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La "Parola Contraria": la mia.

Aperto da raffaele de martinis, Aprile 24, 2013, 02:32:51 AM

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max

Quel pochissimo che sapete vi impedisce di capire quel moltissimo che non conoscete.

raffaele de martinis

Bravo !!

Vuol dire che sei riuscito a leggere i tremendo pippone!

Io non ci son riuscito, l'ho cominciato un paio di volte poi ho sfanculato. :dontknow:

... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

alex

Io noto solo, dalla tua citazione, che alla fine il traduttore confonde destra e sinistra..... quanto al pippone sull'azione delle redini, ho sempre incoraggiato tutti ad usarne una sola, al passo, per vedere l'effetto che fa; a me, francamente, non è dispiaciuto affatto...  anzi.  :horse-cool:

Chi ha fegato, può uscire in passeggiata, a tutte le andature, anche in discesa, con una redine sola; è un esercizio carino e formativo, lo consiglio caldamente.

Chi non ha fegato, si astenga.  :horse-wink:
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

raffaele de martinis

Già, anche il povero Angioni è rimasto frastornato tra i dx e sx del brano tradotto, ora, tutta la letteratura equestre itagliana è militare, scritta da militari i quali per definizione fanno formalismo, a loro non frega una beatissima minchia se quello che dicono o fanno sia illogico o incomprensibile, a loro basta che sia coerente alla forma prescritta ecco perché...
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

#364
... gli istruttori militari di equitazione hanno fallito, un peccato, perché la tradizione e il primato italiano nell'equitazione (militare) meritava di esser trasmesso alla società civile, invece è rimasto chiuso nella "casta" e si è perduto, lo hanno fatto perdere colpevolmente.

Così, da produttori di cultura siamo diventati fruitori della cultura altrui, che sia uestern o classica o inglese o vattelapesca non ha importanza, oltretutto, essendo dipendenti dalle traduzioni, accogliamo parole che non corrispondono al significato della lingua di partenza e che nel nostro idioma sono scorrette.

Equitazione sapiente :icon_eek: ormai è di uso comune in itagliano, io mi rifiutai di tradurre alla lettera: equitation savant lo resi a senso con equitazione superiore perché non mi suonava che una istituzione, una organizzazione, un ente possa esser "sapiente".

Infatti, ho scoperto di recente che - in francese - equitation savant vuol dire semplicemente: equitazione artistica...

http://it.dicios.com/frit/savant

ormai il danno è fatto, temo che "equitazione sapiente" - grazie ai bravi traduttori - rimarrà indelebile nel linguaggio equestre "classico" itagliano.  :dontknow:

... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

Citazione da: milla - Luglio 22, 2014, 11:04:46 PM
Guarda Raffaele che arrivi in ritardo, già altrove (non mi ricordo dove, forse già nella traduzione delle Questioni) il Col aveva spiegato come e perchè aveva deciso di lasciare ecuyer non tradotto, quindi non è una novità.

L'ho trovato !
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

Eccolo!

Si tratta - come vedete - di un pippone monumentale, son riuscito a leggerlo quasi tutto nei lunghi pomeriggi invernali passati nella casa di cura: "Fatebenesorelle", struttura che consilio vivamente a tutte le ragasse come me che partecipano a questo inclito foro.

Lo so, leggerlo tutto assieme est magno sacrifitio, esaminiamolo un poco alla volta ci troveremo cosa assai interessanta...

NOTE DEL TRADUTTORE
(Generale Decarpentry, Equitazione accademica, Henry Neveu 1949)

Trattandosi dell'opera capitale del Novecento riferita all'equitazione accademica, per assicurare la massima fedeltà al testo originale, la traduzione è stata rivista con il generale Pierre Durand (Olimpiade di Roma 1960 nel Concorso completo di equitazione - Olimpiade di Monaco nel Concorso di salto ostacoli - Scudiero capo del Cadre Noir - Direttore della Scuola Nazionale di Equitazione francese). Cavaliere prima sportivo, poi accademico, come vuole l'Autore del presente libro, è certamente è la massima autorità nell'equitazione accademica oggi in Francia.

In questa traduzione è stato utilizzato il vocabolario equestre italiano, nato durante il Rinascimento, esportato in tutta l'Europa1, arricchitosi e adeguatosi ai tempi e agli impieghi nei secoli successivi. Vocabolario desunto da autori dell'Ottocento e del Novecento che fanno testo, tra cui: il conte Federico Mazzucchelli, Stefano Arcellazzi, Enrico Conti, il generale Achille Angelini, il conte Eugenio Martinengo Cesaresco, il maestro Cesare Paderni, il capitano dottor Eduardo Chiari, il generale Alfredo Fè d'Ostiani, il capitano Carlo Giubbilei. E' stato inoltre tratto dai successivi Regolamenti di esercizi per la Cavalleria, iniziando dal primo regolamento nazionale, pubblicato nel 1861, i quali, fino ai primi del Novecento, comprendevano il lavoro di Scuola. Che il vocabolario equestre abbia origine dal Rinascimento italiano lo afferma, tra gli altri, non un Italiano, ma un autorevole personaggio francese, il generale Alexis François L'Hotte, a pag. 300 dei suoi Souvenirs d'un officier de cavalerie, pubblicati nel 1905: «Nei tempi lontani in cui la cavalleria della Gallia brillava di tutto il suo splendore ed eclissava le altre cavallerie, a Roma, tutti i termini di equitazione erano gallici. Accadde diversamente quando, dopo il rinascimento delle lettere, delle arti e delle scienze, l'arte equestre prese, in Italia, una nuova forma. Le scuole italiane diffusero allora i loro lumi su tutta l'Europa, e, in quell'epoca, certi termini presi in prestito dall'italiano, presero, a loro volta, diritto di cittadinanza nella nostra equitazione e anche nella nostra scherma.» E, poco dopo, aggiunge: «Certe espressioni che essi [Salomon de La Broue e Antoine de Pluvinel, che lavorarono a lungo a Napoli sotto la direzione di Gio: Battista Pignatello, sic in Pirro Antonio Ferraro] riportarono [in Francia] dal paese da cui partiva la luce, si sono perpetuate nel linguaggio dei nostri maneggi. Così è capitato per le seguenti espressioni: 'volte' che, in Italia, significa 'circolo'; 'passage' – un tempo si diceva 'passege' - espressione tratta dalla parola 'passeggio', che vuol dire 'passeggiata'; 'capriole', derivata da capro, nome del capriolo.»
                                                                                                                               
