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Il «Sistema naturale di equitazione»

Aperto da Col. Paolo Angioni, Giugno 26, 2012, 10:50:55 PM

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Col. Paolo Angioni

Il capitano Federico Caprilli e il Sistema Naturale di Equitazione

  Racconto la vicenda di un cavaliere militare italiano, Federico Caprilli, toscano, che, trentenne, alla fine dell'Ottocento, ideò e mise a punto un sistema di equitazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo. Dopo di lui nessuno pensò, scrisse e disse che il cavallo non potesse saltare da sé, d'iniziativa, come ancora si pensava e si scriveva nell'Ottocento. Nessuno andò a saltare pensando di alzare l'anteriore del cavallo, con il busto rovesciato indietro o verticale, immaginando di mantenere in equilibrio con le redini il cavallo, affinché non cadesse in avanti. Dopo di lui il cavallo, per essere addestrato, non fu obbligato ai difficili e spesso dolorosi esercizi dell'equitazione di scuola di allora, spesso male interpretata e  mal messa in pratica, non venne sottoposto a un addestramento molto spinto in maneggio per essere reso capace di andare in campagna, come si credeva, ma venne lasciato libero nel suo equilibrio naturale, nel suo atteggiamento naturale, con il bilanciere (testa-collo) libero di muoversi secondo le leggi della natura, un cavallo  finalmente affidato al suo istinto di conservazione, obbediente alle semplici indicazioni degli aiuti del cavaliere: gambe per avanzare e accelerare, mani per dirigere, rallentare e fermare.  Il cavaliere si adatta al cavallo, anziché pretendere la sua completa sottomissione, come esigeva l'equitazione di scuola del tempo. Questa, in sintesi, quella che è stata definita una rivoluzione.

    Pare che oggi si stia insegnando, almeno in Italia, a tornare al passato: a equilibrare e ad alleggerire con le redini e il busto che torna verticale o si rovescia indietro, natiche ben aderenti alla sella, per "mettere la battua giusta" regolando il numero e la lunghezza delle falcate. Il che equivale, per la massa, a tirare sulla bocca del cavallo, appoggiando le mani sul collo davanti al garrese, eliminando così «la ceduta», inventta da Caprilli per lasciare libera la bocca. Basta osservare un istruttore, specializzato nel salto ostacoli, mentre insegna.

   Una breve storia lunga circa quattromila cinquecento anni.

   L'equitazione, intesa come montare sul dorso di un cavallo, in Italia, come in Europa e in Asia, è sempre esistita da quando l'uomo ha addomesticato il cavallo. L'addomesticamento del cavallo dovrebbe essere avvenuto circa 4500 anni fa ad opera di pastori che abitavano l'attuale Ucraina (Europa orientale). Sono i giacimenti scoperti a Dereivka, in cui sono stati rinvenuti resti ossei di cavalli datati con il carbonio (radioattività residua) sepolti insieme a manufatti, come per esempio un morso in corno di cervo, a rivelare la data (approssimativa, ovviamente). La lenta trasmigrazione di tribù e di popolazioni, poiché non esisteva altro mezzo di comunicazione se non la vista, l'esempio diretto imitato o la parola, ha diffuso l'uso del montare a cavallo in tutta l'Europa, Italia compresa.

     Ma un conto è montare sul dorso di un cavallo e farsi trasportare più o meno velocemente, obbedendo al solo istinto e imitando la pratica già acquisita da altri, un conto è elaborare mentalmente un modo di montare e di addestrare sempre più razionalmente il cavallo.

   Lasciando da parte gli unici trattati equestri giunti completi sino a noi dall'antichità, l'Ipparchikòs (Il comandante della cavalleria) e il Perì ippichés (Intorno all'equitazione) di Senofonte (scritti circa 400 anni prima di Cristo), il fatto sopra citato, elaborare con il pensiero il modo di montare a cavallo e di addestrare il cavallo, è avvenuto per la prima volta in Italia, nel Cinquecento, XVI secolo, in quel periodo che ha preso il nome di Rinascimento. Nella seconda metà del Cinquecento sono stati infatti pubblicati i libri che hanno influenzato la pratica dell'equitazione in tutta l'Europa.

   In Italia, per la precisione a Napoli, venne aperta la prima accademia di equitazione al mondo a opera di un cavaliere, definito dai suoi allievi, e in particolare da uno dei più celebri, il francese Antoine de Pluvinel, che aveva lavorato con lui a Napoli per sette anni, «il più eccellente uomo di cavalli che sia mai esistito nel nostro secolo e prima»: Giovan Battista Pignatelli, di una illustre famiglia napoletana. Molto probabilmente Pignatelli divenne primo cavallerizzo di un'accademia che avevano fondato i cavalieri bizantini, fuggiti da Costantinopoli quando cadde in mano ai Turchi nel 1453.

   Tutti i famosi cavalieri di quel tempo appartenevano a famiglie aristocratiche, perché soltanto persone appartenenti a ricche famiglie potevano permettersi il lusso di dedicarsi professionalmente al mestiere di cavaliere, mantenere cavalli, scuderie, servitù e allievi. Bisogna tenere conto che in quel tempo l'equitazione non era uno sport, ma un'attività molto più seria, il cui primo scopo era la difesa di se stessi, del territorio, della città, del signore, del principe, del re, del vescovo, anche del papa. Quindi lo scopo era l'impiego del cavallo in combattimento e negli esercizi che, in tempo di pace, simulavano il combattimento e tenevano in allenamento cavallo e cavaliere: le giostre, i tornei, i caroselli, e poi i duelli. Un'attività in cui l'errore portava per lo più alla morte o a gravi ferite. Sbagliare, perdere voleva dire per lo più morire.

