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Rousselet.

Aperto da raffaele de martinis, Settembre 24, 2021, 10:45:12 AM

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raffaele de martinis

Ci tengo particolarmente a che il comandante Rousselet stia nella lista dei grandi cavallerizzi, anzi, che ci trovi un posto d'onore perché dovrebbe esser considerato il "Santo Protettore" di tutte noi lalliste.



Da poco è uscito questo libro, naturalmente l'ho ordinato.
Saranno circa 40'anni che conosco Rousselet, da quando a Saumur comprai un testo dove si accennava a questa figura praticamente sconosciuta in Italia ma che, alla luce della svolta che ha preso l'equitazione moderna, meriterebbe di assurgere al rango di icona equestre mondiale perché è stato:
il padre nobile dei sussurratori (quello plebeo fu Sullivan),
il vero "inventore" della leggerezza,
il primo a cercare (e trovare) la relazione col cavallo come sistema,
quello che aveva capito che l'equilibrio è la chiave di volta di tutte le equitazioni.
In una parola: un "lallista"...(notare le virgolette).

Il Nostro si è sciroppato: la campagna d'Olanda, di Spagna, di Germania, di Polonia e di Francia appresso a Napoleone o chi per lui.
Partito come semplice cavalleggero, si è guadagnato le varie promozioni sul campo fino al grado di Comandante di Squadrone, da cui l'appellativo Comandante col quale è conosciuto.
Portava addosso i segni di varie ferite, due delle quali molto gravi, in particolare quella nella disperata campagna di Francia dove fu portato via dal campo di battaglia,  in barella, assai malconcio.
Per particolari atti di coraggio si beccò due importanti onorificenze: la medaglia della Legion d'Onore e quella di Saint Louis.
Ai tempi non si poteva sganciare Little Boy su Hiroshima da 9000 metri comodamente seduti ai comandi dell'Enola Gay, tantomeno dirigere un micidiale drone da 10.000 km di distanza e centrare "chirurgicamente" il generale Soleimani e la sua scorta.
Allora ci si affrontava faccia a faccia in combattimento, si sentiva l'odore del sangue, della me**a, della morte e ci si guardava negli occhi prima di uccidere o essere uccisi.
Chissà quanta gente ha "scannato" il Comandante, quanti morti e feriti, quante amputazioni, quante agonie di uomini e bestie fatti a pezzi ha visto attorno a se in 16 anni di guerre in ogni parte d'Europa.
Eppure, malgrado tutto ciò o forse proprio grazie a tutto ciò, la sua nuova carriera come istruttore a Saumur è caratterizzata da gentilezza, signorilità ed eleganza nei rapporti coi commilitoni e di  tatto, delicatezza e dolcezza nell'addestramento dei cavalli.

Vidal ha fatto una approfondita ricerca, ma ha aggiunto ben  poco a quanto già sapevo sulla figura di cavallerizzo del Comandante, mentre, con le sue ricerche riesce a tracciare il percorso terrestre militare, familiare e umano del Nostro con apprezzabile precisione, tutte cose a me sconosciute.

Di sicuro Rousselet ebbe una vita a dir poco travagliata, forse, la disgrazia più grande, il dolore  più lancinante fu quando suo figlio, che si trovava alla Scuola Ufficiali di Saint Cyr, senza preavviso e senza avvertire nessuno dei parenti una volta presa la decisione, parte come volontario col grado di soldato semplice  nel Reggimento Cacciatori d'Africa.
Non si seppero mai le ragioni di quel colpo di testa, forse fu per la discriminazione di alcuni superiori, o forse per atti di bullismo, o forse ancora per una delusione d'amore... chissà.
Fatto sta che, appena giunto ad Algeri il 25 Gennaio 1838, fu ricoverato in ospedale con una febbre altissima... morì dopo 2 giorni.
Il comandante, per sopravvivere si buttò anima e corpo nel lavoro, non fu così per sua moglie Pierina, la poereta si lascio andare e a Settembre di quello stesso anno si spense cercando di dare il meno fastidio possibile ai suoi cari.
Rousselet era abituato alla morte e alle disgrazie, aveva visto cadere al suo fianco tanti suoi commilitoni, ne aveva soccorso altri feriti e mutilati lui restando - in quelle occasioni - indenne... perché? Non aveva la risposta, come non aveva risposte sul perché gli era toccato la più misera delle sorti: sopravvivere al proprio figlio.
Gli erano rimaste le sue figlia Paolina, Carlotta e l'amore per i cavalli, si dedicò alle une e agli altri anima e corpo.