La parola dressage nella lingua francese ha esattamente il significato che la parola addestramento ha nella lingua italiana, sia dal punto di vista lessicale, sia dal punto di vista storico e tecnico, sia – quello che è più importante - in sella, nel montare a cavallo e nell'addestrare un cavallo secondo i principi e i procedimenti sia dell'equitazione classica, sia dell'equitazione sportiva contemporanea. La definizione che ne danno Michel Henriquet e Alain Prevost in Equitation, un art, une passion (1972) è la seguente: «Nel linguaggio equestre, dressage significa abitualmente educare il cavallo alle andature, lavori ed esercizi ai quali lo si destina». I Francesi usano la parola dressage per indicare l'addestramento dell'uomo e di qualsiasi animale, per indicare il lavoro del cavallo accademico, da concorso di salto ostacoli o del cavallo da concorso completo di equitazione, del cavallo genericamente sportivo, del cavallo militare, del cavallo da carrozza o del cavallo che impara ad eseguire le arie alte, la corvetta, la sgroppata, la capriola. Esattamente così come noi usiamo la parola addestramento in italiano. Anzi, la nostra parola è molto più specifica. Significa «l'acquisizione di particolari capacità funzionali mediante l'osservanza di regole prestabilite o suggerite dall'esperienza» (Devoto-Oli). Non esistono nella nostra lingua i significati di «rendere verticale», «l'azione di dresser il filo destinato a fare aghi o spilli» e «l'azione di dresser un cristallo, uno specchio, barre di metallo" come esistono invece nella lingua francese se su un dizionario francese si va a cercare la parola dressage. Lo storico francese Etienne Saurel è molto esplicito in materia. A pag. 209 della sua Histoire de l'équitation (1971) scrive testualmente: «La parola "dressage" dà luogo a confusione tanto variano i suoi significati. Ricopre indistintamente differenze di grado nell'educazione del cavallo e differenze di natura nella sua specializzazione. La si applica dopo l'ammansimento e l'inizio dell'apprendimento degli aiuti fino all'equitazione accademica, sommità dell'arte, passando per il dressage alla guerra, alla caccia, a un qualsiasi lavoro, alle corse, a una quantità di giochi e, in ultima analisi, agli sport equestri. Si addestrano [on dresse] anche cavalli per il circo [...]". E' evidente che è un errore chiamare l'addestramento dressage. E' interessare sapere che l'origine della dizione estera ha carattere storico. Deriva, agli inizi del secolo scorso, dalla necessità di differenziare nettamente, dopo l'introduzione e la diffusione in Italia del «Sistema naturale di equitazione», l'addestramento secondo i principi e i procedimenti del lavoro di scuola dall'addestramento secondo i principi e i procedimenti del Sistema naturale. I primi a usare con un certo disdegno la parola dressage, come a voler rimarcare l'utilità, la praticità e la superiorità ai fini dell'impiego militare e sportivo dell'addestramento della nuova scuola italiana nei confronti di quella vecchia, classica, furono proprio i più fedeli e intransigenti allievi del capitano Caprilli, i nostri campioni di salto ostacoli prima e tra le due guerre mondiali nel secolo scorso. Inoltre, siccome le lingue ufficiali della Federazione Equestre Internazionale sono il francese e l'inglese, un tempo più il francese che l'inglese, è più che ovvio che nel «Regolamento dei concorsi di addestramento» della F.E.I., redatto in due sole lingue, il francese e l'inglese, l'addestramento sia chiamato dressage, perché in francese e in inglese il termine italiano addestramento si traduce con il termine dressage. Ma i Tedeschi lo chiamano dressur e gli spagnoli doma.  Il concorso di addestramento in francese si chiama le concours de dressage, in inglese the dressage test, in tedesco Die Dressurprüng, in spagnolo la prueba de doma. Che lo si chiami o che si faccia dressage, dressur, doma o addestramento non si fa altro che addestrare il cavallo. La matematica va dalle operazioni elementari al calcolo infinitesimale. Sempre di matematica si tratta. Non cambia nome. E' accompagnata da aggettivi che la definiscono nella natura. In sella non cambiano i metodi di trasmissione delle indicazioni o dei comandi degli aiuti del cavaliere, non variano le risposte del cavallo, il cui sistema di comprensione, di trasformazione degli ordini, e di locomozione, è rimasto sempre lo stesso. Non c'è nel cavaliere un sistema di monta diverso. Non c'è un assetto diverso. C'è soltanto una posizione diversa, seduta, con il busto verticale e con gli staffili più lunghi. Nel cavallo non ci sono un passo, un trotto, un galoppo e qualsiasi altro movimento, come meccanismo di funzionamento, diversi. Sono richiesti al cavallo movimenti ottenuti attraverso l'addestramento. Il dressage è l'addestramento. E questo trattato lo conferma. Ogni volta che la si incontra, è sufficiente leggere la parola addestramento in questa traduzione italiana, così come nell'originale francese, e osservare attentamente in quale contesto è posta, per rendersi conto e convenire che l'esatta e fedele traduzione del termine francese dressage non può che essere addestramento. Così dressage in questo testo è tradotto sempre con addestramento. Nel rendere in italiano l'opera del generale Decarpentry non ci sono, al proposito, problemi di traduzione e di chiarezza, perché l'Autore è molto preciso e molto chiaro, com'è suo costume: per indicare quella equitazione e quel lavoro che in Italia sono chiamati erroneamente dressage, scrive «equitazione accademica», «lavoro di scuola», «lavoro accademico» o «equitazione di scuola». Infatti questo libro si intitola Equitation accadémique e non Dressage. L'Autore usa due sole volte, in tutte le 330 pagine del testo originale, il termine dressage nel senso che gli è attribuito in Italia, competizione di addestramento, come completamento del titolo nel frontespizio, Equitation académique. Préparation aux épreuves internationales de dressage, e quando menziona «les épreuves modernes de dressage» nel paragrafo dedicato all'effetto d'insieme. Lo usa sempre e soltanto nel senso di addestramento come processo d'insegnamento che porta al cavallo addestrato. Anzi, ha la necessità di usare il termine dressage accompagnandolo con l'aggettivo supérieur o académique proprio per indicare l'addestramento in vista dell'equitazione accademica.  Scrive, a pag. 114: «L'addestramento in vista dell'equitazione artistica è un insegnamento superiore, al quale una primaria istruzione ben assimilata deve servire di base. E' dunque necessario definire esattamente gli elementi di questa base e determinare nettamente la natura e i limiti dell'educazione "minima" che il cavallo deve aver acquisito prima dell'inizio di questo secondo addestramento.» Dovremmo tradurre in italiano secondo dressage? A pag. 18 scrive: « Il metodo dell'equitazione accademica in nulla differisce da quello che è impiegato fin dall'inizio della prima parte dell'addestramento, ed è, d'altra parte, il solo di cui l'uomo dispone per "addestrare" qualsiasi animale». Bisognerebbe tradurre il termine francesi con due termini diversi in italiano? Avrebbe bisogno di aggiungere a dressage l'aggettivo supérieur o académique se il termine dressage da solo, in francese, volesse significare di per sé l'addestramento superiore in vista dell'equitazione accademica? Evidentemente no. Perché tratta appunto di una fase superiore dell'addestramento, ma sempre di addestramento, i cui principi fondamentali, applicati fin dalla prima educazione del puledro, non variano. Non cambia parola, come facciamo noi in italiano quando da addestramento, considerato elementare, passiamo a dressage, come se fosse una diversa forma di addestramento. Aggiunge soltanto un aggettivo. E' molto chiaro anche nella descrizione del lavoro preliminare del cavallo accademico, che deve essere «prima di tutto perfettamente confermato come cavallo sportivo» per mezzo dell'addestramento che si applica a tutti i cavalli che si vogliono rendere obbedienti, confortevoli e sicuri. L'Autore scrive centinaia di volte il termine dressage e soltanto poche volte lo riferisce all'addestramento che si fa oggi nel rettangolo di gara. Ma premette ogni volta competizioni o prove di dressage, appunto di addestramento. Sarebbe sufficiente leggere con attenzione il testo per rendersi conto del falso tecnico di chiamare l'addestramento, definiamolo pure superiore, con il termine francese. E' addestramento superiore e non dressage. Nel testo francese del generale Decarpentry non c'è dunque possibilità di confusione tra i termini francesi dressage, procedimento d'insegnamento e di preparazione del cavallo, e Dressage, moderna competizione che si svolge nel rettangolo, originata dall'equitazione accademica. Quindi, in italiano, non c'è confusione tra addestramento uguale a lavoro di addestramento e Addestramento uguale a competizione. La D maiuscola di Dressage (per analogia la A di Addestramento) non è usata a caso. E' impiegata e proposta da diversi autori francesi per distinguere l'addestramento lavoro di insegnamento e di apprendimento dall'Addestramento competizione.

In conclusione: il termine dressage, nel linguaggio equestre francese, e quindi anche per il generale Decarpentry, ha sempre e soltanto il significato di addestramento, processo di addestramento per ottenere il cavallo addestrato, a diversi livelli di addestramento, che non sono definiti dal termine stesso, ma da aggettivi qualificativi, mentre in Italia il termine dressage ha assunto un significato diverso, un qualcosa di più dell'addestramento generico, una diversa e superiore forma di addestramento basato sui principi dell'equitazione classica o accademica. Questo erroneo significato della parola risale all'inizio del Novecento, al momento cioè dell'affermazione del «Sistema naturale di equitazione», quando i «puristi» caprilliani la usarono in senso dispregiativo, per differenziare nettamente l'addestramento (dressage) secondo i principi e i procedimenti del lavoro di scuola, dall'addestramento secondo i sani principi e i semplici procedimenti del sistema naturale e per rimarcare l'inutilità dei principi del dressage, troppo complicati in confronto a quelli dell'addestramento dell'equitazione secondo il Sistema naturale. E infatti il generale Decarpentry, per indicare il termine dressage nell'accezione erronea italiana, vi aggiunge l'aggettivo superieur o académique per mettere in chiaro che si fa riferimento all'addestramento superiore in vista dell'equitazione accademica.

Detto questo e per gli stessi motivi il dresseur francese è ovviamente l'addestratore italiano. Per l'Autore il dresseur è anche colui che lavora il cavallo alla corda, a mano, tra i pilieri, in italiano addestratore. Secondo i dressagisti il cavaliere è addestratore quando lavora un cavallo sportivo? Diventa invece dresseur (titolo di nobiltà equestre per i provinciali italiani) ovvero «dressagista» (peggio: brutto e ridicolo neologismo, che si sente dire e che si legge, purtroppo, sempre più spesso), quando lavora un cavallo per l'equitazione accademica o per l'equitazione che dal 1929 si pratica in un rettangolo davanti a una giuria? La realtà: il cavaliere che addestra è sempre e soltanto semplicemente addestratore e tale rimane, quale che siano il lavoro che esegue e l'attività equestre che pratica. E' dresseur in Francia, addestratore in Italia, sia in sella sia lavori alla corda o alla mano, così come il libro ha descritto. E' sufficiente leggere il testo francese per accertarlo. Il tedesco Reiner Klimke, che ha preso parte al concorso completo di equitazione dell'Olimpiade di Roma 1960 e che è diventato lo specialista ancora oggi con il maggior numero di medaglie nei concorsi di addestramento, non era addestratore nel completo e diventava dresseur o «dressagista», nell'addestramento per la prova nel rettangolo. Era sempre e soltanto un addestratore, lo stesso identico cavaliere, che addestrasse il cavallo per il concorso completo o per una presentazione nel rettangolo di gara.

L'écuyer è definito da François Baucher, nel suo Dictionnaire raisonné d'équitation pubblicato nel 1830, «l'uomo che sa addestrare un cavallo, condurlo con precisione, e rendere conto dei mezzi che gli hanno procurato questi risultati». Aggiunge che «è il professore capace di formare veri uomini di cavalli». I termini escuier (comparso nel 1080), escuyer (1549), écuyer (1701) derivano dal basso latino scutarius che ha il significato di «colui che porta lo scudo» (in francese écu). Solo dal XVII secolo ha preso in Francia il significato di «maestro di equitazione», poi quello di «colui che monta bene a cavallo». Il Littré, dizionario della lingua francese in sette volumi, elenca i seguenti significati per le lingue estere: spagnolo, escudero; portoghese escudeiro; inglese squire, italiano scudiero. Salomon de La Broue intitola la sua opera nel 1602 Le cavalerice françois e non l'escuyer françois, perché, scrive (pag. 10 del primo libro, edizione del 1686), «se la parola escuyer non significasse altra cosa in Francia che buon uomo di cavalli me ne sarei servito. Ma siccome si può adattare a molti altri significati ho trovato più rapido usare una parola straniera, avendo anche avuto il consiglio di alcuni amici molto capaci in quest'arte». I «molti altri significati» sono elencati sul Dictionnaire de la langue française di Emile Littré (1956), sul Dictionnaire de la langue française di Paul Robert (1959), in nove volumi. I significati sono: écuyer de cusine (1393), primo ufficiale della cucina del re o di un principe; écuyer tranchant (1429), colui che taglia la carne; écuyer de bouche (1680), che serve alla tavola de re; écuyer de main, colui che dà la mano a un principe o a una principessa per scendere da una vettura; o semplicemente écuyer, «l'intendente delle scuderie di un principe».  La parola straniera che usa La Broue è appunto cavalerice, derivata dall'italiano cavallerizzo o cavallarizzo. La Broue aveva lavorato cinque anni a Napoli con Giovanbattista Pignatelli. Osserva La Broue, a proposito dei termini che usa nel suo trattato (Le cavalerice françois, 1^ ed., La Rochelle 1593-1594; pag. 10 della 4^ ed., Paris 1646): «Poiché nella lingua francese quest'arte manca di termini appropriati, ho fatto ricorso alla lingua italiana, sia perché i Cavalieri ne fanno un uso più comune, sia anche perché i termini italiani hanno un non so che di più gagliardo, sono più significativi, e possono spiegare il significato con una sola parola, mentre ne occorrerebbero diverse per farlo capire in francese. Nondimeno poiché queste parole e altre dell'arte non sono conosciute da tutti i Francesi, ho voluto sollevarli da questa pena con la seguente interpretazione». Elenca, di seguito, quarantotto parole italiane francesizzate con a fianco la loro spiegazione, così come sono usate nel testo.