   Per questo motivo i cavalli dovevano essere di mole, per reggere gli urti e a loro volta urtare l'avversario e sfondare facendo massa le linee nemiche, cavalli rispondenti e perfettamente obbedienti agli aiuti (gambe e mani) del cavaliere. Erano cavalli più pesanti di quelli attuali, più lenti, più freddi. Dovevano imparare a combattere anch'essi per attaccare e per difendersi. Per questo fatto esclusivamente militare nacquero quelli che verranno poi chiamati «salti di scuola»: corvetta, sgroppata, capriola, nominati così per la prima volta dai cavalieri italiani, che allora si chiamavano cavallerizzi, titolo che nobilitava. E così pure le piroette (dietro front intorno alle anche, ovvero ai posteriori), per far fronte rapidamente al nemico, e le appoggiate per avvicinarlo o scansarlo lateralmente. Da cui imboccature e speroni che ci impressionano e ci inducono a ritenerli crudeli. Ma erano i mezzi indispensabili al tipo di cavallo e non strumenti di volontaria tortura. Il cavaliere indossava l'armatura, che lo allontanava dal cavallo. Il cavallo arabo non aveva ancora insanguato il cavallo europeo, non gli aveva ancora dato leggerezza di peso, nevrilità, prontezza e agilità. L'insanguamento avvenne poco per volta e iniziò, in Italia, proprio quando gli Spagnoli, che avevano già cavalli incrociari con l'arabo (la penisola iberica fu occupata dagli Arabi nel 711, conquista di Toledo, che vi avevano portati i loro cavalli ), occuparono  Napoli nel 1503.

   Nella seconda metà del Cinquecento vengono dati alle stampe i primi e i più famosi libri di equitazione ai quali si fa risalire la nascita dell'equitazione accademica, libri che fanno il vanto dell'Italia nel mondo equestre.

   Federico Grisone, gentiluomo napoletano, è scritto così sul frontespizio del libro, pubblica nel 1550 a Napoli Gli ordini di cavalcare. E' il primo libro al mondo che tratti solo di equitazione. Cesare Fiaschi, gentiluomo ferrarese, pubblica nel 1556 a Bologna un Trattato dell'imbrigliare, maneggiare, et ferrare cavalli.  Questi due primi libri avranno decine di ristampe e saranno tradotti quasi subito in francese, in tedesco, in spagnolo e in inglese.  Messer Claudio Corte di Pavia pubblica nel 1562 a Venezia Il cavallarizzo. L'illustrissimo signor Pasqual Caracciolo pubblica a Venezia nel 1566 La gloria del cavallo. Ottaviano Siliceo, gentiluomo ***no (***, cittadina - non si può scrivere il nome che è considerato una parolaccia, che è lo stesso della Guerra di Tr... - a 22 km da Foggia), pubblica a Orvieto nel 1598 Scuola de' cavalieri. E mi fermo al Cinquecento.   

      Questi cavalieri-autori sono letterati, conoscono il greco, il latino, li traducono in italiano personalmente, conoscono la letteratura classica italiana, latina e greca, la storia, la filosofia, la mitologia, la matematica, la musica, le scienze allora conosciute, hanno nozioni di veterinaria, quella primitiva del tempo. Sono il tipico esempio del cortigiano, l'uomo descritto da Baldassarre Castiglione (ne Il libro del Cortigiano, 1513-1518), che serve il suo signore e che ha educato il suo corpo e il suo spirito per servire meglio. Claudio Corte dichiara nel suo libro di aver perso la salute a causa degli studi compiuti e al fatto di aver dovuto trascurare il montare a cavallo e di aver riacquistato la salute proprio rimettendosi a lavorare in sella. 

    Molta acqua passerà sotto i ponti dell'equitazione. In circa trecento anni si perfezionerà un genere di equitazione, che oggi si chiama accademica, che servirà per addestrare cavalieri e cavalli alla guerra.

   Ma con le mutate condizioni del combattimento e della battaglia a seguito dell'introduzione delle armi da fuoco, scomparsi le armature, l'ordine chiuso, il reparto di cavalleria che fa massa e serve per sfondare e travolgere, sono la velocità e la maneggevolezza che prendono il sopravvento. Di conseguenza l'addestramento dei cavalli.

   I cavalieri con i loro cavalli devono percorrere la campagna il più velocemente possibile, superare agevolmente le asperità del terreno e gli ostacoli naturali che interrompono la loro avanzata, riunirsi in frotta e separarsi rapidamente per sfuggire all'osservazione nemica e per sottrarsi al fuoco nemico.

    Le regole dell'equitazione di scuola, che vogliono soprattutto il cavallo riunito e in un equilibrio sulle anche (sui posteriori, «anche» è la definizione classica), non servono più. L'equitazione istintiva, prerogativa un tempo dei popoli nomadi, definiti barbari, dimostra tutta la sua efficacia nei confronti di una equitazione fatta di rigide regole e di formalismi. L'equitazione dei popoli nomadi lascia il cavallo nel suo equilibrio naturale (orizzontale) affidandosi completamente al suo eccezionale istinto. Più l'equilibrio del cavallo è naturale, orizzontale (né sulle anche né sulle spalle), più le falcate di galoppo sono lunghe e radenti, perciò più il galoppo è veloce. Da cui la dizione «radere il tappeto» come fa il cavallo da corsa sulla pista d'erba.

    Un giovane ufficiale di cavalleria, il primo al mondo, nota da subito con un acuto spirito di osservazione il grande contrasto esistente tra la teoria dei maestri e la pratica dell'equitazione in campagna, all'aperto, in grandi spazi, dove il cavallo è tenuto a produrre la massima velocità. Riesce, in quasi vent'anni di attività, ad adeguare l'insegnamento alla pratica quotidiana sul terreno. Inizia una battaglia personale, nel rispetto della disciplina militare e della gerarchia, con l'autorità che vede di malocchio ogni innovazione che arrivi dal basso. Riesce a dimostrare l'efficacia delle sue idee con i risultati conseguiti in sella e nell'istruzione degli uomini che gli sono affidati e realizza il miracolo, questo il segreto del suo successo,  di far accettare e regolamentare per tutto un esercito la sua innovazione.

    Quando Caprilli nasce, la penisola è unificata nel Regno d'Italia da sette anni soltanto (1861). Torino è la capitale del Regno. La capitale verrà spostata prima a Firenze (1865), poi definitivamente a Roma nel 1870, quando finirà il potere temporale della Chiesa.

La vita di Federico Caprilli

   Tutte le notizie sono tratte dal libro dell'unico biografo di Caprilli, il capitano Carlo Giubbilei (1872-1959), ufficiale di cavalleria compagno di Caprilli, di quattro anni più giovane, che dopo la prematura morte di Caprilli scrisse sedici articoli sulla Rivista di Cavalleria, raccolti nel libro intitolato Caprilli: vita e scritti, pubblicato nel 1911 a Roma.  E' un erore scrivere, com'è stato scritto, che il libro fu pubblicato nel 1909, perché contiene notizie risalenti al 1910. Com'è errato scrivere che prima è stato pubblicato il libro poi gli articoli, tratti dal libro. Il primo articolo di Giubbilei è stato pubblicato dalla «Rivista di Cavalleria» nel numero del 1° febbraio 1909. Tutte le citazioni virgolettate sono tratte dal libro di Giubbilei.