Ma torniamo alla figura del cavallerizzo.
... Rousselet era un abilissimo autodidatta, aveva una particolare sensibilità di  mano per cui, pur lasciando una piena (apparente NDT) libertà al cavallo, questo restava perfettamente agli ordini.
Il suo assetto era criticabile, ma bisogna scusarlo perché ciò era dovuto alle molte ferite di guerra.
Come abbiamo già visto non ha lasciato un suo metodo e nell'insegnamento si limitava sopratutto a dare l'esempio... già, la sua equitazione era basata sulla sensibilità e la saggezza concetti difficili da tradurre in formule.
Considerava il lallo una creatura delicata e sensibile e alternava il maneggio alla campagna, addirittura, voleva che i cavalli di scuola fossero almeno lasciati sistematicamente liberi nei recinti affinché potessero dar sfogo alla loro vitalità compressa dalle arie riunite di scuola, ma lasciamo la parola al Generale il quale ha ben conosciuto Rousselet e così ne parla nel suo Un Officier de Cavalerie:

... quando tornai a Saumur, col grado di Generale, feci mettere nel maneggio degli istruttori, una lastra di marmo su cui erano incisi i nomi dei più grandi cavallerizzi francesi, Rousselet era tra questi.
Il comandante Rousselet, dopo i miei due maestri Baucher e d'Aure, è il cavallerizzo più rinomato e importante che abbia mai conosciuto.
Non sono mai stato suo allievo diretto, ma, ogni volta che ne ebbi l'occasione ho seguito le sue lezioni e le sue riprese di addestramento.
Quando tornai a Saumu,come tenente istruttore, il Comandante era in pensione da circa un anno, ma lo vidi
ancora una volta a cavallo: il generale de Goyon, che era stato suo allievo una quarantina d'anni prima, lo pregò di fare una ripresa alla testa dei cavallerizzi.
Naturalmente non potevo mancare a quella solennità.
Vedo ancora, sotto i bei capelli argentati, il viso sorridente  dell'egregio comandante Rousselet , la lunga rendigote nera, i pantaloni bianchi e gli stivali flosci.

Montava Arc-en-ciel, il suo ultimo cavallo personale.
Sembrava che giocasse, la libertà che concedeva al cavallo era la stessa che avevo visto anni prima... tant'è che più di una volta, durante il lavoro al galoppo, ho avuto la sensazione che il cavallo scappasse al suo cavaliere e facesse dei cambi di piede inopportuni, ma il Maestro lo riprendeva a tempo e lo manteneva in una posizione del tutto corretta.
Per chi come me, ha vissuto la sua infanzia e la prima adolescenza
in campagna negli anni 50 del s.s. era normale l'approccio con l'equitazione che ebbe il Comandante, infatti, la mia primissi ma cavalcatura fu un mulo, la seconda la cavallina da calesse di mio nonno, le cadute non si contavano così come i lividi e le scorticature, ma questo ha pochissima importanza... torniamo a generale L'Hotte e a Rousselet:
... sono nato a Sallagousse nei Pinerei figlio di un sottofficiale dell'esercito, uno dei nostri vicini aveva un asinello che fu la mia prima cavalcatura: «ero così piccolo che o la baby-sitter o la domestica mi sorvegliavano alternativamente quando giocavo con il somarello, dopo qualche mese, riuscivo a condurlo al passo o al «tricot» così chiamavo allora i trottignare.
A cinque anni andai a scuola, ma, tutti i Giovedì e le Domeniche e i giorni festivi tornavo dalla mia cavalcatura e mi divertivo ad andare montando all'incontrario, di lato, all'impiedi e riuscii perfino a far galoppare quella simpatica bestiola.
Una Domenica, incontrai un ragazzo che faceva pascolare un cavallo, li chiesi se me lo faceva montare, questi mi aiutò a salite in groppa al cavallino... di colpo mi dimenticai dell'asinello, dovevo cavalcarlo per qualche minuto, invece ci rimasi per due ore e dimenticai che dovevo rientrare per la cena per cui mi presi un solenne cazziatone da mia madre.
Da allora, tutte le Domenica andavo a trovare Pierrou (Pierino), così si chiamava il cavallo; per salirci in groppa dovevo trovare un muretto o un fossato, poi gli insegnai ad abbassare la testa così mi mettevo con la pancia sul collo e il bravo ronzino mi tirava su e potevo inforcarlo facilmente, naturalmente, lo cavalcavo a pelo e ci restavo in groppa per delle ore.
Poi, la mia famiglia lascio Sallagousse e si trasferì in una piccola città nella regione di Roussillon, feci il tragitto di 20/22 leghe a cavallo di un mulo
Da allora, le occasioni di montare a cavallo si diradarono, ma, se se ne presentava una ne approfittavo spudoratamente.
A 15 anni andai ad Avignon per arruolarmi come volontario nel 22° Cacciatori.
Guidato più che altro dalla curiosità piuttosto
piuttosto che dalle mie conoscenze, cercavo di capire il perché quel cavallo si difendeva nelle mani di un commilitone più anziano ed esperto di me.
Quando mi rendevo conto delle cause di quelle resistenze, lo montavo e in breve tempo lo sottoponevo alla mia volontà».


