d'Aure con quella di Baucher -  molto meno seduta, con  propensione a portare il corpo in avanti -  affermò, con ironia  :  « D'Aure monta sulla schiena, Baucher monta sulla pancia. »

La posizione delle gambe di d'Aure differiva da quella del visconte d'Abzac che, come la maggior parte dei vecchi cavallerizzi , lasciava cadere le gambe con  un certo abbandono; D'Aure, invece, manteneva un maggior contatto col cavallo.
Le sua gambe erano piazzate in modo da essere sempre pronte a mandare francamente il cavallo in avanti, se necessario aiutandosi con  gli speroni .
Il maestro diceva :  gli speroni devono avere tanto potere sul cavallo da farlo passare nel fuoco.
Nella tenuta delle redini mostrava un'abilità sorprendente:  una volta – durante una passeggiata – l'ho visto tenere nella mano sinistra  le quattro redini, la frusta, la tabacchiera e il fazzoletto. E intanto conduceva il suo cavallo in perfetta scioltezza.
Il suo modo di tenere e di usare le redini in maneggio era del tutto personale e non era stato appreso da nessuno dei suoi maestri.

Nella posizione della « mano della briglia » il pollice era più vicino al corpo del mignolo, evitando - così – l'allungamento della redine destra, uno sbilanciamento che si produce quando la mano assume la posizione inversa;  le redini devono essere aggiustate con la mano destra sistemandole fino al pomello.

A Versailles, nelle scuderie reali – per i cavalli dei « capocaccia » la redine destra della briglia era di un punto – un centimetro e mezzo – più corta di quella sinistra :  I .....conducevano i loro cavalli con una sola mano, avendo impegnata la destra con il « corno da caccia ».

Devo dire che se si mantiene la mano della briglia nella posizione generalmente usata, col   mignolo più vicino al corpo che il pollice, l'allungamento della redine destra può essere evitato se, quando si sistemano le redini,  si mette l'indice della mano destra tra di loro; in tal modo,  si ha la possibilità di agire sull'una o sull'altra redine e in seguito di accorciare la redine destra. In questo caso, non si prende come riferimento il pomello ma si parte dal morso per calcolare la stessa lunghezza. Nota
D'Aure teneva la mano destra piazzata in avanti e al di sopra della mano sinistra, le dita allungate,  posate di piatto sulle redini della briglia, libere di agire efficacemente gravando ora sull'una ora sull'altra.
Questa posizione della mano destra era giustificata non solo perchè permetteva di  piegare l'incollatura con grande facilità, ma anche e soprattutto per il grande uso che l'abile cavallerizzo faceva della redine di opposizione al fine di  deviare, raddrizzare e contenere le anche. Nota
Il suo tatto equestre – così raffinato – gli diceva di concentrarsi verso le anche, sia per controllare le resistenze ed eliminarle, sia per dar loro la direzione.

La mano sinistra non partecipava a questi effetti di opposizione:  « Ognuno ha la sua fissazione – diceva il Maestro – la mia è di tenere la mano della briglia ben piazzata in mezzo alla panza ; e non si deve muovere se non nei cambiamenti di direzione,  mantenendosi  sempre nella  direzione da seguire. »

L'importanza che d'Aure dava alla posizione centrale della mano della briglia non era fine a se stessa, ma finalizzata al conseguimento della  posizione dritta del cavallo,  che era uno dei suoi principali obiettivi.

Per convincersene, bastava osservarlo alla testa della ripresa dei cavallerizzi. Lui solo, in tutta la ripresa,  faceva i cambiamenti di piede al galoppo senza traversare il suo cavallo.
Si poteva  allora osservare la sua mano sinistra piazzata secondo il suo principio, mentre  la  destra agiva sull'una o sull'altra redine per piegare l'incollatura, o  venire in aiuto alla gamba per disporre il cavallo nel movimento richiesto.

«Il cavallo è come la barca, lo si dirige dalle due estremità. »

D'Aure applicava quest'aforisma, così giusto e produttivo, in maniera perfetta e costante;  di certo lo aveva appreso dal maestro, ed era stato poi seguito da tanti altri che si ispiravano ai suoi principi,da lui condensati nell'immagine della barca..
Di solito trascurava l'uso del filetto, utilizzando quasi costantemente il morso.  Quando, nel 1838, venne a Saumur invitato dal generale de Brack,  comandante della scuola, osservò che i cavalli non erano messi in mano come nella scuola dei d'Abzac, dalla quale proveniva, per il troppo uso del filetto, uso  motivato dalla falsa convinzione che il  fissare il cavallo sul morso l'avrebbe troppo represso.

La sua predilezione per il morso era del tutto naturale:  lavorando sulle resistenze dei cavalli, cioè sul controllo incompleto delle energie, agiva soprattutto sul controllo fisico del cavallo/sulla massa Nota.
Il suo lavoro mirava a  ottenere un più favorevole bilanciamento delle forze in gioco, stabilendo un equilibrio tra  quelle che spingono in avanti e quelle che moderano e rimandano il peso là dove è utile ai fini di una sua buona distribuzione.
Pertanto era necessario un freno di una certa potenza, sia per fissare la testa, sia per determinare nell'equilibrio del corpo – inteso nel suo insieme – le modifiche dell'atteggiamento del cavallo o il movimento richiesti.

La sua mano – tenuta ben ferma – una volta ottenuto l'effetto richiesto diventava di un'estrema leggerezza, una mano di bambagia: Notagiocava morbidamente con le dita sulle redini come se fossero dei nastrini delicati e avesse paura di romperli.
Quando chiedeva di rallentare o l'alt, per rendere l'azione della mano il più possibile morbida e progressiva inclinava leggermente il corpo all'indietro:  la mano non faceva altro che seguirlo senza tirare.

D'Aure, nella sua pratica, esigeva innanzitutto la franchezza dell'impulso.
Mandava il cavallo sulla mano tenendo un contatto costante con la sua bocca e dosando la tensione delle redini in funzione del livello di energia dell'andatura.
Poi dava all'incollatura un'elasticità sufficiente a poterla allungare o piegare in ragione della distensione o del raccorciamento dei movimenti.
I suoi cavalli si mostravano sinceri con lui, liberi nelle  andature, precisi alla mano, spontanei e diligenti allo sperone.
Montava a lungo il cavallo che addestrava in previsione del lavoro di campagna, dicendo che i cavalli chiamati a rispondere a tutte le mani si addestrano soprattutto con il lavoro di routine, con l' assuefazione

Ricordava questi soggetti perchè, quando era cavallerizzo cavalcante, i suoi cavalli da caccia erano particolarmente ricercati.
Infatti, camminando accanto al re, per lasciare al sovrano il fondo migliore, metteva sempre il suo cavallo nei solchi lasciati dai carri: solo per questa circostanza, che diventava per loro un'abitudine, quei cavalli acquisivano una sicurezza di piede che li rese assai apprezzati dall'entourage del re.

Quello che non diceva era che, con il suo talento, completava meravigliosamente  quello che il terreno aveva insegnato ai suoi cavalli.


#40
B / Babieca.
Last post by raffaele de martinis - Ottobre 15, 2023, 12:09:58 PM
 :icon_eek: