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Piaffo e passeggio

Aperto da Col. Paolo Angioni, Maggio 02, 2012, 03:22:55 PM

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Col. Paolo Angioni

Generale Albert Decarpentry, Equitazione accademica, Hazan editore, Parigi 1964

CAPITOLO VIII

P I A F F O - P A S S E G G IO
(da pag. 196 a pag. 213)

OPERE DA CONSULTARE

Generale Faverot de Kerbrech.
Raabe.
Gerhardt.
J.-B.Dumas.
Steinbrecht.


Nelle andature saltate la spinta di ciascun posteriore sposta il corpo del cavallo contemporaneamente in avanti e dal basso in alto. Si può dunque distinguere in questa spinta uno sforzo di propulsione orizzontale e uno sforzo di proiezione verticale.
Quando il cavallo aumenta quest'ultimo e amplifica di conseguenza il tempo di sospensione della sua massa, il trotto tende verso il passeggio.
Può sviluppare quest'effetto di proiezione a detrimento di quello di progressione e diminuire così l'estensione delle sgambate. Ma può anche, aumentando l'impiego d'energia dei posteriori, aumentare lo sforzo di proiezione senza diminuire quello di progressione, e perfino anche aumentarlo, e può conservare l'estensione alle falcate o amplificarla aumentando la loro altezza.
Il passeggio è caratterizzato dal forte innalzamento e dal prolungamento della sospensione della massa, quale che sia l'estensione delle falcate del cavallo.
La forma del passeggio può dunque essere infinitamente variata, come la proporzione dell'altezza delle battute rispetto alla loro estensione .
Nel trotto di scuola, che può essere considerato come un avviamento verso il passeggio, l'aumento del tempo di sospensione è appena sensibile e l'innalzamento dell'andatura risulta quasi unicamente da quello del gioco degli arti, che si tirano su più energicamente che nel trotto ordinario.
In questo, che gli antichi chiamavano il «passeggio dolce», la sospensione aumenta a detrimento dell'estensione delle falcate. L'andatura si raccorcia cadenzandosi.
Nel trotto passeggiato un soprappiù d'energia dei posteriori permette al cavallo di alzare le battute senza raccorciarle (e anche allungandole).
Il passeggio propriamente detto si pone tra il «passeggio dolce» e il «trotto passeggiato», senza che sia possibile assegnare limiti precisi a queste varietà di una stessa aria, che si concatenano strettamente.
Man mano che l'estensione delle falcate del passeggio diminuisce, quest'aria tende verso quella del piaffo, che non è che il passeggio sul posto.
Infine il cavallo può passeggiare dall'avanti all'indietro, indietreggiando a ciascuna delle battute successive di quest'aria.

Forme del passeggio. – Gli antichi hanno lasciato sulla forma del passeggio classico le seguenti indicazioni:
- L'estensione media delle sue falcate deve essere all'incirca un piede (0,33m).
- La punta dell'anteriore in sospensione deve alzarsi fino a metà del cannone del suo congenere. Quella del posteriore soltanto fino al di sopra del nodello.
- Nel piaffo l'innalzamento degli arti deve essere molto sensibilmente più marcato: metà del ginocchio per la punta anteriore, metà del cannone per la punta posteriore.
Bisogna osservare che queste misure si applicano al tipo di cavallo impiegato in Maneggio dagli Antichi: Navarrini, Andalusi, Limosini, tutti «costruiti in salita» e che «portano naturalmente alto». In più gli scudieri li sceglievano tra quelli che avevano più «ginocchio», cioè la cui azione era particolarmente rilevata e arrotondata. La forma del loro passeggio ne era influenzata, come lo era anche nello stesso senso dalla preparazione nei pilieri, in cui i cavalli erano più «seduti» che nella nostra.
La maggior parte dei cavalli di cui attualmente disponiamo sono di un modello assai differente.
L'introduzione del sangue inglese nell'allevamento e la selezione per mezzo della velocità hanno profondamente modificato la loro struttura. La direzione d'insieme della loro parte superiore si è abbassata davanti. La ricerca della «radenza» nelle andature ha allungato gli avambracci e abbassato i ginocchi. L'azione naturale si è distesa e si è abbassata.




DISEGNO




Passeggio e piaffo, secondo Parrocel (illustratore dell'Ecole de Cavalerie di La Guérinière).


