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Caprilli.

Aperto da raffaele de martinis, Novembre 04, 2021, 04:25:47 AM

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raffaele de martinis

Se avete letto i primi capitoli di "Un Officier", avrete capito che l'equitazione in Francia aveva, nel IXX secolo, solide basi e ancor più solida organizzazione.
Malgrado La "Bella Equitazione" fosse nata in Italia, e i  grandi cavallerizzi italiani siano stati i maestri dei maestri francesi, per ragioni storico politiche - nel "Bel Paese" - non si riuscì mai a "creare una vera e propria scuola nè una dinastia di istruttori" malgrado che nel 1823, Carlo Felice fondasse a Venaria Reale una scuola di equitazione trasferita poi a Pinerolo.
Nei fatti "mancava un'unità di indirizzo, si seguivano alcune regole o, peggio, alcune "mode" senza formare un nucleo di maestri capaci di tramandare i principi di una scuola e uno stile."

In questa situazione - nel 1867 -  fu chiamato a dirigere quella scuola Cesare Paderni, un civile che fu equiparato al grado di capitano e poi di maggiore pur non indossando mai la divisa.
Era un ottimo cavallerizzo della vecchia scuola e - in quel contesto - fu maestro di Caprilli... lasciamo per un momento da parte i fatti di casa nostra e -  sempre seguendo Luigi Gianoli - torniamo in Europa.

Lo sport preferito della nobiltà europea era la caccia..."dove gli ufficiali - che seguivano le rigide regole della vecchia scuola sul salto - dovevano amaramente rendersi conto che i borghesi li superavano
in rendimento passando con più scioltezza staccionate e fossati...insomma cadevano di meno.
Tuttavia si accreditavano enormità come quella del capitano Hayes, forse il più seguito in materia equestre in Inghilterra de XIX secolo, che ci lascia sgomenti:  Le barre debbono essere incallite in modo da poter sostenere - senza risentire - la mano e il peso del cavaliere, sentenza da inorridire.
In Francia si diceva che l'equitazioene è l'artedi regolare e dirigere le forze muscolari del cavallo.
Definizioni abbastanza indicative per comprendere il valore dell'intuizione di Caprilli, che portò ad una rottura netta e clamorosa con la tradizione aristocratica, militare e cavalleresca.

I francesi furono piuttosto ostili a Caprilli e al suo metodo, forse risentiti per non essere arrivati per primi alle estreme conseguenze dell'evoluzione equestre che essi avevano iniziato col "filer" e ricordavano che  d'Aure avesse teorizzato la rivoluzione caprilliana molti anni prima: il cavallo in campagna va utilizzato come natura l'ha fatto,  scontrandoisi anch'egli - all'epoca - coi rigidi assertori della "scuola".

Probabilmente, i francesi sarebbero arrivati alle stesse conclusioni di Caprilli, ma ci voleva tempo: - erano militari...ricordate che L'Hotte, per introdurre il trotto leggero all'inglese dovette aspettare alcuni decenni, prendere i gradi da generale e diventare direttore della Scuola di Cavalleria per imporlo alla cavalleria francese?

Comunque, anche quando il "sistema" - tramite la "variante" Danloux - fu accettato anche in Francia, le polemiche tra i puristi italiani e gli "eretici" francesi continuarono a lungo.

In Italia, i militari erano ancora più ottusi e conservatori di quelli francesi, "il Paderni venne esonerato nel 1892 non perché si fosse constatato l'inefficienza del suo sistema, ma per l'ostilità degli ufficiali superiori indignati che la guardia si dovesse schierare al passaggio di un borghese quale era il maestro, nonché per altre piccolezze formali", inoltre, la società civile italiana non produsse cavallerizzi  "rivoluzionari" quali furono - in Francia - Baucher e d'Aure.

Caprilli in 9 anni di traversie:  si spaccò varie vertebre e costole,  sopportò critiche feroci, stupidi boicottaggi e vergognosi attacchi personali sopratutto da parte delle alte cariche militari, prima di riuscire ad imporre il suo "sistema".

Suo acerrimo nemico fu il Cadorna che già allora mostrava la sua inettitudine e la sua ristrettezza mentale (di essere un emerito glande) che lo porterà - in seguito - alla disfatta di Caporetto frutto sopratutto degli errori tattici, strategici e psicologici suoi e del suo Stato Maggiore.
Ma lasciamo perdere quel "testicolone" di Cadorna e vediamo cosa scrive Gianoli:
In verità si potrebbe dedurre che la rivoluzione caprilliana sia sorta proprio da noi per l'ottusità delle nostre scuole militari e di chi le comandava, per l'inefficenza dei nostri cavalieri e l'arretratezza  dell'equitazione italiana durante tutto l'Ottocento, mentre in Francia il deprecato Baucher nel 1870 arriva ad insegnare: - "Lasciate il cavallo, lungo la parabola del salto, libero di disporre la testa, l'incollatura e le sue leve come natura indica".
Ma tale straordnaria intuizione non potè svilupparsi a dovere in un mondo estremamente chiuso e arcaicizzante.


Ma cosa ha
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...