Rovesciamento della situazione. Oggi in Italia si fa ricorso alle lingue estere: il governo del cavallo diventa grooming, le gare di stile sono chiamate con la parola inglese equitation, il passeggio è chiamato passage, il piaffo o far ciambella, bellissima antica dizione, è diventato piaffer, i salti di scuola hanno perso il loro nome originale con il quale gli Italiani li hanno fatti conoscere in Europa (la corvetta, «corbetta» la chiama D'Aquino, è chiamata courbette, la capriola cabriole, e via di seguito), lo stesso montare come si monta da secoli in Italia e dopo che gli Italiani hanno insegnato agli Inglesi come si monta a cavallo - si legga al proposito il duca di Newcastle – è definito non «all'italiana», ma «all'inglese». Pur avendo noi il nostro ricco ed esauriente vocabolario. Si tenga conto che nella prima metà del Cinquecento, comunque prima della pubblicazione della propria opera, aveva già insegnato in Francia Claudio Corte, autore de Il cavallarizzo, pubblicato nel 1562. Quindi aveva insegnato in Francia prima che Salomon de La Broue scrivesse il suo trattato, che è il primo dei trattati di equitazione scritti da un Francese. Il termine cavallerizzo ha perso con il tempo il significato nobile che aveva in origine in Italia di maestro di equitazione, di capo dei cavalieri di una scuderia principesca o reale. Molti illustri personaggi hanno portato questo titolo. Ne citiamo solo alcuni: Giovambattista Ferraro, autore Delle razze, disciplina del cavalcare, pubblicato nel 1560 a Napoli, era cavallerizzo di Don Antonio di Aragona; il figlio, Antonio Pirro Ferraro, autore del Cavallo frenato, pubblicato a Venezia nel 1620, era – è scritto sul frontespizio del libro - «cavallerizzo della maestà di Filippo II re di Spagna N.S. nella real cavallerizza di Napoli»; Lorenzino Palmieri, fiorentino, autore delle Perfette regole et modi di cavalcare, Venezia 1625, era «cavallerizzo del Serenissimo Granduca di Toscana»; il barone d'Eisemberg, autore de La Perfezione e i Difetti del Cavallo, Firenze 1753, era «direttore e primo cavallerizzo dell'Accademia di Pisa»; il primo direttore di equitazione della Scuola di Cavalleria italiana a Venaria Reale (il maestro Otto Wagner, 1825-1845) aveva il titolo di cavallerizzo capo; Enrico Conti, autore de L'ippossiade o L'accademico equestre (1823), era «cavallerizzo al reale maneggio di Torino».

Cavallerizzo sarebbe perciò la migliore traduzione di écuyer, nel significato che ha preso dal XVII secolo. Cavallerizzo: «l'uomo di cavalli che riuniva l'esperienza al talento e al sapere», scrive il generale L'Hotte nei suoi ricordi (pag. 301). Ma il significato del termine si è nel tempo alterato ed è arrivato a identificarsi con quello del cavaliere del circo equestre.

Perciò si è scelto di tradurre il termine écuyer con il termine letterale scudiero, come fa il Dizionario della lingua francese di Emile Littré. Termine che d'altra parte usano tra gli altri – brevissimo elenco – :

Claudio Corte ne Il cavallerizzo, alla carta 114 verso del libro terzo (prima edizione, Venezia 1562): «Così credo che sia i Francesi a' maestri di stalla e cavalcatori buoni dicano Eporedichi [da eporediae, arum, parola gallica, eccellenti domatori di cavalli. Georges-Calonghi, Dizionario della lingua latina, 1950] e scudieri»; 

Pirro Antonio Ferraro a pag. 52 dell'opera citata;

Gio.Valerio Pasquali di Venezia che nel 1799 ha pubblicato una traduzione dell'Ecole de cavalerie di La Guérinière («Scudiere di Sua Maestà Cristianissima») e, nell'introduzione, da pag. 11 a pag. 25, tratta diffusamente dei compiti degli scudieri;

Cesare Paderni nei Cenni storici sulle origini dell'arte equestre (1891), quando ricorda gli scudieri che «si portarono» a Napoli da Bisanzio verso il 1134 (pag. 185), quando menziona Pluvinel, «scudiere di Luigi XIII» (pag. 202), La Guérinière, «primo scudiere di Luigi XIV» (pag. 210), «gli scudieri Baucheriani» (pag. 287);

il capitano dottor Eduardo Chiari, nel suo Trattato di ippologia, volume primo, Torino 1897, a pag. 227, nella quale cita «Baucher, Duthil, Rul, famosi scudieri»;

il generale Carlo Giubbilei, in Caprilli, vita e scritti (1909), che a pag. 261 cita D'Auvergne, «scudiere capo della Reale Scuola militare».

Si tenga conto che la definizione di écuyer scudiero è quella che ne ha dato François Baucher all'inizio di questa nota. E si tenga conto che gli écuyers francesi d'oggi (in particolare gli appartenenti al Cadre Noir di Saumur) non si sentono per niente menomati nel portare un nome che deriva, come il nostro scudiero, dal latino scutarius, guardia del corpo armata di scudo, e da écu, scudo, e che, in francese, come primo e originale significato, ha, per il dizionario, quello di «gentiluomo al servizio di un cavaliere per portare il suo scudo e servirlo» o gli altri significati citati sopra (Littré). E che richiama, come il nostro scudiero, specialmente nel suono, la scuderia (écurie), così detta «perché in origine vi abitava lo scudiero» (Littré, citato – Robert, citato - AA.VV., Dizionario italiano ragionato, Firenze 1988).

Débourrage in francese è la parte iniziale dell'addestramento, che non ha una fase distinta e un nome particolare nella nostra teoria. Ha lo scopo di preparare con l'igiene, l'alimentazione e il lavoro l'intero sviluppo delle forze fisiche del cavallo giovane, di dargli le prime nozioni degli aiuti e di prepararlo alla loro disciplina. Il suo principale obiettivo è di mettere in progressiva condizione il puledro. E' rappresentato dalle passeggiate sottomano a fianco di un cavallo di età, saggio ed esperto, dal lavoro elementare alla corda, dall'addestramento a portare la sella e il cavaliere, e dai movimenti di base: avanzare, fermare, girare, indietreggiare, primi esercizi di galoppo, esordio all'ostacolo9. E' stato reso in italiano con l'espressione «la prima parte dell'addestramento» o «parte primaria» o «iniziale» secondo il contesto.

Attitude nei dizionari francesi (Littré, Robert), come primo significato, è «maniera di tenere il corpo». In quelli italiani (Battaglia, Devoto-Oli, Zingarelli, Garzanti, ecc.), attitudine, come primo significato, è la «disposizione innata per certe attività», ma anche, come secondo significato, la «positura della persona, l'atteggiamento». L'autore usa il termine anche riferendolo all'atteggiamento dell'addestratore. Si è scelto di conservare il significato letterale del testo francese, attitudine, equivalente a posizione, postura, atteggiamento.