Questa profonda modificazione delle andatura naturali non può non avere influenza sulla forma delle arie che ne derivano e le «misure» fissate dagli antichi per i loro cavalli non potrebbero applicarsi esattamente ai nostri.
Sembra proprio, per esempio, che i cavalli degli antichi – secondo le indicazioni riportate sopra - avessero tendenza a eseguire il piaffo più alto di quanto eseguissero il passeggio, senza dubbio a causa della disposizione dei loro angoli articolari. Attualmente è il contrario per la grande maggioranza dei nostri cavalli.
Si può ancora osservare su tutte le illustrazioni antiche che l'angolo del ginocchio rimaneva nettamente inferiore ai 90° nella maggior parte dei casi. Per i nostri cavalli, quando, nel più grande sviluppo del passeggio, l'avambraccio arriva all'orizzontale, è estremamente raro che il cannone si metta dietro la verticale e le rimane anzi molto spesso un po' davanti, anche nel piaffo.
Baucher, nella sua prima maniera, in cui erigeva in principio l'orizzontalità assoluta del cavallo, dava ai posteriori lo stesso innalzamento degli anteriori nel passeggio e nel piaffo. E' sorprendente che abbia perseverato nella prescrizione dell'eguaglianza dell'altezza degli arti dopo aver prescritto, nella sua ultima maniera, l'innalzamento della parte anteriore, così come una disposizione d'insieme del corpo del cavallo che molto si riavvicina all'attitudine data dagli antichi ai loro cavalli. E' logico che l'innalzamento relativo degli anteriori e dei posteriori corrisponda a quello




DISEGNO








Passeggio preso naturalmente da un cavallo purosangue per l'influenza di un'eccitazione.

del treno anteriore e posteriore, e che il movimento degli anteriori conservi una predominanza rispetto a quello dei posteriori quando avviene così per l'innalzamento del treno anteriore in rapporto a quello posteriore.

Dall'insieme delle osservazioni che precedono si è portati a pensare che il cavaliere debba poter trasformare, per mezzo dei suoi aiuti, il trotto in passeggio imponendo al cavallo un certo grado d'energia nella spinta del treno posteriore e una disposizione d'insieme che provochi l'impiego di quest'energia più in aria che in avanti.
Ma nella pratica le indicazioni del cavaliere raramente ottengono di primo acchito questo risultato.
Succede che il sollevamento della massa, da cui risulta la fase di sospensione del passeggio, dipende, da una parte, dalla verticalità del posteriore nel momento del suo scatto, e, dall'altra, dall'avanzamento nello stesso momento delle anche verso il centro di gravità del cavallo. (Vedere I^ parte, capitolo: la Riunione).
Il cavallo che è passato senza scavalcamenti per tutti gli esercizi della progressione qui esposta, sciolto nella colonna vertebrale e nelle articolazioni, confermato nella messa in mano e nel piego diretto, può essere facilmente messo e mantenuto nell'attitudine d'insieme che dovrebbe provocare il passeggio.
Ciò che generalmente lo impedisce è la sua inattitudine a «far scattare» i posteriori quando sono posti vicini alla verticale, alla loro massima flessione durante l'appoggio .
In tutte le andature naturali i posteriori terminano la spinta quando sono posti dietro la verticale, tanto più lontano quanto l'andatura è più allungata. Per rallentare «naturalmente», il cavallo diminuisce l'intensità della spinta molto più dell'inclinazione del posteriore che disimpegna.
Quando il cavaliere pretende di ottenere dal cavallo che mantenga e anche che aumenti questo scatto, fornendolo ben prima dell'istante in cui lo fa solitamente, il cavallo esita, va a tentoni, e incontra tutte le difficoltà inerenti, per un essere animato, all'esecuzione di un gesto inusitato.
Giunge abbastanza presto, il più delle volte, a staccare, a sollevare il posteriore prima del tempo normale, ma sopprimendo più o meno completamente la sua spinta – l'andatura rallenta, ma si spegne senza cadenzarsi.
Mettere il cavallo al passeggio, partendo dal trotto, è ristabilire dapprima e sviluppare in seguito questa spinta nel momento della levata anticipata di ciascun posteriore. Quando questa anticipazione della levata del posteriore lo porta a coincidere con il momento in cui questo arto è esattamente sulla verticale, il passeggio è trasformato in piaffo.
Mettere il cavallo direttamente al piaffo, senza transitare per il passeggio, mantenendolo sul posto abbastanza riunito affinché i posteriori siano verticali, è insegnare a ciascun posteriore dapprima a sollevarsi, poi, poco per volta, a farlo proiettando la massa dal basso in alto, fino a che si stacchi nettamente tra le spinte alternate dei due arti.
Quando questo risultato è raggiunto, la trasformazione del piaffo in passeggio si opera con un avanzamento del centro di gravità, che orienta lo spostamento della massa non più soltanto dal basso in alto, ma contemporaneamente in alto e in avanti.
Si vede dunque che la «stilizzazione» del trotto, da cui risulta l'insieme delle arie di scuola originate da questa andatura, può essere affrontata, in qualche modo, partendo dai «due estremi» della serie che li contiene.
Ciascuna di queste due maniere di fare ha i suoi vantaggi e i suoi inconvenienti e conviene meglio dell'altra alla preparazione di ciascun cavallo.
I cavalli addestrati dapprima al passeggio conservano generalmente più ampiezza nei movimenti, ma occorre una progressione estremamente minuziosa per portarli fino al piaffo senza provocare l'irregolarità dell'andatura quando si accentua il rallentamento e i «salti di piede» non appena il cavallo smette completamente d'avanzare.
In compenso, questi cavalli ripartono in genere facilmente ed energicamente dal passeggio sul posto al passeggio avanzando.
I cavalli addestrati dapprima al piaffo conservano spesso più vivacità dei precedenti, ma sviluppano meno facilmente la loro azione dall'indietro all'avanti nel passeggio. «Ritornano» agevolmente dal passeggio originato dal trotto al piaffo, ma «si disormeggiano» più difficilmente dal passeggio sul posto al passeggio avanzando.
In generale la ricerca diretta del passeggio prima di quella del piaffo conviene più particolarmente ai cavalli che, per disposizione naturale, marcano nettamente i tempi di sospensione del trotto, che hanno «la groppa leggera», andature naturalmente alte e che si mobilizzano facilmente sul posto.
La ricerca diretta e preliminare del piaffo meglio conviene, al contrario, ai cavalli la cui groppa spinge più che non sollevi, le cui andature sono radenti, e che escono con difficoltà dall'immobilità in stazione.
Quale che sia l'ordine nel quale il passeggio e il piaffo sono ricercati, la più gran difficoltà che incontra l'addestratore in questo lavoro è sempre la transizione dall'uno all'altro, «il loro raccordo», la cui perfezione dà al loro insieme la più gran parte del valore artistico.
E' quasi sempre vantaggioso, per questa ragione, cominciare la «stilizzazione» del trotto dai suoi due estremi contemporaneamente, cioè nello stesso momento con il passeggio e con il piaffo, a rischio di dare più tempo e più cura a quello che importa di più sviluppare secondo il cavallo da addestrare, e di sforzarsi, fin dall'inizio del lavoro, di far «deviare» ciascuno verso l'altro.
Non appena si delinea un po' di cadenza sul posto, bisogna portare spesso il cavallo in avanti, sforzandosi di conservare questa cadenza, almeno in parte. Non appena la sospensione aumenta sufficientemente al trotto per abbozzare il passeggio, deve essere intrapreso – con prudenza – il rallentamento dell'andatura nella stessa cadenza.
Questa ricerca del «raccordo» delle due arie deve primeggiare per lungo tempo sullo sviluppo della loro altezza.