Quì termina il racconto di Rousselet su come imparò, da autodidatta, a montare a cavallo.
Prima di accennare ai pochi scritti lasciati da Rousselet, val la pena di ricordare il suo incontro con Baucher prima che questi tentasse di introdurre il suo metodo a Saumur.
Il generale Oudinot, come tutti gli uomini di cavalli che avevano visto Baucher al circo, era rimasto impressionato dagli straordinari risultati ottenuti dal Maestro coi suoi cavalli: Partisan, Capitaine, Neptune, Buridan.
Benché fosse un cavaliere di grande valore, e godesse di grande considerazione nell'arma di cavalleria, Oudinot non volle basarsi solo sul suo metro di giudizio per valutare il metodo Baucher che, in quel periodo, stava rivoluzionando il mondo equestre.
Voleva confrontarsi col giudizio di un cavallerizzo di chiara fama formatosi secondo i principi della classica scuola francese di Versailles, Rousselet aveva queste caratteristiche, pertanto fu mandato a Parigi e messo in contatto con Baucher allo scopo di seguire il suo sistema.
Prima di procedere, voglio parlarvi di un episodio che viene a sostegno di quanto già dissi: «il cavallo da alta scuola diventa, per così dire, "cosa propria" del cavallerizzo che lo addestra e lo monta giornalmente».
Una mattina, Baucher propose a Rousselet di montare uno dei suoi cavalli; Capitaine. Malgrado il suo talento e la sua esperienza universalmente riconosciuta, Rousselet non riuscì a padroneggiare quel cavallo. Captaine, del tutto sconcertato dal modo di montare del Comandante gli si mise contro e Rousselet, facendo «piede a terra», disse: «... mi dispiace, ma questo cavallo è troppo fine per me».
Ma no ! Captaine non era troppo fine per lui. Era stato semplicemente addestrato ad un lavoro duro e complicato e - come tutti i cavalli « baucherizati » di quel periodo – era, compresso, costretto in una specie di «camicia di forza» degli aiuti, dunque, la povera bestia, trovatasi nella per lui ignota «libertà» di Rousselet, andò in confusione e pretendeva di tornare nella dura ma rassicurante e ben conosciuta "gabbia" nella quale Baucher lo aveva costretto.
In effetti, i metodi di questi due maestri erano agli antipodi anche se i risultati finali erano pressappoco gli stessi...a questo punto è necessario puntualizzare che i lalli non sanno distinguere il bene dal male, non hanno la possibilità di scegliere il metodo che più gli aggrada, fosse per loro passerebbero la vita a gironzolare per sconfinate pampe e ubertose praterie.
La loro attività principale sarebbe mangiare e cacare col lieto fine di trasformare la massa vegetale, sapientemente brucata e digerita,  in nobili proteine animali a disposizione dei predatori.
L'addomesticamento li ha trasformati prima in preziosi strumenti di lavoro, di trasporto e di guerra, e poi in attrezzi sportivi e oggetti di trastullo per noi ragasse.
Dunque. la loro capacità di adattamento è enorme, non capiscono ma si adeguano, il duca di Newcastle (uno dei grandi cavallerizzi classici) diceva che il lallo deve temere il suo cavaliere... e giù "mazzate", così i lalli sani e di conformazione normale venivano addestrati in meno di tre mesi e comunque nella metà del tempo necessaria a qualsiasi altro cavallerizzo che non fosse William Cavendish, il duca di Newcastle, appunto
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