«Piazzamento» in italiano vuol dire cavallo piazzato sui quattro «arti disposti secondo la direzione naturale degli appiombi» (Chiari), con i bipedi allineati nell'alt. In francese «placement» significa la postura della testa, del collo e più in generale di tutto il corpo che prende il cavallo sul piano orizzontale quando è in mano o quando tale postura è rappresentata da una flessione laterale più o meno pronunciata per l'esecuzione di determinati movimenti, per esempio i movimenti su due piste, il galoppo rovescio, le piroette o i cambiamenti di piede. I termini francesi «placement» e «placé» sono stati perciò tradotti, tenendo conto del contesto, con i termini «postura» («positura» scrivono gli autori antichi italiani, per esempio Paolo D'Aquino, Disciplina del cavallo con l'uso del piliere, 1636), «flessione» o «piego laterale» o «diretto» e «messo», tenuto conto che «il termine indica anche la disposizione di una parte del cavallo, particolarmente dell'incollatura e della testa» (Henriquet-Prevost). Mai «piazzamento» o «piazzato». L'Autore stesso usa spesso il termine position al posto del termine placement. D'altra parte è linguaggio equestre italiano corrente definire «messo» e «ben messo» il cavallo con un particolare o un corretto portamento del collo e della testa o di tutto il corpo e «mettere» e «metter bene» l'azione, così come i Francesi dicono «bien placé» o «bien mis».

Souple riferito ad articolazioni, a movimenti, a muscoli è stato tradotto con «sciolto» o «flessibile» secondo il contesto. Souplesse è dunque tradotto con scioltezza o flessibilità. Riferito a movimenti ridotti, come quelli della bocca e della lingua del cavallo, o prodotti dal cavallo nel cavaliere, souple è stato tradotto con «morbido». Così pure è stato tradotto con morbido se riferito all'assetto e in particolare agli aiuti superiori del cavaliere. La «souplesse» di una parte del corpo del cavallo è resa con «morbidezza» o «flessibilità», per esempio «la morbidezza della parte anteriore», intesa come incollatura, attaccatura della testa, bocca. Morbido nel senso che non resiste, che cede facilmente di quanto richiesto dal cavaliere. Gli «assouplissement», riferiti a tutto il corpo o a una sua parte interessata alla locomozione, sono stati resi con «esercizi di scioltezza».

Enrênement, non esistendo termine analogo nel linguaggio equestre italiano, è stato tradotto con il termine, del dizionario italiano, «imbrigliamento», termine usato dagli antichi (si veda il titolo del trattato del Fiaschi, 1556, Trattato dell'imbrigliare, ...), non potendosi tradurre il termine letteralmente con l'inesistente «inredinamento» e non essendoci una perifrasi concisa sostitutiva.

Avant-main e arrière-main, avanmano e retromano, per significare la parte del corpo del cavallo che sta davanti o dietro la mano del cavaliere, non sono termini usati nel linguaggio equestre italiano. Le due parole composte sono state tradotte con le espressioni «treno anteriore» e «treno posteriore», traendole dall'ippologia e da autori italiani che fanno testo (per esempio Federigo Mazzucchelli). Rappresentano comunque bene ciò che sta davanti e dietro il cavaliere in sella e non falsano assolutamente il pensiero dell'Autore. Tanto più che nella lingua equestre francese gli stessi termini sono usati in ippologia per definire la parte anteriore e posteriore del corpo del cavallo.

L'extérieur, cheval d'extérieur: la traduzione letterale sarebbe «ciò che è all'esterno», il di fuori, quindi «cavallo da fuori» (inteso fuori del maneggio, dove si svolgeva e si svolge ancora, inizialmente e generalmente, l'insegnamento e l'apprendimento dell'equitazione accademica), il cavallo non accademico. I cavalieri militari e scrittori (che facevano testo, come per esempio il generale L'Hotte) intendevano per «cheval d'extérieur» il cavallo di servizio, di campagna, per il quale erano escluse le andature riunite. Oggi, per estensione, diventa cavallo da campagna o sportivo. L'équitation d'extérieur francese è l'equitazione sportiva o l'equitazione di campagna, l'equitazione che si fa all'aperto, compreso il concorso completo e il concorso di salto ostacoli. I Francesi, infatti, traducono il nostro «cavallo di campagna» e la nostra «equitazione di campagna» con «cheval d'extérieur» ed «équitation d'extérieur». Per chiarezza e semplicità si è scelto di tradurre ciò che riguarda l'«extérieur», termine che ricorre frequentemente nel testo, con «fuori» o «all'aperto» se riferito a luogo, e con «sportivo» o «di campagna» oppure «non accademico» se riferito al cavallo, in contrapposizione ad «accademico», anche se, come dirà l'Autore, prima di diventare accademico, il cavallo deve essere un buon cavallo sportivo confermato, un buon cavallo «d'extérieur».

Engagement è l'avanzamento (letteralmente l'introduzione) più marcato, più pronunciato degli arti posteriori o di un arto posteriore sotto il corpo del cavallo. E' stato tradotto con i termini «impegno» e «avanzamento più pronunciato», secondo il contesto, mai con l'abusato «ingaggio» (i cui significati nella lingua italiana sono: «assunzione mediante stipulazione di un contratto» e «ingaggiare battaglia»).

«Se livrer» equivale, per il cavallo, a consegnarsi, abbandonarsi, affidarsi, darsi generosamente, senza riserve, al cavaliere per e durante l'esecuzione di qualsiasi movimento. Il verbo è stato reso, in genere, con «darsi». «affidarsi», secondo il contesto.

«Ramener», che letteralmente vorrebbe dire «riportare» la testa verso il corpo, dizione criticata dagli stessi Francesi, perché induce a ritenere che la testa viene «tirata» indietro, è stato tradotto secondo la tradizione della nostra letteratura equestre: «piego diretto». «Piegare» e «piegato» scrive Mazzucchelli negli Elementi di cavallerizza (1802).
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