RICERCA DIRETTA DEL PASSEGGIO PARTENDO DAL TROTTO


DISEGNO





Capitano J.-B. Dumas

Passeggio originato dal trotto
(Conviene osservare che il cavallo è stato innanzi tutto addestrato al passo diagonale a estensioni sostenute)


Il sovrappiù di azione imposto dalle gambe a un posteriore e il simultaneo alleggerimento della spalla diagonalmente opposta permettono – teoricamente – di prolungare il sostegno di questo diagonale e la combinazione simmetrica degli aiuti opposti deve ugualmente permettere di ottenere lo stesso risultato per l'altro diagonale.
Il distanziamento (nel tempo) dell'applicazione di queste due combinazioni d'aiuti deve anche provocare quello delle battute, che differenzia il passeggio dal trotto.
Sta di fatto che, nella pratica, il cavallo messo così «nella bilancia dei talloni e delle mani» tende a regolare poco per volta su quella la cadenza dell'andatura. Ma vi arriva molto lentamente, e il risultato finale rimane spesso limitato.
L'attenzione del cavallo è, in effetti, dispersa da queste indicazioni successive in senso inverso e troppo ravvicinate perché abbia il tempo di dare all'una un inizio di esecuzione prima che l'altra arrivi ad agire in senso opposto.
Resta a lungo esitante e non finisce di affidarsi che timidamente in una misura ristretta dalla sua perplessità.
L'addestratore può rimediare efficacemente a questa difficoltà scomponendo le sue esigenze e applicandole soltanto a un diagonale alla volta.
Agli inizi, l'attenzione del cavallo è così fissata più facilmente, e la ripetizione di un'indicazione che resta unica ne chiarisce meglio il senso. Può così ricercare più facilmente le disposizioni muscolari e articolari che gli permettono di conformarvisi senza preoccuparsi di doverne prendere repentinamente altre completamente opposte. Il cavaliere si fa dunque comprendere più rapidamente e il cavallo è in grado di capire più velocemente.
Più tardi, nel perfezionamento dell'aria, lo stesso procedimento darà, per le stesse ragioni, risultati più rapidi e più ampi per lo sviluppo dei gesti.
Inoltre questa decomposizione presenta inoltre un vantaggio capitale: permette di combattere la disuguaglianza che s'incontra così spesso nel funzionamento dei diagonali e di ristabilire la perfetta simmetria dei loro movimenti.
Tuttavia il cavaliere deve guardarsi dal persistere a lungo nella localizzazione unilaterale di questa ginnastica, e deve sforzarsi di «sposare» il più presto possibile i progressi ottenuti isolatamente in ciascun diagonale.
Per lavorare isolatamente un diagonale, si può, mantenendo il cavallo diritto, attivare il posteriore di questo diagonale con successive azioni di gambe, e marcare mezzi tempi di fermata ugualmente successivi sulla spalla dello stesso lato del posteriore, per disimpegnare l'altra spalla.
Ma l'effetto così prodotto si localizza ancora molto meglio se, invece di lasciare il cavallo diritto, gli si dà una flessione appropriata allo scopo perseguito. Il cavallo flesso tende naturalmente a impegnare il posteriore del lato concavo e a liberare la spalla del lato convesso. La Guérinière dà come misura media di questa flessione, nello studio del passeggio, il «mezzo piego», cioè la flessione che corrisponde sensibilmente all'attitudine della «spalla in dentro» ma aggiunge che non può essere accentuata fino a quella delle «due estremità in dentro».
Il cavaliere smette, ben inteso, di ricorrere a quest'incurvamento non appena diventa inutile e si sforza di ottenere poco per volta dal cavallo di meno in meno incurvato, e infine raddrizzato, una o due battute sviluppate – una più che due – da ciascuno dei due diagonali isolatamente.
Avvicinando le sue richieste alternate, il cavaliere riesce finalmente a ottenere due battute successive alternate e sviluppate ciascuna da un diagonale differente e a far nascere così la cadenza. Con l'esercizio riesce a conservarla per un numero di battute sempre più grande e riduce poco per volta le azioni degli aiuti che le provocano, in particolare quelle della mano, finché la pressione alternata di ciascun piede sulla staffa è sufficiente a mantenere la cadenza per circa una ventina di battute, senza intervento della mano.
In questo momento è non soltanto inutile, ma controindicato cercare di aumentare l'altezza del passeggio, ma è al contrario indispensabile ricercare e perseguire il mantenimento della cadenza nei cambiamenti di velocità, e in modo particolare nei rallentamenti, cioè preparare da lungo tempo la futura transizione dal passeggio al piaffo.