  Federigo (così si firmava) Caprilli nasce a Livorno alle cinque del mattino dell'8 aprile 1868 nel popolo di Santi Jacopo in Acquaviva, nella via del Passeggio, nella casa paterna.

    Non intendo ripercorrere i trentanove anni di vita di Caprilli. Desidero elencare le date più importanti della sua vita di cavaliere al fine di mettere in risalto il processo che lo ha portato a intuire con straordinaria lucidità fatti prima di lui mai pensati e poi a elaborare e a definire quello che sarà poi chiamato il «Sistema Naturale di Equitazione».


1881 – ottobre. A 13 anni entra nel Collegio Militare di Firenze. Inizia così la sua formazione militare.

1884 – a Roma, a 16 anni, monta per la prima volta nella casa paterna sul dorso di un cavallo, Bertone,  il cavallo da carrozza del padre, e cade per la prima volta.
       
1886 – a 18 anni entra nell'Accademia militare di Modena. Inizia la vita militare. Con difficoltà viene assegnato in cavalleria, sebbene sia stato giudicato di fisico non felicemente tagliato per l'equitazione. E' infatti «un po' lungo di vita, con le gambe in conseguenza piuttosto corte rispetto al busto». E' alto m 1.83.

1888 - a 20 anni termina l'Accademia. Riporta il giudizio: «Mediocre in equitazione».

1888 – agosto. Viene assegnato, sottotenente, al reggimento di cavalleria Piemonte Reale a Saluzzo (Torino).

1888 – autunno. Ha 20 anni. Monta a cavallo da poco più di due anni. Inizia il corso di sottotenente allievo alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo  «con due bei cavalli sauri». Inciso: montare a cavallo per un ufficiale di cavalleria era come, per un militare che oggi venga inviato nella motorizzazione, guidare l'automobile. Tutti gli ufficiali, i sottufficiali, i graduati, i militari di truppa montano a cavallo, compreso il cappellano, il medico, il veterinario, l'infermiere, il maniscalco, il cuoco. Tutti. Perché il cavallo è il mezzo che consente all'uomo di andare il più velocemente sul terreno. Quando Caprilli arriva a Pinerolo, Cesare Paderni è da undici anni direttore di equitazione. Ha cinquantacinque anni. Rimarrà ancora a Pinerolo per altri cinque anni. Poi gli verrà dato il benservito e lascerà la Scuola.
           
Cesare Paderni merita un breve inciso, perché è una figura importante nella formazione equestre di Caprilli.
               
Prima dell'unità d'Italia (1861), il piccolo Regno di Sardegna, capitale Torino, aveva una Regia Scuola Militare di Equitazione a Venaria Reale, a una decina di chilometri dal centro di Torino, fondata nel 1823 dal re Carlo Felice, con un quadro permanente costituito da quattordici uomini, con dodici allievi e trentasei cavalli. Una piccola scuola rispondente alle esigenze del piccolo esercito. Nel 1949 la scuola viene trasferita a Pinerolo con il nome di Scuola Militare di Cavalleria sia per motivi di spazio, di terreni necessari per l'istruzione e l'addestramento dei reparti di cavalleria, sia per motivi disciplinari, perché la vicinanza di Venaria con Torino, «costituiva, specialmente per la gioventù, un centro di attrazione pericolosa».  Pinerolo distava e dista da Torino una trentina di chilometri, e, a metà Ottocento, trenta chilometri non erano pochi e si percorrevano lentamente. La ferrovia univa Pinerolo a Torino.

Il problema che si pone subito per le autorità militari è trovare il cavallerizzo capo, colui che poi verrà chiamato il «direttore di equitazione», il garante dell'ortodossia e della uniformità dell'insegnamento, un cavaliere competente e autorevole, capace di formare cavalieri e cavalli militari. Dal 1825 il primo cavallerizzo capo fu un germanico del Mecklemburgo, il maestro Otto Wagner. Gli succedono il capitano Lemaire (1845 – 1848),  il capitano Cosimo Bombara (1850 – 1860), di nuovo il maestro Wagner (1860 – 1861), di nuovo il maggiore Bombara (1861 – 1865), il capitano Giuseppe Baralis (1865 – 1885), il maestro Cesare Paderni (1867 – 1893). Viene scelto Cesare Paderni perché ha la nomea di essere un provetto cavaliere di campagna e di avere un brevetto della Scuola Spagnola di Vienna, fatto che tranquillizza i conservatori equestri.
                 
Si tenga conto che mentre si costituisce e inizia a funzionare la Scuola, l'Italia combatte le  guerre d'indipendenza per raggiungere l'unità istituzionale della penisola (divisa in otto Stati indipendenti), guerre iniziate nel marzo del 1848, quando il Piemonte dichiara guerra all'Austria che occupa il Lombardo-Veneto. Le alterne vicende delle battaglie hanno influenza sull'organizzazione dell'esercito e soprattutto della cavalleria che ne era l'arma veloce e risolutiva. Le guerre si vincevano con la cavalleria.
   
Caprilli viene istruito a Pinerolo secondo i procedimenti fissati dal regolamento allora in vigore, cioè secondo i precetti del lavoro di scuola, contenuti nel Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della cavalleria (4 tomi), Torino 1861, il primo regolamento nazionale, pubblicato nell'anno dell'unità d'Italia. A Pinerolo non è permesso montare a cavallo fuori dalle ore di servizio. Le ore di servizio non erano quelle di oggi, cioè quaranta settimanali. Erano dall'alba al tramonto. La classifica finale di Caprilli è «mediocre».

1889 – autunno. A 21 anni, terminato il corso, con quel giudizio assai poco esaltante, torna con i suoi due cavalli nel Reggimento Piemonte Reale a Saluzzo.