Simplifier nos actions pour qu'elles puissent être facilement comprises du cheval.

« On entend par « cavalier » tout homme qui fait un usage habituel du cheval, a de l'assurance sur lui, et, sans prétention aucune, sait le diriger instinctivement.


Rousselet dicie:

  • Che le nostre azioni siano il più semplici possibile, affinché possano essere ben comprese dello lallo
  • Si intende per "cavaliere" ogni uomo che usa abitualmente il cavallo, è sicuro su di lui, e, senza alcuna pretesa, sa guidarlo istintivamente.

Vi rendete conto di quanto il Comandante sia rivoluzionario rispetto al suo tempo, al suo ambiente, a noi ragasse del XXI secolo che ci impegniamo in classici pieghi, in accademiche 3 piste e in accuratissime baucheriane flessioni?

Vi ho offerto in anteprima questi due aforisma di Rousselet, perché mi riprometto di tradurre e pubblicare tutto quanto ha scritto il Comandante.
Che ha "urlato" 200 ani prima di JDO: ADDESTRARE I CAVALLI E' SEMPLICE !


Detico questo lavoro su Rousselet alla signora L. non sono affatto certo che mi leggerà,e, probabilmente manco si ricorda di me, ma a me piace fare così... te capì?
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

Ho letto, tradotto e vi offro, tratto da un giornale di sport e spettacolo parigino di 120 ani fa questo che segue:

Il signor Rousselet, istruttore civile alla scuola di Saumur, meglio conosciuto come: "il comandante Rousselet" è una delle più importanti figure dell'equitazione di questo secolo.
I suoi insegnamenti hanno dato dei risultati preziosi.
Non solo perché ha formato degli allievi davvero importanti, ma anche e sopratutto per la semplicità di applicazione del suo metodo di addestramento dei cavalli.

Già molto avanti negli anni, era in pensione, ma gli piaceva passeggiare sulle tribune della cavallerizza per assistere alle esercitazioni e alle riprese di maneggio.
Era circondato da una stima pari alla sua reputazione di grande cavallerizzo, pertanto era un piacere per gli ufficiali e gli allievi della scuola tenerlo informato della vita di maneggio e di quello che succedeva nelle scuderie.
Sopratutto gli era riconosciuta una particolare capacità di venire a capo di cavalli "infami" senza ricorrere a metodi straordinari e complicati ai quali altri "uomini di cavalli" dovevano la loro reputazione.

I cavallerizzi della scuola, hanno installato in una delle tribune del maneggio una specie di esposizione di quadri a tema equestre che - di recente - si è arricchita di un disegno a pastello che raffigura il comandante Rousselet mentre monta un lallo condotto con un cordoncino di seta passato attorno alla mascella inferiore.
L'opera è del colonnello conte de Montlaur, già Cavallerizzo Capo alla Scuola di Stato Maggiore e ricorda uno degli episodi più emblematici della vita di Rousselet in veste di "sussurratore".
Questa storia è poco conosciuta e pertanto merita di esser ricordata con qualche riga in questo sito.