Pratica. – Dopo una buona lezione al trotto, nella perfetta messa in mano, su una e due piste, e dopo l'esecuzione particolarmente accurata di pronunciate variazioni di velocità, il cavaliere impegnerà il cavallo in un trotto di scuola energico, su un circolo a sinistra, per esempio, di una decina di metri di diametro.
Messo sul circolo a sinistra, il cavallo è nella necessità di fare sgambate più grandi con l'anteriore destro che con il sinistro e il posteriore sinistro è più impegnato del destro. La flessione circolare sinistra è dunque già, di per se stessa, favorevole allo sviluppo del funzionamento del diagonale destro.
Poco per volta il cavaliere aumenterà la flessione a sinistra con un accenno di spalla in dentro .
La redine sinistra, scostata molto leggermente, accentuerà la postura laterale da questo lato e attirerà l'anteriore sinistro verso l'interno del circolo, in modo che le sue successive posate si effettuino a qualche centimetro più a sinistra delle precedenti.
La redine destra, che avviluppa l'incollatura, agirà per pressione da destra a sinistra, per portare il peso dell'estremità anteriore sulla spalla sinistra.
Il tallone sinistro, fermo all'altezza della cinghia, manterrà l'incurvamento del corpo e l'impegno del posteriore sinistro, mentre il tallone destro, vigilante nella sua posizione normale, si terrà pronto a fermare ogni tentativo di evasione del posteriore destro dall'interno all'esterno.
Quando il cavallo è ben sistemato in quest'attitudine, il cavaliere trasforma poco per volta le sue indicazioni continue in azioni intermittenti, regolate sulle posate del diagonale sinistro.
Interrompe nello stesso tempo la simultaneità di queste indicazioni e decompone poco per volta il loro insieme secondo il «comportamento» del cavallo. Se, per esempio, questo, naturalmente energico e attivo, mantiene bravamente l'impulso, le gambe, senza modificare la loro posizione, diventano passive e le mani agiscono sole. Ma anche lo stesso gioco di queste ultime deve essere decomposto. Se, per esempio, il cavallo cede con leggerezza alla redine sinistra e «decolla» agevolmente l'anteriore sinistro verso l'interno del circolo, l'azione di questa redine sarà progressivamente diminuita, mentre l'effetto d'appoggio della redine destra su questo stesso anteriore sinistro sarà marcata più francamente con pressioni successive nell'istante della sua posata, prolungate durante tutta la durata del suo appoggio, con tendenza, in caso di necessità, a superare impercettibilmente questa durata.
Quest'azione determina più o meno rapidamente una dissimmetria nel funzionamento degli anteriori, marcata dapprima piuttosto dal restringimento del funzionamento dell'anteriore sinistro che dall'allargamento di quello dell'anteriore destro, e succede spesso che il posteriore sinistro perda nello stesso tempo la sua attività.
Allora l'azione o la preponderanza d'azione passa alle gambe. Se è l'impulso del cavallo che diminuisce nel suo insieme, la loro simultanea azione dovrà prima di tutto ristabilirlo. Poi, se è l'attività del posteriore sinistro che soprattutto diminuisce, il tallone sinistro assumerà il ruolo principale, che tornerebbe al tallone destro se fosse il posteriore di questo lato a diminuire l'energia o tentasse di scappare fuori dal circolo.
Per farsi ancor meglio comprendere, il cavaliere troverà sempre vantaggioso, soprattutto se il cavallo ha ricevuto le lezioni del lavoro a mano, utilizzare l'azione della frusta sulla spalla destra a ogni posata dell'anteriore sinistro – e anche un po' prima – così come prendere il trotto sollevato sul piede destro.
Sotto l'influenza, ora simultanea, ora alternata di queste differenti azioni degli aiuti, il cavallo svilupperà poco per volta il funzionamento del diagonale destro, più o meno rapidamente o più o meno ampiamente – tenuto conto delle sue disposizioni naturali – secondo il tatto e l'abilità dell'addestratore.
I più piccoli apprezzabili tentativi d'obbedienza debbono essere immediatamente incoraggiati, ma il cavaliere deve sempre limitare la loro immediata successione a due o tre battute al massimo, e riportarlo a una o due, e piuttosto a una che a due per lo stesso diagonale. E' in effetti della più grande importanza che il cavallo non prenda l'abitudine di persistere in questa dissimmetria, a rischio di serie difficoltà quando sarà ricercata l'associazione di due battute alternate successive di ciascun diagonale.
Di conseguenza, non appena il cavaliere otterrà uno o due sollevamenti nettamente accentuati del diagonale destro, abbandonerà il circolo a sinistra e riprenderà lo stesso lavoro sul circolo a destra per il diagonale sinistro.
Questo lavoro, ora a destra, ora a sinistra, deve essere regolato e ripartito in maniera da ottenere più simmetria possibile dai due lati ed è sempre conveniente iniziare dal meno attivo, per combattere fin dall'inizio ogni dissimmetria congenita o acquisita, per evitare di aggravarla e, al contrario, per ridurla.