Al reggimento può lavorare per conto proprio. Il suo squadrone è distaccato ad Asti. Compra a Torino dal commerciante Enea Gallina (nella stessa scuderia dove diciassette anni dopo troverà la morte) per un prezzo allora modesto, 500 lire, il cavallo Sfacciato, un cavallo tanto sulla difesa da non voler  uscire dal cortile della scuderia. Poco tempo dopo, durante un'uscita in campagna con lo squadrone, salta un fosso «di soli due metri», trasgredendo l'ordine del suo capitano. Il fatto desta una certa impressione. Allora l'equitazione «era contenuta nelle sue prove entro ben modesti limiti». Scrive Giubbilei: «Data da quel tempo, dall'acquisto di Sfacciato e dall'ottimo risultato ottenuto lavorandolo, il convincimento nell'animo di Federico Caprilli di poter contribuire, applicandosi instancabilmente a provare e riprovare, al progresso dell'equitazione».  (Si badi: «al progresso dell'equitazione», non dello sport equestre e si ricordi specialmente l'età di Caprilli, ventuno anni).

1890 – promosso tenente a 22 anni.

1890 – aprile. Segue un corso di tiro e lavori di zappatore alla Scuola centrale di Parma. Che non è una punizione, come qualcuno ha scritto, ma il completamento della formazione militare. Ha con sé i suoi tre cavalli. Nelle ore di libertà (che, si ricordi, erano quelle dell'alba e dopo la cena) montava i suoi tre cavalli «esercitandoli sugli ostacoli». Con Sfacciato saltava «le sciabole tese orizzontalmente con il braccio [dai colleghi] per formare una barriera» e «gli enormi sieponi che circondavano il giardino della Scuola di tiro».

1890 – ottobre. Ha 22 anni. Torna prima allo squadrone distaccato ad Asti, piccola città a una cinquantina di chilometri da Torino, poi con lo squadrone a Saluzzo, altra piccola città nelle vicinanze di Torino, sede del Reggimento Piemonte Reale.

1891 – frequenta il Corso magistrale di un anno a Pinerolo, alla Scuola di Cavalleria. «Magistrale» è il corso per diventare istruttore di equitazione e per acquisire il titolo. I suoi rapporti con il maestro Cesare Paderni sono quelli di un fedele e convinto allievo. Lo scrive lo stesso Caprilli a chiare lettere. E' classificato secondo su dieci ufficiali idonei. Esprime il rammarico di non esser stato primo.

1891- 24 ottobre. Ha 23 anni. Inizia i tre mesi di corso di perfezionamento in equitazione di campagna a Tor di Quinto (periferia nord di Roma) sotto la guida del capitano marchese di Roccagiovine, proprietario del terreno sul quale sorgerà l'ippodromo, terreno che regala alla Scuola di Cavalleria.  Durante il corso Caprilli «cominciò ad avere convinti ammiratori, che ne conobbero ed apprezzarono le preziose ed eccezionali qualità». Importante considerazione del suo biografo: «Talvolta i buonissimi cavalli della Scuola e i suoi sembravano disgustarsi dopo numerosi salti ed egli si chiedeva nell'attenta osservazione ragionando, se oltre alla fatica non ci potesse essere qualche altra causa che faceva scartare o piantare anche i destrieri migliori. Se una ragione esisteva, all'infuori della stanchezza, bisognava eliminarla e perciò l'equitazione dovea modificarsi». Ecco l'intuizione: doveva modificarsi, non perfezionarsi. Mentre, fino ad allora, tutti i grandi maestri del passato non avevano fatto altro che perfezionare, raffinare, inventare nuovi procedimenti più efficaci, nuovi movimenti di ginnastica, nuovi sistemi per abbreviare l'istruzione del cavaliere e l'addestramento del cavallo, sempre rigorosamente nel solco dell'insegnamento dell'equitazione di scuola. L'intuizione di Caprilli marca per la prima volta una frattura nel corso dello sviluppo dell'equitazione nel mondo: l'equitazione, ben inteso quella militare, deve modificarsi.

1891 – 28 febbraio, a 23 anni, Caprilli rientra al Reggimento Piemonte Reale che, nel frattempo, è stato trasferito a Torino. «L'esercizio del salto lo conduceva ogni giorno a farsi ammirare dai compagni, superando sopra l'intrepido Sfacciato o con altri cavalli le dure ed alte barriere [fisse, N.d.R.], che cingono i maneggi scoperti nei cortili della caserma di cavalleria». In via delle Zecca, oggi via Verdi. Monta fino a quattordici cavalli al giorno.

1891 –  A  Torino partecipa alle cacce, ai primi concorsi ippici (oggi chiamati concorsi di salto ostacoli) con i suoi cavalli e con i cavalli che i colleghi gli chiedevano di montare. La sua straordinaria fibra gli concede di sobbarcarsi a un lavoro straordinario e di montare i cavalli «i più diversi l'un dopo l'altro e da questa fatica trarre il sommo vantaggio di migliorare sempre più la sua abilità». «Egli andava allargando le sue cognizioni al riguardo e accumulava un materiale grezzo di esperienze, dal quale avrebbe poi sbozzato e tornito un sistema nuovo». Si esercita anche alla scuola di tiro e diventa un ottimo driver. «Le prove di Caprilli in questo periodo cominciavano a indirizzarlo verso la concezione del bisogno di quel metodo di equitazione naturale». «I concorsi ippici in quel tempo erano si può dire in fasce in Italia. Consistevano in prove di salti in elevazione e in estensione, fatte entro spazi limitati, ove le andature non avevano modo di svilupparsi». Caprilli, che per quindici anni fu il trionfatore indiscusso dei concorsi, fu anche artefice della loro trasformazione.

1892 – 3 maggio. Caprilli ha 24 anni. Corre la prima corsa ostacoli in ippodromo. Monterà in corsa  trentatré volte con ventiquattro cavalli di sua proprietà, vincendo diciotto corse e piazzandosi (tra i primi quattro) in undici. Fa correre i suoi cavalli (con altri cavalieri) ventinove volte, ottenendo nove vittorie e diciotto piazzamenti.

1894 – ottobre. Caprilli ha 26 anni. E' comandato istruttore alla Scuola di Cavalleria nella sede di Tor di Quinto (Roma).

1895 – marzo. E' assegnato alla Scuola di Cavalleria a Pinerolo come istruttore.

1896 – gennaio. Caprilli ha 27 anni. Per punizione, per una faccenda privata, viene trasferito nella sede più lontana da Pinerolo che allora esistesse, a Nola (Napoli), dove ha sede il Reggimento Lancieri di Milano. A Nola il «Sistema» viene messo a punto. «Caprilli aveva compreso, al pari di altri ufficiali, che il sistema di equitazione praticato sin da quando egli faceva parte dell'Arma di cavalleria era pieno di difficoltà nelle applicazioni pratiche e nel tempo istesso inadatto a dar buoni frutti, anche se ben insegnato ed appreso». «Al reggimento Milano fiorì quello che oggi è abituale».