#367
La parola dressage nella lingua francese ha esattamente il significato che la parola addestramento ha nella lingua italiana, sia dal punto di vista lessicale, sia dal punto di vista storico e tecnico, sia – quello che è più importante - in sella, nel montare a cavallo e nell'addestrare un cavallo secondo i principi e i procedimenti sia dell'equitazione classica, sia dell'equitazione sportiva contemporanea. La definizione che ne danno Michel Henriquet e Alain Prevost in Equitation, un art, une passion (1972) è la seguente: «Nel linguaggio equestre, dressage significa abitualmente educare il cavallo alle andature, lavori ed esercizi ai quali lo si destina». I Francesi usano la parola dressage per indicare l'addestramento dell'uomo e di qualsiasi animale, per indicare il lavoro del cavallo accademico, da concorso di salto ostacoli o del cavallo da concorso completo di equitazione, del cavallo genericamente sportivo, del cavallo militare, del cavallo da carrozza o del cavallo che impara ad eseguire le arie alte, la corvetta, la sgroppata, la capriola. Esattamente così come noi usiamo la parola addestramento in italiano. Anzi, la nostra parola è molto più specifica. Significa «l'acquisizione di particolari capacità funzionali mediante l'osservanza di regole prestabilite o suggerite dall'esperienza» (Devoto-Oli). Non esistono nella nostra lingua i significati di «rendere verticale», «l'azione di dresser il filo destinato a fare aghi o spilli» e «l'azione di dresser un cristallo, uno specchio, barre di metallo" come esistono invece nella lingua francese se su un dizionario francese si va a cercare la parola dressage. Lo storico francese Etienne Saurel è molto esplicito in materia. A pag. 209 della sua Histoire de l'équitation (1971) scrive testualmente: «La parola "dressage" dà luogo a confusione tanto variano i suoi significati. Ricopre indistintamente differenze di grado nell'educazione del cavallo e differenze di natura nella sua specializzazione. La si applica dopo l'ammansimento e l'inizio dell'apprendimento degli aiuti fino all'equitazione accademica, sommità dell'arte, passando per il dressage alla guerra, alla caccia, a un qualsiasi lavoro, alle corse, a una quantità di giochi e, in ultima analisi, agli sport equestri. Si addestrano [on dresse] anche cavalli per il circo [...]". E' evidente che è un errore chiamare l'addestramento dressage. E' interessare sapere che l'origine della dizione estera ha carattere storico. Deriva, agli inizi del secolo scorso, dalla necessità di differenziare nettamente, dopo l'introduzione e la diffusione in Italia del «Sistema naturale di equitazione», l'addestramento secondo i principi e i procedimenti del lavoro di scuola dall'addestramento secondo i principi e i procedimenti del Sistema naturale. I primi a usare con un certo disdegno la parola dressage, come a voler rimarcare l'utilità, la praticità e la superiorità ai fini dell'impiego militare e sportivo dell'addestramento della nuova scuola italiana nei confronti di quella vecchia, classica, furono proprio i più fedeli e intransigenti allievi del capitano Caprilli, i nostri campioni di salto ostacoli prima e tra le due guerre mondiali nel secolo scorso. Inoltre, siccome le lingue ufficiali della Federazione Equestre Internazionale sono il francese e l'inglese, un tempo più il francese che l'inglese, è più che ovvio che nel «Regolamento dei concorsi di addestramento» della F.E.I., redatto in due sole lingue, il francese e l'inglese, l'addestramento sia chiamato dressage, perché in francese e in inglese il termine italiano addestramento si traduce con il termine dressage. Ma i Tedeschi lo chiamano dressur e gli spagnoli doma.  Il concorso di addestramento in francese si chiama le concours de dressage, in inglese the dressage test, in tedesco Die Dressurprüng, in spagnolo la prueba de doma. Che lo si chiami o che si faccia dressage, dressur, doma o addestramento non si fa altro che addestrare il cavallo. La matematica va dalle operazioni elementari al calcolo infinitesimale. Sempre di matematica si tratta. Non cambia nome. E' accompagnata da aggettivi che la definiscono nella natura. In sella non cambiano i metodi di trasmissione delle indicazioni o dei comandi degli aiuti del cavaliere, non variano le risposte del cavallo, il cui sistema di comprensione, di trasformazione degli ordini, e di locomozione, è rimasto sempre lo stesso. Non c'è nel cavaliere un sistema di monta diverso. Non c'è un assetto diverso. C'è soltanto una posizione diversa, seduta, con il busto verticale e con gli staffili più lunghi. Nel cavallo non ci sono un passo, un trotto, un galoppo e qualsiasi altro movimento, come meccanismo di funzionamento, diversi. Sono richiesti al cavallo movimenti ottenuti attraverso l'addestramento. Il dressage è l'addestramento. E questo trattato lo conferma. Ogni volta che la si incontra, è sufficiente leggere la parola addestramento in questa traduzione italiana, così come nell'originale francese, e osservare attentamente in quale contesto è posta, per rendersi conto e convenire che l'esatta e fedele traduzione del termine francese dressage non può che essere addestramento. Così dressage in questo testo è tradotto sempre con addestramento. Nel rendere in italiano l'opera del generale Decarpentry non ci sono, al proposito, problemi di traduzione e di chiarezza, perché l'Autore è molto preciso e molto chiaro, com'è suo costume: per indicare quella equitazione e quel lavoro che in Italia sono chiamati erroneamente dressage, scrive «equitazione accademica», «lavoro di scuola», «lavoro accademico» o «equitazione di scuola». Infatti questo libro si intitola Equitation accadémique e non Dressage. L'Autore usa due sole volte, in tutte le 330 pagine del testo originale, il termine dressage nel senso che gli è attribuito in Italia, competizione di addestramento, come completamento del titolo nel frontespizio, Equitation académique. Préparation aux épreuves internationales de dressage, e quando menziona «les épreuves modernes de dressage» nel paragrafo dedicato all'effetto d'insieme. Lo usa sempre e soltanto nel senso di addestramento come processo d'insegnamento che porta al cavallo addestrato. Anzi, ha la necessità di usare il termine dressage accompagnandolo con l'aggettivo supérieur o académique proprio per indicare l'addestramento in vista dell'equitazione accademica.  Scrive, a pag. 114: «L'addestramento in vista dell'equitazione artistica è un insegnamento superiore, al quale una primaria istruzione ben assimilata deve servire di base. E' dunque necessario definire esattamente gli elementi di questa base e determinare nettamente la natura e i limiti dell'educazione "minima" che il cavallo deve aver acquisito prima dell'inizio di questo secondo addestramento.» Dovremmo tradurre in italiano secondo dressage? A pag. 18 scrive: « Il metodo dell'equitazione accademica in nulla differisce da quello che è impiegato fin dall'inizio della prima parte dell'addestramento, ed è, d'altra parte, il solo di cui l'uomo dispone per "addestrare" qualsiasi animale». Bisognerebbe tradurre il termine francesi con due termini diversi in italiano? Avrebbe bisogno di aggiungere a dressage l'aggettivo supérieur o académique se il termine dressage da solo, in francese, volesse significare di per sé l'addestramento superiore in vista dell'equitazione accademica? Evidentemente no. Perché tratta appunto di una fase superiore dell'addestramento, ma sempre di addestramento, i cui principi fondamentali, applicati fin dalla prima educazione del puledro, non variano. Non cambia parola, come facciamo noi in italiano quando da addestramento, considerato elementare, passiamo a dressage, come se fosse una diversa forma di addestramento. Aggiunge soltanto un aggettivo. E' molto chiaro anche nella descrizione del lavoro preliminare del cavallo accademico, che deve essere «prima di tutto perfettamente confermato come cavallo sportivo» per mezzo dell'addestramento che si applica a tutti i cavalli che si vogliono rendere obbedienti, confortevoli e sicuri. L'Autore scrive centinaia di volte il termine dressage e soltanto poche volte lo riferisce all'addestramento che si fa oggi nel rettangolo di gara. Ma premette ogni volta competizioni o prove di dressage, appunto di addestramento. Sarebbe sufficiente leggere con attenzione il testo per rendersi conto del falso tecnico di chiamare l'addestramento, definiamolo pure superiore, con il termine francese. E' addestramento superiore e non dressage. Nel testo francese del generale Decarpentry non c'è dunque possibilità di confusione tra i termini francesi dressage, procedimento d'insegnamento e di preparazione del cavallo, e Dressage, moderna competizione che si svolge nel rettangolo, originata dall'equitazione accademica. Quindi, in italiano, non c'è confusione tra addestramento uguale a lavoro di addestramento e Addestramento uguale a competizione. La D maiuscola di Dressage (per analogia la A di Addestramento) non è usata a caso. E' impiegata e proposta da diversi autori francesi per distinguere l'addestramento lavoro di insegnamento e di apprendimento dall'Addestramento competizione.