Quando su ciascun circolo, scelto allora tangente a un lato lungo, il cavaliere ottiene facilmente l'innalzamento del diagonale esterno, prende la pista al punto di tangenza con il circolo e chiede sulla linea retta l'innalzamento dello stesso diagonale, mantenendo in principio il cavallo nell'incurvamento che aveva sul circolo. Poco per volta diminuisce quest'incurvamento finché il cavallo, perfettamente diritto, dà, non appena è sollecitato a farlo, una o due – sempre piuttosto una che due – battute dalla parte della parete a ciascuna mano .
Bisogna in seguito lasciare la pista e, su linee rette orientate in tutti i sensi, chiedere al cavallo di dare alternativamente, a intervalli all'inizio poco ravvicinati, ciascuno dei due diagonali separatamente. Questo lavoro deve essere continuato riducendo poco per volta le azioni della mano, marcate soltanto da una stretta opportuna delle dita su una o sull'altra redine, secondo i modi in cui è il cavallo, finché l'innalzamento di un diagonale si ottenga sulla sola indicazione del tallone opposto, con la mano fissa e passiva.
Si può allora, ravvicinando le indicazioni dei talloni, arrivare abbastanza facilmente a ottenere due innalzamenti alternati successivi di ciascun diagonale, ma è preferibile ricorrere una volta di più alla facilità che il circolo offre al cavallo per lo sviluppo del diagonale esterno.
A questo fine il cavaliere impegna il cavallo su una pista parallela alla parete e a una certa distanza, a mano sinistra, per esempio, e sollecita soltanto lo spiegamento del diagonale sinistro tutte le terze e le quarte battute. Approfittando delle estremità del maneggio, arrotonda poco per volta il suo percorso persistendo nella richiesta di spiegamento del diagonale sinistro e, infine, mantiene il cavallo in circolo a sinistra, nel quale il cavallo non tarda a dare facilmente questo stesso diagonale.
Siccome il cavallo sa già molto bene, su questo circolo a sinistra, dare il diagonale esterno destro, si ottiene con la minima difficoltà la successione di una battuta elevata di questo diagonale a una battuta elevata dell'altro, passando senza rudezza da una richiesta all'altra.
Quando il cavallo esegue facilmente due battute elevate e alternate cominciando con il diagonale interno – il più difficile – il cavaliere ne domanda tre, cominciando con l'esterno.
Quest'abbondanza di minuzie nella progressione, che può essere indispensabile con i cavalli agitati e disordinati, non sempre è necessaria. Spesso, quando il cavallo ha imparato prima a dare il diagonale esterno, e, poi, l'interno, prende da sé l'iniziativa di alternare parecchie battute elevate, e s'imbarca in un inizio di passeggio, talvolta disuguale, ma che è facile regolarizzare, utilizzando le curve opposte di una serpentina, riportata poco per volta alla linea retta con l'appiattimento delle curve.
In ogni caso, non appena il cavallo sa elevare tre battute alternate successive, cominciando tanto con l'uno tanto con l'altro diagonale, è «virtualmente» al passeggio. Per portarvelo «praticamente» il cavaliere si applicherà dapprima, e unicamente, alla perfetta regolarizzazione dell'aria sulla linea retta, su tutte le curve, e su due piste.
Bisogna evitare con la più gran cura, in questo periodo, di cercare di aumentare l'altezza del passeggio, che deve al contrario effettuarsi con il minimo sforzo, nella forma del «passeggio dolce».
Non appena la cadenza si conserva facilmente durante il lavoro su due piste, in cui la mano deve arrivare a determinare quasi sola lo spostamento laterale (vedere il capitolo del lavoro su due piste al trotto), bisogna cominciare a rallentare progressivamente il passeggio, per avviarlo poco per volta verso il piaffo.
Questo lavoro esige la più gran moderazione nelle esigenze, e l'attenta osservazione del cavaliere, che deve evitare, nello stesso tempo, la precipitazione delle battute (il loro ravvicinamento nel tempo) e la diminuzione del loro innalzamento.
Il rallentamento sarà richiesto dalla sola mano, per mezzo di leggere mezze fermate applicate a ciascun anteriore prima della sua posata, interrotte non appena la cadenza o l'innalzamento diminuiscono, e sostituite allora immediatamente con la sola azione delle gambe.
Per evitare le illusioni, bisogna prendere punti di riferimento e contare dapprima esattamente il numero di battute effettuate all'iniziale velocità tra questi punti – dieci battute, per esempio. Se, dopo due o tre lezioni di rallentamento, il cavallo effettua sullo stesso percorso undici o dodici battute perfettamente uguali alle precedenti in altezza, e separate dallo stesso spazio di tempo di queste ultime, il risultato ottenuto deve essere considerato come molto soddisfacente.
Questo lavoro deve essere condotto congiuntamente a quello su due piste. I progressi ottenuti nell'obliquità progressiva dell'appoggiata sulla linea retta, e soprattutto sulle curve con la groppa in dentro, facilitano molto i progressi del rallentamento.