1898 – autunno. Caprilli ha 30 anni. Il «Sistema» è praticamente definito. «Caprilli ebbe in quel tempo come allievo-caporale il volontario Bianchetti, giovane torinese studente in legge». Caprilli «lo trattenne sovente a sera, nelle ore del pasto frugale fatto in quartiere, a conversare di equitazione e di cavalli». E' stato detto che Bianchetti abbia aiutato Caprilli a redigere gli articoli scritti per la «Rivista di Cavalleria». E' una supposizione. Il biografo non fa alcun accenno al fatto, neppure tra le righe.

1900 – Concorso Ippico Internazionale di Parigi. Caprilli, non autorizzato dal Ministero, va in incognito e lavora i cavalli che saranno montati in gara (di elevazione e di estensione) dal capitano conte Giangiorgio Trissino, un ufficiale di cavalleria che si trovava «in aspettativa» a Parigi. Da questo episodio nasce la leggenda che in realtà sia stato Caprilli in persona a montare. E' certo che non è vero. Caprilli, scrive Giubbilei (pag. 67): «gioì di questa [vittoria] e fu grato a Trissino di averlo così degnamente sostituito».

1901 – gennaio-febbraio (Caprilli ha 32 anni), la «Rivista di Cavalleria» pubblica nei numeri 1 e 2  il primo scritto di Caprilli, Per l'equitazione di campagna. E' il manifesto nel quale il geniale innovatore  condensa le sue idee rivoluzionarie in tema di equitazione militare, di insegnamento, di addestramento, di impiego del cavallo verso e sul salto. Nella storia dell'equitazione non è mai stato pubblicato alcunché di così innovativo rispetto alla pratica corrente. Tutto è nuovo, mai detto prima con tanta chiarezza e con tanta determinazione.
           
Da questo articolo deriva la bozza del nuovo Regolamento di esercizi per la cavalleria,  pubblicata nel 1901, redatta non da Caprilli in persona, ma da anonimi ufficiali dell'Ispettorato generale di cavalleria del Ministero della Guerra.

Se pensiamo che Caprilli:
           
• inizia a montare regolarmente a diciotto anni, nel 1886, quando entra in Accademia, inquadrato in un sistema scolastico rigido, protetto da un regolamento di disciplina che non lasciava libertà all'iniziativa del singolo, in una istituzione che per natura è conservatrice e gelosa delle proprie tradizioni e di quelle che sono le proprie regole, in cui è permesso fare solo ciò che il regolamento prescrive;

• ha i primi pensieri critici sul modo di insegnare l'equitazione in cavalleria a partire dal 1889, ventunenne;

• non ha altri insegnanti nell'aiutarlo a  pensare un nuovo modo di intendere l'equitazione se non se stesso;

• opera in un ambiente in cui non v'è alcunché di positivamente stimolante se non la visione del modo contrario alle sue idee di andare di cavalli e cavalieri;

• ha, a parte una ridotta schiera di fedeli allievi e amici, più critici, non di rado sarcastici, che fautori, soprattutto nelle alte sfere della gerarchia militare;

• non può avvalersi per formarsi dal punto di vista teorico di una biblioteca contenente le opere più recenti che trattano della locomozione del cavallo (la parte che avrebbe costituito una base certa per le sue osservazioni e le conseguenti innovazioni); non ha a disposizione la cinepresa, che già funziona, per esempio, in Francia,

• dichiara: «E' mia cattiva abitudine di leggere poco» (lettera al collega De Margherita del febbraio del 1905),

possiamo concludere che la sua innovazione, compiuta nelle condizioni disagiate, in parte elencate sopra, avviene in un periodo di dodici anni, dodici anni di duro e assiduo lavoro, inizialmente concluso dalla stesura dell'articolo Per l'equitazione di campagna e dalla pubblicazione delle menzionate bozze del nuovo regolamento.

1901 – aprile. Sulla «Rivista di Cavalleria» è pubblicato il secondo scritto di Caprilli, intitolato Due altre parole sull'equitazione di campagna, con il quale Caprilli risponde agli appunti del capitano Varini espressi in un precedente articolo, apparso sempre sulla «Rivista», e fa «una sobria confutazione delle critiche».

1901 – vengono pubblicate le bozze del tomo I del nuovo Regolamento di esercizi per la cavalleria, che tiene parzialmente conto delle innovazioni introdotte da Caprilli con lo scritto Per l'equitazione di campagna. Caprilli è critico nei confronti di questo nuovo regolamento.

1901 – secondo semestre, Caprilli è promosso capitano in Genova cavalleria. Ha 32 anni.

1902 – febbraio. La «Rivista di Cavalleria» pubblica il terzo articolo di Caprilli, Sul nuovo Regolamento d'equitazione, scritto nel dicembre del 1901.

1902 – marzo, Caprilli non ha ancora 33 anni, scrive il quarto articolo per la «Rivista di Cavalleria» intitolato Una replica, nel quale spicca una frase che è un eloquente programma: «Onorare ciò che hanno fatto gli altri è nobilissimo sentimento, ma è altrettanto doveroso far qualcosa anche noi e farlo per un utile fine».

1902 – inizio. Ha il comando del 2° squadrone del Reggimento Genova Cavalleria, distaccato a Gallarate Sempione. Sperimenta e mette a punto i procedimenti di istruzione e di addestramento. A Gallarate ha luogo la preparazione al Concorso Ippico Internazionale di Torino. La preparazione è così descritta da un osservatore: «Si montava allora a cavallo alle cinque del mattino, e quando noi ufficiali andavamo una buona mezz'ora prima al buttasella», cioè alle ... quattro e mezza, «vedevamo il nostro capitano già in sella nella piazza d'armi che stava provando i cavalli sugli ostacoli.».

1902 - giugno, Caprilli ha 34 anni, ha luogo il Concorso ippico internazionale di Torino. E' la presentazione ufficiale del «Sistema» in pubblico. Al Concorso partecipano centoquattordici cavalieri di sei nazioni: «12 austriaci, 3 belgi, 12 francesi, 13 germanici, 12 russi e 62 italiani». I cavalieri italiani non vincono che una gara, la gara di estensione con Caprilli e la stampa è molto critica nei loro confronti e nei confronti del nuovo modo di montare.