Un giorno, il comandante Rousselet, uscendo dal maneggio, si intratteneva con degli allievi quando un cavallo - chiamato "Le Chasseur" -  li sorpassa di gran carriera, entra nella scuderia e scaraventa l'ufficiale che lo montava nella mangiatoia.
Dissero al Comandante che quel cavallo era "specializzato" nel prendere la mano a chi lo montasse e certamente - prima o poi - avrebbe causato dei danni anche gravi, presto sarebbe stato riformato.
Rousselet rispose con la sua voce lenta, calma e dolce: - "non lo sanno montare, fate venire quì "Le Chasseur".
Gli ufficiali pregarono l'anziano cavallerizzo di desistere, ma questi rispose: - "ora vi dimostro che era montato male, che lo montano male. Portatemi "Le Chasseur".
Il cavallo arriva ancora agitato e fradicio di sudore per la sua corsa furibonda.
"Toglietegli la briglia".
Il Comandante, gli passa in bocca un cordoncino di seta, gli ufficiali lo supplicano ancora di desistere, lui non li ascolta ma comincia a parlare al lallo dandogli zollette di zucchero, carote e pezzetti di pane, allo stesso tempo lo accarezza delicatamente: "andiamo, "Cacciatorinuccio mio" sono un vecchio cavallerizzo, un vecchietto che adesso ti vuol montare; non mi farai cadere, non mi farai del male vero ? Sarai tranquillo?"
Rousselet guarda attentamente il lallo e dice:  "non mi capisce", e riprende la dolce cantilena per un bel pò, ad un certo punto, sempre accarezzandolo lo monta e dice:  "signori, ora andrò in fondo alla carreggiata e verrò verso di voi al galoppo allungato, il cavallo si fermerà a questa linea, nel mentre col frustino, traccia una linea nella sabbia.
Malgrado le rinnovate preghiere degli ufficiali, il Comandante si allontana tranquillamente, arrivato in  fondo, lancia "Le Chasseur" al galoppo, a pochi metri dagli ufficiali dice semplicemente:  "Hola" e il cavallo si ferma di botto.

Il Comandante era cavallerizzo alla scuola dal 1816, e fu grazie a lui che la raccomandatissima signorina Isabelle, arrivata alla Scuola per sperimentare un sistema di addestramento di sua invenzione, vide crollare il suo "castello di carte".
Infatti dei cavallerizzi come d'Aure e de Montigny, si rifiutarono di aver a che fare con quella ciarlatana, minacciando dimissioni.
Il generale de Rochefort - che allora era il comandante della scuola di Saumur - era molto imbarazzato perché doveva rispondere agli ordini ricevuti dal ministero, pertanto fece chiamare Rousselet e lo pregò di dare il suo parere a proposito del metodo della "fanciulla" in questione.
La giovane furbacchiona fece portare un lallo che veniva dal deposito della rimonta che ella presentava come indomito ed indomabile.
Il Comandante - che allora aveva quasi 78 anni - fece sellare ed imbrigliare il cavallo, lo inforcò e dopo averlo mandato in francamente in avanti, lo accarezzò e smontò.
La "commedia" era finita e la signorina Isabelle lasciò Saumur con "le pive nel sacco".
Meglio di chiunque altro sapeva che - in equitazione - le idee assolute e i "partito presi" con forza sono deleteri; possiamo dire che montava a cavallo in maniera ammirevole e che nell'addestramento era un perfezionista, e che sapeva "venir a capo" dei cavalli più "infami".

Quando gli chiedevano come facesse ad avere simili risultati, rispondeva: - "non è difficile, fate come me." Facile a dirsi !!
Quante persone hanno ammirato Paganini e Litz, e malgrado tutta la loro buona volontà non fecero altro che grattare il violino e a pestare il pianoforte ?

Lui si limitava ad insegnare l'utile e il pratico, senza denigrare il passato e senza presentarsi come un innovatore.
Tutti i suoi sforzi erano dedicati a perfezionare le andature naturali del cavallo facendo coscienziosamente e correttamente cose semplici.
Probabilmente, questo era il suo segreto oltre al fatto di possedere il privilegio di un talento innato.
Non abbiamo avuto l'onore di conoscere il vecchio Maestro, ma proviamo un grande piacere a parlare di lui, per far si che il suo nome non venga dimenticato.

                                                                                                     
                                                                          Febbraio 1901
                                                                          Cap. H. Chopin




                                                                                           
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

Val la pena di riprendere il discorso sul comandante Rousselet, il personaggio merita di prendere il posto che gli spetta, non se ne abbiano a male i
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...