In conclusione: il termine dressage, nel linguaggio equestre francese, e quindi anche per il generale Decarpentry, ha sempre e soltanto il significato di addestramento, processo di addestramento per ottenere il cavallo addestrato, a diversi livelli di addestramento, che non sono definiti dal termine stesso, ma da aggettivi qualificativi, mentre in Italia il termine dressage ha assunto un significato diverso, un qualcosa di più dell'addestramento generico, una diversa e superiore forma di addestramento basato sui principi dell'equitazione classica o accademica. Questo erroneo significato della parola risale all'inizio del Novecento, al momento cioè dell'affermazione del «Sistema naturale di equitazione», quando i «puristi» caprilliani la usarono in senso dispregiativo, per differenziare nettamente l'addestramento (dressage) secondo i principi e i procedimenti del lavoro di scuola, dall'addestramento secondo i sani principi e i semplici procedimenti del sistema naturale e per rimarcare l'inutilità dei principi del dressage, troppo complicati in confronto a quelli dell'addestramento dell'equitazione secondo il Sistema naturale. E infatti il generale Decarpentry, per indicare il termine dressage nell'accezione erronea italiana, vi aggiunge l'aggettivo superieur o académique per mettere in chiaro che si fa riferimento all'addestramento superiore in vista dell'equitazione accademica.


Il povero Colonello ha fatto un terrribile sforzo per farci capire perché in itagliano bisogna dire: prova di addestramento o Addestramento al posto di Dressage per indicare la competizione di dressage... appunto.

Ebbene, mettete in moto gugl con la parola dressage e vedete cosa viene fuori, perfino la fise così si pronuncia: Federazione Italiana Sport Equestri - Dressage.
Poi mettete: addestramento, ci trovate di tutto, dai cani, ai militari, alle arti marziali, ai conigli, di cavalli fino alla pag 7 (mi son fermato) non se ne parla, tantomeno di "dressage".

Purtroppo, non si può andare controcorrente se non per sollazzo personale... masiii mettiamoci piaffo e spasseggio e pallottata ma senza insistere troppo, perché altrimenti si rischia di essere pedanti.

Io - ad esempio - so perfettamente di esser pedante quando ripeto: si dice governo del cavallo non gestione del lallo, bah !
Ormai la traduzione sbagliata di management si è imposta... cosa ci possiamo fare?

Nelle mie traduzioni da igniorante, per puro sollazzo - ogni tanto - rendo dressage con maneggio: lemma bello ed elegante e perfettamente calzante del quale  i franzose - come al solito - si appropriarono ai tempi del Pluvinello, infatti ecco il primo significato di manege in un antico ditionario:

Le Littré (1880)

MANÉGE (s. m.)[ma-nè-j' ; on prononce ainsi, malgré l'accent aigu que met l'Académie]
1. Exercice qu'on fait faire au cheval pour le dresser. Cheval de manége.
Art de dompter, de discipliner, d'instruire les chevaux.
Toutes les connaissances relatives au cheval.
Manége de guerre, se dit d'un galop inégal pendant lequel le cheval change aisément de main. Manége par haut, manière de dresser les sauteurs, par courbettes, par croupades, etc. qui s'appellent airs relevés.

Sarebbe belllissimo che in Itaglia si dicesse - usando un perfetto italiano - Prova di Maneggio  per indicare il Dressage alle Olimpiadi, ma il solo penzarlo è pura utopia.

Dalla mia solita3cani:

maneggiare: In equitazione, addestrare i cavalli alle varie andature o alle arie di alta scuola.

maneggio:
a. In equitazione, insieme di esercizî con cui si addestra un cavallo alle varie andature o alle arie di alta scuola: scuola di m.; cavallo di (o da) maneggio.
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

#368
Detto questo e per gli stessi motivi il dresseur francese è ovviamente l'addestratore italiano. Per l'Autore il dresseur è anche colui che lavora il cavallo alla corda, a mano, tra i pilieri, in italiano addestratore. Secondo i dressagisti il cavaliere è addestratore quando lavora un cavallo sportivo? Diventa invece dresseur (titolo di nobiltà equestre per i provinciali italiani) ovvero «dressagista» (peggio: brutto e ridicolo neologismo, che si sente dire e che si legge, purtroppo, sempre più spesso), quando lavora un cavallo per l'equitazione accademica o per l'equitazione che dal 1929 si pratica in un rettangolo davanti a una giuria? La realtà: il cavaliere che addestra è sempre e soltanto semplicemente addestratore e tale rimane, quale che siano il lavoro che esegue e l'attività equestre che pratica. E' dresseur in Francia, addestratore in Italia, sia in sella sia lavori alla corda o alla mano, così come il libro ha descritto. E' sufficiente leggere il testo francese per accertarlo. Il tedesco Reiner Klimke, che ha preso parte al concorso completo di equitazione dell'Olimpiade di Roma 1960 e che è diventato lo specialista ancora oggi con il maggior numero di medaglie nei concorsi di addestramento, non era addestratore nel completo e diventava dresseur o «dressagista», nell'addestramento per la prova nel rettangolo. Era sempre e soltanto un addestratore, lo stesso identico cavaliere, che addestrasse il cavallo per il concorso completo o per una presentazione nel rettangolo di gara.

Il ragionamento di Angioni non fa una piega se non per il fatto che - in Itaglia - non esistono veri addestratori ma una marea di istruttori zompazompa - gambegambe; si è persa, meglio, si è lasciata/si è snobbata/si è sacrificata la tradizione del dressage sull'altare del caprillismo e dell'equitatione naturale; se una ragassa mi dicesse: voglio fare dressage ad alto livello, le direi: trasferisciti una diecina d'anni in Germania o in Olanda, poi si vedrà.

In 80anni, mai una squadra di dressage itagliana è stata presentata a livello olimpico, e si grida al "miracolo" perché una ragassa itagliana arriva ultima nella finale olimpica delle Prova di Maneggio a Londra.

Non ci conzola il fatto che quelli uestern fanno addestramento anche perché i loro addestratori - credo - si chiamino trainers.
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

A riprova di quanto sopra leggete questo periodo:

... Il tedesco Reiner Klimke, che ha preso parte al concorso completo di equitazione dell'Olimpiade di Roma 1960 e che è diventato lo specialista ancora oggi con il maggior numero di medaglie nei concorsi di addestramento...

bene, anche se ignoro tante cose, conosco perfettamente Klimke, ma rimango un cicinin interdetto quando leggo: lo specialista ancora oggi con il maggior numero di medaglie nei concorsi di addestramento...ma cosa sono i concorsi di addestramento? Una "invenzione" di Angioni.