1902 – giugno-settembre. «[...] tediato dai commenti della stampa sui risultati del Concorso ippico di Torino [...] scrisse un lungo articolo per la «Rivista di Cavalleria» [intitolato Osservazioni sul Concorso Ippico Internazionale di Torino. N.d.R.]. Ma non sembrò allora troppo opportuna la pubblicazione dello scritto, perché il suo contenuto avrebbe sollevato risentimenti, che era meglio evitare, ed il lavoro non vide la luce. Ora, dopo otto anni, ne fo la postuma pubblicazione [...]». L'articolo è ricchissimo di osservazioni anche di carattere storico e fissa i periodi attraverso i quali è passata l'evoluzione della monta sull'ostacolo.

1904 – 17 marzo, Caprilli ha 36 anni, viene trasferito alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo con la funzione di  istruttore. Vi giunge ai primi di aprile.

1904 – aprile. Invito dell'ambasciatore francese in Italia per una visita di una commissione della Scuola di Cavalleria di Pinerolo alla Scuola di Cavalleria di Saumur (Francia). Una settimana prima della partenza Caprilli ha un incidente. A Pinerolo, in sella a Ghiaia, Caprilli sbatte la spalla destra contro il tronco di un albero. Si lussa la spalla e si frattura la clavicola. Parte ugualmente, con il braccio al collo. A Saumur monta un cavallo difficile con le redini tenute nella sola mano sinistra e dà un saggio della sua abilità sugli ostacoli. Non scrive una parola dell'equitazione accademica del Cadre Noir. E' interessato solo dagli esercizi militari: «l'inseguimento del fantoccio a cavallo col maneggio delle armi, il foot-ball, il giuoco della rosa, ecc.».

1905 – ottobre. Caprilli ha 37 anni. Inizia la direzione del primo corso di sette ufficiali esteri (3 Bulgari, 3 Argentini, 1 Svedese), cui si aggiungono cinque tenenti italiani, tra cui Giubbilei, il futuro biografo di Caprilli. Questo è il primo risultato delle innovazioni di Caprilli nell'istruzione del cavaliere e nell'addestramento del cavallo che incominciano a diffondersi in Europa e oltre oceano.

1905 - ottobre, è nominato direttore di equitazione a Pinerolo.

1905 – autunno. Scrive un opuscolo senza titolo sulle finalità del concorso ippico, pubblicato postumo da Giubbilei, Il concorso ippico in genere dovrebbe mirare: 1. Ad invogliare e migliorare la produzione del cavallo italiano e la importazione di buoni cavalli esteri da servizio e da caccia. 2. A tenere viva la passione per il cavallo ed a mettere in onore la buona equitazione utile e pratica. Queste parole ricorrono spesso negli scritti di Caprilli. «La buona equitazione utile e pratica» è l'equitazione del Sistema, intesa come equitazione militare e sportiva.

1906 – inverno. Consegna a Giubbilei diversi foglietti di carta su cui ha annotato alcuni pensieri sulla equitazione naturale, decifrati (aveva una grafia infame), trascritti, numerati da 1 a 49,  e pubblicati da Giubbilei nel 1911.

1907 –  Scrive l'articolo Campionato del cavallo militare, pubblicato sulla «Rivista di Cavalleria» nel luglio dello stesso anno.

1907 – estate. «Ebbe l'oscuro presagio della  non lontana sua fine ... Già nel maggio di quell'anno, al ritorno da Tor di Quinto, un pomeriggio, montando poco dopo la colazione la sua cavalla Itala nella cavallerizza del quartiere principale della scuola, ebbe un principio di svenimento, che poco mancò non fosse causa di una caduta improvvisa».

1907 – 12 agosto. Scrive il suo testamento.

1907 – giovedì 5 dicembre: incidente che provocherà la morte. Prova un cavallo presso il commerciante Enea Gallina a Torino in via Morosini. Sono le cinque del pomeriggio. E' quasi buio. Il terreno è coperto di neve. Esce dalla scuderia per andare nella Piazza d'Armi. Dopo pochi metri, all'incrocio con via Montevecchio, il cavalier Gallina lo vede barcollare in sella. Caprilli perde l'equilibrio, cade e sbatte violentemente la testa al suolo. Viene ricoverato privo di conoscenza nella casa di Gallina.

1907 – venerdì 6 dicembre, tra le sette e le otto del mattino, ha «una scossa violenta, dopo la quale s'irrigidì, arrovesciando gli occhi. Era spento». Caprilli aveva 39 anni.

1907 – domenica 8 dicembre. Il trasporto della salma viene fatto con un modesto carro funebre seguito,  per volontà di Caprilli, soltanto dal fratello Vezio.


*****

   La riforma del metodo d'insegnamento applicato alla recluta di cavalleria (cavaliere principiante obbligato a montare)  e del metodo d'addestramento del cavallo resa necessaria dalla contrazione (da quattro a due anni) del periodo di servizio militare obbligatorio  e resa inoltre necessaria dall'evoluzione delle modalità di combattimento avvenuta sul campo di battaglia (uso delle armi da fuoco a tiro rapido), ha prodotto una semplificazione sia del metodo di insegnamento, sia di quello di addestramento del cavallo.

    Le esigenze diventano due.

     Per il cavaliere:

equilibrio in sella sulle staffe più corte che in passato («giusta staffatura»), abolizione del lavoro senza staffe (perché, senza staffe, il cavaliere è in equilibrio sulle natiche e non sulle staffe), per liberare da ogni ostacolo (mano sulla bocca e pressione delle natiche sulla paletta della sella e quindi sulle "reni" del cavallo) il bilanciere testa-collo e l'agente propulsore, il motore, materializzato con una sola parola dalle "reni" (che è un termine inesatto dal punto di vista scientifico, ma che si è sempre usato. Sarebbe meglio dire «tratto dorso-lombare»).

      Per il cavallo:

rispondenza agli aiuti delle gambe per farlo avanzare e delle redini per dirigerlo e regolare la velocità fino alla fermata. Niente di più. Quindi rispondenza ad aiuti elementari che non richiedono alcuna modificazione dell'atteggiamento generale del corpo del cavallo, soprattutto dell'incollatura. Niente piego diretto, flessioni laterali, riunione, andature artificiali. In breve: tutto quello che si oppone alla distensione, l'unica attitudine che agevola le andature radenti e veloci.