FIGURA


Piaffo ottenuto con il rallentamento del passeggio.
Capitano de Saint-Phalle



PIAFFO

Quando il cavallo ha ricevuto le lezioni del lavoro a mano esposto più avanti, deve già saper trottare, se non passeggiare, sul posto, a mano e senza cavaliere, prima che questo lavoro non sia intrapreso in sella dall'addestratore.
Se l'addestratore dispone di un abile aiuto, può utilizzarlo per insegnare al cavallo a eseguire il piaffo sotto questo cavaliere all'inizio completamente passivo, il quale sostituirà poco per volta le proprie indicazioni a quelle dell'addestratore.
In ogni caso, e anche in quest'ultimo, l'addestratore, una volta in sella, farà bene a riprendere da cima a fondo la progressione descritta qui sotto, che è completamente indispensabile se il cavallo non ha ricevuto l'addestramento alla mano.

N.B. – La progressione d'addestramento al piaffo che ho esposto in un opuscolo pubblicato diciotto anni fa non presenta differenze essenziali con quella che segue, ma non le è assolutamente identica per la seguente ragione:
la prima era destinata a un gruppo di cavalli francesi preparati a quell'epoca in vista di prove internazionali di addestramento ed era redatta in modo da adattarsi il più esattamente possibile al grado e alla forma di quella preparazione nel momento in cui lo studio del piaffo poteva essere affrontato dai loro cavalieri.
La progressione sviluppata qui sotto è destinata ai cavalli che hanno seguito interamente la progressione esposta nei precedenti capitoli, orientata più specialmente in considerazione d'allontanare o di ridurre certe difficoltà inerenti allo studio delle arie di scuola originate dal trotto.

Per ottenere il trotto sul posto bisogna determinare:

- la mobilizzazione degli arti senza spostamento orizzontale, per paia diagonali;
- la sospensione della massa nelle battute dei diagonali.