Il dressage è nato con questo nome tal quale: tennis, basket, polo, rugby, volley, baseball, cricket ecc. ecc. questi sport o giuochi sono conosciuti universalmente coi loro nomi di origine, alcuni possono avere una denominazione/una traduzione itagliana altri no: basket - pallacanestro; volley - pallavolo...OK ma tennis? Rugby? Baseball?

Durante il fascismo (io aborro il fascismo, ma per qualcuno fu un epoca di "splendore") si tentò una itaglianizzazione di tutti i lemmi e nomi e cognomi stranieri con risultati ridicoli: il cachet divenne cialdino; il bar - mescita; cocktail - bevanda arlecchina; whisky - acquavite; Rascel - Rascele: Osiris - Osiri... ma ecco per il vostro sollazzo un copiaincolla sull'argomento:
Alcool – alcole
Bouvette – mescita
Boy-scout – giovane esploratore
Buffet – rinfresco o tavola fredda
Champagne – sciampagna
Cognac – arzente
Cotillons – cotiglioni
Croissant – bomboloni
Flirt – amoretto
Gangster – malfattore
Garage – rimessa
Garçonnièr – giovanottiera
Ouverture – overtura
Papillon – cravattino
Parquet – tassellato
Pied-à-terre – fuggicasa
Plaid – scialle da viaggio
Playboy – vitaiolo
Pullman – torpedone o autocorriera
Pullover – maglione o farsetto
Sandwich – tramezzino
Smoking – giacchetta da sera
Soubrette – brillante
Tennis – pallacorda
WC – sciacquone
Whisky – acquavite o spirito d'avena
Zar o zarina – cesare o cesarina
Buenos Aires – Buonaria
Churchill – Ciorcil
Louis Armstrong – Luigi Braccioforte
Washington – Vosintone (!!!!!!!)

Come sappiamo il tentativo fallì miseramente sul nascere ma - oggi - assistiamo al fenomeno opposto, adottiamo a passo di carica qualsiasi ***ta straniera pur avendo dei perfetti corrispettivi itagliani: question taim, spendingreviù, cekin, gossip, luk, nius, sciopping...

Il simpatico tentatvo di Angioni è destinato a fallire, anche se fosse imposto per legge Prova di Addestramento, la ggente continuerà a dire Dressage... scommettiamo?
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

#370
Questo erroneo significato della parola risale all'inizio del Novecento, al momento cioè dell'affermazione del «Sistema naturale di equitazione», quando i «puristi» caprilliani la usarono in senso dispregiativo, per differenziare nettamente l'addestramento (dressage) secondo i principi e i procedimenti del lavoro di scuola, dall'addestramento secondo i sani principi e i semplici procedimenti del sistema naturale e per rimarcare l'inutilità dei principi del dressage, troppo complicati in confronto a quelli dell'addestramento dell'equitazione secondo il Sistema naturale.

Questa è una vera chicca!

Quel madornale errore di nascita - rimarcare l'inutilità dei principi del dressage, troppo complicati in confronto a quelli dell'addestramento dell'equitazione secondo il Sistema naturale - è la causa principale della assoluta marginalità dell'Italia negli sport equestri e spiega mirabilmente perché - in Itaglia - il dressage è stato ignorato/è ignorato, perché - in Itaglia - l'Equitazione Accademica non è praticata da oltre 100anni, perché - in Itaglia - la cultura equestre classica è sepolta da cumuli di polvere.

Il gentile Colonnello ci mostra la stanza del delitto ma "dimentica" di fare i nomi degli assassini.


... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

milla

Interessante.
Non ce l'ho fatta a leggere tutto il maloppo ma la teoria sull'erroneo significato della parola è del Colonnello o di altri ?

raffaele de martinis

Credo sia farina del sacco del Colonnello, Angioni ha fatto uno sforzo immane per dire che dressage in itagliano si traduce con addestramento.

Come che sia il Dressage si chiama così a livello internazionale tal quale: tennis, ping pong, golf, whirpool ecc. ecc.

Bisogna che il Nostro se ne faccia una ragione, la terminologia del Dressage - benché copiata dell'italiano antico - è francese ed è riconosciuta e usata a livello mondiale:  punto.

Se si parla di equitazione classica (che non è dressage) allora i termini italiani antigui - che nella pratica si sono estinti/li hanno fatti estinguere - ci stanno tutti, ma a quel punto non si può usare "addestramento" - parola nata nel novecento - ma "maneggio", termine usato antiguamente dai franzosi: maneige lemma arcaico che sta per manege che - come al solito - deriva dall'italiano maneggio... non per niente Pluvinello nomò il suo tomo: Maneige Royal ma nella versione del 1625 apparve sotto altro titolo: L'instruction du Roy en l'exercice de Monter a cheval di Messere Antoine de Pluvinell.

Repetita juvat:

Le Littré (1880)

MANÉGE (s. m.)[ma-nè-j' ; on prononce ainsi, malgré l'accent aigu que met l'Académie]
1. Exercice qu'on fait faire au cheval pour le dresser. Cheval de manége.
Art de dompter, de discipliner, d'instruire les chevaux.
Toutes les connaissances relatives au cheval.
Manége de guerre, se dit d'un galop inégal pendant lequel le cheval change aisément de main. Manége par haut, manière de dresser les sauteurs, par courbettes, par croupades, etc. qui s'appellent airs relevés.


... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

raffaele de martinis

#373
Il gentile Angioni cerca di fare una operazione di recupero nazionalpatriotticocavallino, bisogna dirgli che il linguaggio segue la cultura, e non vice e versa, gli esempi sono millanta.

Quello più calzante è la cultura musicale sviluppatasi in Italia presso e a poco allo stesso tempo del Grisone e - al contrario dell'arte equestre - coltivata fino ai giorni nostri, pertanto - in tutto il mondo -  si usano, in ambiente musicale, le itaglianissime parole: opera, orchestra, minuetto, allegro, andante, contrappunto, sinfonia. piano, sonata ecc. ecc. o la versione storpiata di queste.

Troppo tardi Colonnello, se i francesi avessero adottato il repellone chiamandolo repellon  :icon_eek: la parola - nella versione franzosa - sarebbe sopravvissuta, invece è morta e sepolta in itagliano come in franzose come tantissime altre della traditione equestre itagliana: chiappone, stroppa, ginetto, mezzafregna, zagarella...

Basterebbe fare questa prova: dite piaffer ad un cavagliere medio itagliano, è assai probabile che indichi il movimento che anticamente si chiamava piaffo (passo a piè fermo), e poi ditegli: far ciambella certamente - se non ha una conoscenza classica - rimarra interdetto... assai interdetto!
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...

max

A me un tizio aveva chiesto se quello che avevo era uno di quei cavalli che facevano il Fiapper...
Quel pochissimo che sapete vi impedisce di capire quel moltissimo che non conoscete.