   Scrive Caprilli: «Quando si adoprano le mani per far girare e trattenere il cavallo, e le gambe per farlo avanzare e infondergli risolutezza e decisione, basta!».

   L'aver liberato i due agenti di forza del cavallo e posto in primo piano l'equilibrio del cavaliere in sella, con il conseguente piegamento del busto in avanti e l'avanzamento delle braccia (la cosiddetta «ceduta») per seguire la distensione dell'incollatura che avviene nel cavallo in libertà che salta, tanto più montato, perché ha anche un peso e un ingombro sulla schiena, rendono agevole il superamento degli ostacoli per qualsiasi cavaliere e anche per un modesto cavallo, ciò che dà un forte incremento alla pratica del salto.

   Aver ridotto all'essenziale il ruolo del cavaliere, che deve limitarsi a dirigere le forze del cavallo, senza intervenire direttamente sulla loro natura e sulla loro entità, dà la massima autonomia all'istinto del cavallo e lo sollecita al massimo grado. Il cavaliere deve affidarsi all'istinto del cavallo, facendo il possibile per responsabilizzarlo.

    Chi firma questo articolo è un cavaliere italiano, che ha iniziato a montare con maestri formati secondo il «Sistema naturale di equitazione» e che ha visto montare grandi cavalieri secondo quel Sistema. Può essere considerato partigiano. Allora si affida al giudizio di uno storico francese, che certamente non si può accusare di partigianeria. E' noto che i Francesi non hanno inviato un solo loro cavaliere alla Scuola di cavalleria di Pinerolo, come hanno invece fatto quasi tutti gli eserciti europei e del continente americano. Tra il 1900 e il 1938, con cinque anni d'interruzione a causa della prima guerra mondiale, 141 cavalieri di trentatré nazioni estere (ventitré nazioni europee, otto nazioni americane, più la Persia  e il Giappone) hanno frequentato i corsi presso la Scuola di cavalleria, sia a Pinerolo, sia a Tor di Quinto. Non il Portogallo, non il Belgio, non il Lussemburgo, non l'Irlanda. La Svezia ha inviato il maggior numero di cavalieri, quindici. I Francesi, che hanno rivendicato, e rivendicano tuttora, la loro via all'equitazione sportiva, precedente o alternativa, certamente non dipendente da quella italiana, trent'anni dopo l'evoluzione prodotta da Caprilli hanno adottato ufficialmente la monta in avanti. Siamo alla fine degli anni Venti. Il colonnello Danloux, allora scudiero (écuyer) capo del Cadre Noir (il corpo di istruttori militari di equitazione francesi vestiti di nero), il direttore di equitazione, colui che è responsabile dell'ortodossia e della regolarità dell'insegnamento, tra il 1929 e 1933, servendosi di un buon cavaliere italiano, ufficiale di cavalleria, che in quegli anni era in congedo in Francia, Alessandro Alvisi (1887-1951), mise a punto quella che venne poi chiamata la monta Danloux, che non era altro che il modo di montare degli italiani con un assetto leggermente modificato: aderenza del polpaccio e non del ginocchio e piede introdotto non completamente nella staffa, ma solo per il primo terzo. 

   Ebbene il giudizio dello storico francese, che si chiama André Monteilhet (Histoire de l'équitation, Paris 1971), è il seguente:

    «Morto in piena azione a trentanove anni, avendo nondimeno visto il suo metodo adottato dall'esercito del suo paese, avendone presentito la diffusione all'estero, Federico Caprilli ha avuto il tempo di ricoprire nell'equitazione di campagna (ostacoli e terreno vario) un ruolo di rivoluzionario che ha eguagliato, per la sua ampiezza tecnica e che ha superato per le adozioni che ha avuto, il ruolo che La Guérinière poi Baucher avevano ricoperto un tempo nell'equitazione di maneggio. Il suo nuovo assetto ha letteralmente sconvolto la pratica del salto di ostacoli e l'accorto superamento delle peggiori asperità del terreno, così come la lezione della spalla in dentro nel XVIII secolo e quella delle flessioni della mascella nel XIX secolo avevano migliorato la morbidezza (o la ginnastica) del cavallo».

    Qual è oggi l'eredità lasciata da Caprilli, oltre il seguire nella traiettoria del salto  la distensione dell'incollatura del cavallo con il piegamento in avanti del busto e l'avanzamento delle mani?

    In Italia, patria dell'inventore del Sistema Naturale di Equitazione, la Federazione Italiana Sport Equestri ha pubblicato in bozza nel 1997 un Testo-guida per la formazione degli istruttori di equitazione. I quattro redattori hanno scritto nella prefazione che il testo è «la sintesi corale» dei libri elencati nella bibliografia. Nella bibliografia sono elencati 51 testi: 41 di autori esteri, 10 di autori italiani. Tra i  10 autori italiani non c'è il nome di Federico Caprilli.

Precisazione.

Siccome è stato scritto (da Lami, Gennero, Caponetti, ecc.) che il libro del capitano Giubbilei è stato pubblicato nel 1909 e siccome nella ristampa anastatica pubblicata nel 1976 dalle L.L.Lami Edizioni Equestri è scritto nel risvolto del frontespizio «Edizione anastatica dell'edizione del 1909 (Roma)» ed è stato anche scritto che dal libro sono poi stati tratti gli articoli (Gennero-Bergero), ecco l'elenco delle date degli articoli sulla vita e sugli scritti di Caprilli pubblicati dalla «Rivista di Cavalleri» a firma del capitano Giubbilei che hanno poi costituito il libro:

1° - febbraio 1909; 2° - aprile 1909; 3° - giugno 1909; 4°  - settembre 1909; 5° - ottobre 1909; 6° - novenbre 1909; 7° - gennaio 1910; 8° - marzo 1910; 9° - giugno 1910; 10° - luglio 1910;  11° - ottobre 1910; 12° - dicembre 1910; 13° - febbraio 1911; 14° - maggio 1911; 15° luglio 1911; 16° - settembre 1911.

Il primo articolo della «Rivista» inizia con le parole: «Federico Caprilli nacque a Livorno nell'aprile 1868», pag.10 del libro. Il 16° articolo si conclude con le parole:  «Nessuna ombra ne sfiori il ricordo imperituro o sacro ai cavalieri». Sono le stesse parole con cui si chiude il libro a pag. 290.