Si può ricercare l'una e l'altra contemporaneamente, sforzandosi di provocare la nascita di un trotto regolare, e d'intercettare nello stesso tempo il suo sviluppo orizzontale, ma è un lavoro delicato, che presenta con certi cavalli grosse difficoltà e dà spesso mediocri risultati.
Se ne possono ottenere quasi sicuramente di migliori ed evitare certamente le difficoltà più gravi con la preliminare utilizzazione di appropriati esercizi ginnastici.
La transizione diretta dall'immobilità al trotto, anche senza opposizione al suo sviluppo orizzontale, è già spesso difficile da ottenere da certi cavalli, e lo è sempre, con tutti i cavalli, quando il cavaliere pretende d'interdire loro nello stesso tempo la progressione.
Il movimento degli arti ottenuto per la maggior parte del tempo non è che uno scalpitio irregolare, senza rapporto con l'azione del trotto. Ora, la transizione dall'indietreggiamento al trotto, quando l'indietreggiamento è, ben inteso, corretto e agevole, si fa al contrario senza rottura dei diagonali, così nettamente stabiliti tanto nella marcia retrograda regolare come nell'andatura del trotto. Nel momento del cambiamento del senso della marcia, che deve, ben inteso, eseguirsi senza precipitazione, l'alternanza diagonale, così difficile da far nascere dall'alt, continua al contrario naturalmente da sé nel «punto morto» tra i movimenti indietro e in avanti.
E' lo stesso per i tempi di sospensione della massa, che non possono d'altra parte essere ottenuti che dopo la perfetta diagonalizzazione delle battute.
Quando si procede direttamente e senza preparazione a questa ricerca dei tempi di sospensione, capita in principio il più delle volte che gli sforzi alternati dei posteriori siano disuguali e provochino di conseguenza la disuguaglianza delle successive sospensioni del corpo, che arrivano qualche volta fino ai «salti di piede», che è molto difficile in seguito far sparire.
Ma capita ancor più frequentemente che lo sforzo dei posteriori si localizzi nel treno posteriore, senza raggiungere l'insieme del corpo. La groppa è sollevata senza che il treno anteriore si distacchi dal suolo. Non soltanto la forma del futuro piaffo è resa da ciò molto difettosa, ma l'ulteriore transizione dal piaffo al passeggio diventa molto difficile. Ora, il cavallo che sa passare senza scompiglio dal piccolo trotto all'indietreggiamento conserva i tempi di sospensione della massa molto più facilmente e più a lungo in questa transizione che in quella dal trotto all'alt, in cui i tempi di sospensione smettono molto prima dell'alt.
Nella prima, la sospensione, sicuramente debole, rimane uguale per il treno anteriore e per quello posteriore, dura agevolmente fino al punto morto del cambiamento del senso della marcia, e spesso anche oltre, fino alle prime battute retrograde. Il cavallo, tutto solo, da sé, vi prende l'abitudine della sospensione nella cadenza senza spostamento orizzontale, a velocità nulla.
La ginnastica preparatoria favorevole alla creazione spontanea, automatica, se si può dire, degli elementi del piaffo consiste dunque nell'alternanza del piccolo trotto con l'indietreggiamento, e inversamente. In ciascuno dei due sensi, la velocità deve essere necessariamente la più debole possibile, e ridotta a quella che, nell'indietreggiamento, assicura il mantenimento della diagonalizzazione e, nel trotto, il mantenimento dei tempi di sospensione.
La lunghezza dei percorsi nei due sensi è ugualmente da ridurre nello stesso spirito, ed è la frequenza dei passaggi per il «punto morto», nei cambiamenti di senso dello spostamento orizzontale, che cadenza poco per volta il cavallo nell'andatura a velocità nulla. Non appena la cadenza del trotto rimane chiaramente pronunciata vicino al «punto morto», bisogna superarlo il meno possibile indietro, ricorrere di meno in meno all'indietreggiamento, e modificare così poco per volta l'esercizio precedente in quello che costituisce la base del piaffo: «passare dall'alt al trotto e dal trotto all'alt», senza che l'alt mai comporti l'immobilità, ma al contrario la regolare persistenza dei movimenti diagonali.
In ogni caso, tutte le riprese di questi esercizi debbono essere terminate con un energico movimento in avanti che precede il riposo. Il lavoro deve essere condotto in modo tale che il cavallo arrivi a considerare l'attività sul posto sempre provvisoria, e invariabilmente seguita da una progressione netta, cadenzata o no secondo l'ampiezza e il modo delle concessioni della mano del cavaliere.

Quando il cavallo esegue facilmente e regolarmente alcune battute di trotto sul posto, senza smettere un istante di manifestare il desiderio imperioso e persistente di trasformare quest'andatura in trotto in avanti al minimo abbassamento della barriera chiusa davanti a lui dal cavaliere, è tempo di ricercare il vero piaffo, che non è il trotto, ma proprio il passeggio sul posto. Bisogna procedere all'amplificazione dei gesti e delle fasi di sospensione che il piaffo come il passeggio richiedono.
Prima di studiare i mezzi per ottenere quest'amplificazione, è tuttavia necessario osservare che il momento dell'aria che conviene per questo studio è lungi dall'essere indifferente. L'esperienza mostra, in effetti, che la transizione tra il piaffo e il passeggio, o inversamente, provoca quasi sempre un pronunciato abbassamento dei gesti e un sensibile affievolimento delle fasi di sospensione. Più i gesti sono alti al piaffo e al passeggio, più il loro abbassamento è sensibile nel momento della transizione dall'uno all'altro. E' dunque controindicato cercare di rendere più alti i gesti del piaffo nel momento in cui è stabilizzato; non si farebbe così che accrescere una differenza che si tratta di ridurre.
Conviene al contrario provocare nel cavallo la tendenza inversa, di partire per esempio da un piaffo poco elevato nella stabilizzazione per determinare nello stesso tempo il disormeggio e il rilevamento dei gesti.
E' nel momento delle transizioni da un'aria all'altra che bisogna ricercare l'amplificazione dei gesti, almeno nei primi tempi di questa ricerca.

L'amplificazione dello sviluppo di un diagonale dipende, da una parte, dalla spinta del treno posteriore e, dall'altra, dall'alleggerimento della spalla di questo diagonale. Quando questo diagonale ha lasciato il suolo, il suo posteriore non è più in grado di influire sullo sviluppo del suo movimento, ma l'altro posteriore è al contrario in grado di spingere la massa e di amplificare lo spostamento del diagonale in sospensione.
L'azione del tallone opposto al diagonale (sinistro per il diagonale destro) determina soprattutto il movimento iniziale di questo diagonale, azionando direttamente l'innalzamento e la flessione del suo posteriore, ma una volta «lanciato» il diagonale, è l'azione del tallone «diretto» (destro per il diagonale destro) che può amplificarne la traiettoria. L'impiego dei due talloni è dunque necessario per lo sviluppo del gesto e deve essere attenuato secondo lo scopo immediato perseguito dal cavaliere. Simultaneo e d'intensità uguale dai due lati, quest'impiego influisce sull'insieme dello sviluppo dell'azione.
La predominanza del tallone sinistro (per il diagonale destro) agisce più particolarmente sulla flessione del posteriore sinistro e sull'innalzamento che ne risulta. La predominanza del tallone destro, per lo stesso diagonale, agisce sul prolungamento e l'estensione del movimento.
Questa predominanza di un tallone può arrivare fino all'azione isolata, secondo il bisogno del momento, tenendo conto del fatto che l'azione del tallone sinistro è effettiva soprattutto prima della levata del diagonale, e l'azione del tallone destro dopo questa levata, durante la sospensione del diagonale destro.
Il tallone sinistro tende a innalzare l'azione, il destro a prolungarla e a estenderla.
Quanto all'alleggerimento della spalla di questo diagonale, si ottiene con l'azione della mano facendo portare di più il peso dell'estremità anteriore sulla spalla opposta.
L'appoggio della redine destra, per esempio, carica di più o di meno la spalla sinistra e alleggerisce di altrettanto la destra a condizione, ben inteso, che il cavallo ceda a quest'azione e «si dia» secondo l'indicazione del cavaliere.
La misura e la forma dell'effetto prodotto da quest'appoggio della redine variano secondo l'attitudine dell'incollatura. Più è alta e piegata, più è accusato il trasporto di peso.
La sua rettitudine o la sua flessione hanno d'altra parte un effetto particolarmente marcato sulla natura dell'effetto prodotto.
Quando l'incollatura è concava dal lato dell'appoggio della redine e quando il cavallo è, per esempio, messo a destra, il trasporto di peso a sinistra prodotto dall'appoggio della redine destra è massimo, e si propaga spesso fino al posteriore sinistro. Diminuisce quando l'incollatura è diritta (senza incurvamento), e diminuisce ancora quando l'incollatura è flessa a sinistra, con il cavallo messo da questo lato.
Ma l'effetto della redine d'appoggio non si limita a questo trasporto di peso e influisce ugualmente in modo molto pronunciato sulla forma del gesto dell'anteriore alleggerito.
Quando l'incollatura è concava dal lato dell'appoggio della redine destra, tutti i suoi muscoli destri sono più o meno rilassati, ed è così in modo particolare per il mastoido-omerale.
Il cavallo tende allora ad alzare il ginocchio piuttosto che a distendere la spalla.
Quando al contrario l'incollatura è convessa a destra, con il cavallo messo a sinistra, i muscoli del lato destro dell'incollatura sono più o meno tesi.
Il ginocchio si alza meno, ma la spalla e l'arto anteriore si distendono maggiormente.
L'incurvamento dell'incollatura mette dunque a disposizione del cavaliere il mezzo sia di alzare, sia di distendere il gesto dell'anteriore del diagonale da sviluppare, ma l'efficacia di questo mezzo è intimamente legata alla perfezione della messa in mano, della decontrazione della mascella e del piego diretto, e diminuisce fino a scomparire non appena il cavallo ne esce.

Così per riportare progressivamente il cavallo dal passeggio al piaffo, senza diminuzione dei gesti né della sospensione, gli aiuti predominanti debbono essere, per il diagonale destro, il tallone sinistro e la redine destra d'appoggio, con il cavallo messo a destra.
Al contrario, per spingere il cavallo dal piaffo al passeggio, e per lo stesso diagonale, gli aiuti predominanti debbono essere il tallone destro e l'effetto d'appoggio della redine destra, con il cavallo messo a sinistra. Il «disormeggio» dal piaffo al passeggio è grandemente facilitato da quest'inversione degli aiuti quando avviene chiaramente e con decisione, sebbene senza rudezza.