A pag.287 il libro di Giubbilei dà la seguente notizia: «La grandiosa cavallerizza nuova costrutta a Pinerolo ed inuguratasi nel 1910, la più spaziosa d'Italia, si ebbe il nome di cavallerizza Federico Caprilli [...]». Potrebbe un libro pubblicato nel 1909 dare una notizia del 1910?




DivinityOfDarkness

#1
Signori miei, devo ringraziare pubblicamente il Colonello per averci donato un articolo che definire tale è riduttivo.
E' una chicca, un concentrato storico di indubbio valore..

GRAZIE!
Dove ci sono i cavalli... c'è la cacca.

alex

La ringrazio anch'io, come lei sa (tutto è cominciato con un suo suggerimento proprio in questo forum) sto girovagando nel mondo di Rivista di Cavalleria, il cui volume I è del 1898, e queste notizie mi sono di grande utilità per inquadrare quello in cui mi imbatto.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

klystron

Come sempre...grazie.
Quanto scrive e' sempre utile e prezioso, e spero davvero che ognuno di quanti leggono qui, provi, nel suo piccolo, a imparare e diffondere quello che si sta perdendo...ma non disperiamo.

bambolik

>Grazie da una appassionata vera.
Continui Colonnello a "chiarificare" forse non dissiperemo il nostro genio come spesso è accaduto per insipienza .
G.
"Non è mai tempo perso quello trascorso a cavallo"(Winston Churchill).

Col. Paolo Angioni

Caro Alex, il primo numero della Rivista di Cavalleria è del 1886. Vado a leggerla al Museo dell'Arma di Cavalleria a Pinerolo. E' la più ricca miniera equestre che io conosca. Metterla a disposizione per chiunque, come lei ha iniziato a fare, è la pià preziosa opera di divulgazione del secondo Rinascimento italiano, dopo il primo del Cinquecento (Grisone, Fiaschi, Corte). Grazie.

alex

#6
Ero stato informato della prima serie 1886; mi risulta che è stato uno "stop and go" e che nel 1898 parte invece la serie definitiva, pubblicata poi senza interruzioni, con una nuova numerazione dei volumi (infatti quello del 1898 è il "Volume I").

Purtroppo credo che non esistano sul web scansioni della prima serie, e sperando che in un modo o nell'altro si trovi la maniera di scansionare i volumi esistenti, non saprei indicare una priorità fra le due scelte: se scansionare per primi i volumi mancanti della serie che parte dal 1898, o cominciare invece dai volumi della serie 1886.

Di certo, l'una o l'altra delle due iniziative (meglio entrambe....) sarebbe un bel progetto per l'Associazione dell'Arma di Cavalleria, e in generale per chi ha a cuore la storia della Cavalleria e dell'equitazione italiana. In teoria, produrre le scansioni richiede attrezzature minime (uno scanner) ma molto "tempo-uomo"; il costo dipende essenzialmente da quest'ultimo fattore e l'apporto di volontari motivati e diligenti, non necessariamente esperti di informatica,  potrebbe ridurlo drasticamente.

Prodotte buone scansioni, tutto il resto potrebbe esser fatto praticamente senza spese.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

bambolik

Alex porei offrirmi come operatrice di scanner, ho un mezzo datato ma ancora di qualità in quando all'università mi occupavo di graphic design. Ma sono a Modena e momentaneamente con un solo braccio, cosa che non mi limiterebbe molto nell'opera di digitalizzazione ma solo nel raggiungere l'ufficio non potendo guidare. mi faccia sapere in privato se e come è fattibile. Mi farebbe estremamente piacere contribuire.
Cordialmente.
Gabriella
"Non è mai tempo perso quello trascorso a cavallo"(Winston Churchill).

Col. Paolo Angioni

Naturalmente mi impegno a contribuire, anche totalmente, al costo per la pubblicazione. Ritengo infatti che sia troppo importante avere a disposizione quel prezioso materiale.

bambolik

Caro Colonnello io sono gratis...con tempi un po lenti ma gratis ci mancherebbe. Mi basta una copia digitale e/o stampata. Faremi sapere. i mie contatti il Col. Angioni li conosce.
In attesa.
G.
"Non è mai tempo perso quello trascorso a cavallo"(Winston Churchill).

alex

Vedo che l'iniziativa potrebbe concretizzarsi, e forse tutta in modo volontario e... pressochè gratuito, cosa che di questi tempi rende possibile quello che sembra impossibile!  :horse-smile:

Apro qui un'altra discussione più "operativa", in cui spiegherò un po' i vari passaggi necessari per digitalizzare completamente un'opera stampata, per quanto ne so io; spero che chiunque ne sa di più integri/corregga. Nella roadmap, terrò particolarmente conto dei dettagli che possono interessare a eventuali volontari.

Il titolo: "Come digitalizzare e pubblicare sul web un testo stampato"
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

bambolik

Benissimo, puo mettere il collegamento a questa sezione. Sono piuttosto esperta in tale settore asnche se ho mezzi un po vecchi. Posso ripulire da eventuali sporcature abche ma non ho programmi ocr. Attendo.
G
"Non è mai tempo perso quello trascorso a cavallo"(Winston Churchill).

alex

Intanto che i volumi di "Rivista di Cavalleria" ancora non presenti sul web attendono di essere scannerizzati, ricordo che esistono già disponibili alcuni volumi, elencati e ripubblicati anche nel sito dell'Arma di Cavalleria, dal Volume I del 1808 al Volume XXI del 1908:

http://www.assocavalleria.eu/rivista-di-cavalleria-miltimediale.html

La serie è incompleta, nasce da un'iniziativa di scansione di Google su copie conservate in bilbioteche straniere (americane, almeno per quello che riguarda i primi volumi che sto scorrendo). Manca poco per ottenere la serie completa del periodo che copre  sia gli scritti di Caprilli, che di Giubbilei.

Chissà... forse non è un'impresa impossibile, completare la serie.

Per un colpo di fortuna, sia primo il volume  1901, da gennaio a giugno (primi 2 articoli di Caprilli) che il volume da gennaio a giugno 1902 (terzo e quarto) sono fra quelli già pubblicati.

gennaio-giugno 1901: http://www.assocavalleria.eu/biblioteca_digitale/riv_cav/1901/gennaio%201901.pdf
gennaio-giugno 1902: http://www.assocavalleria.eu/biblioteca_digitale/riv_cav/1902/gennaio%201902.pdf

Non li ho ancora sfogliati, nè ho ancora sfogliato le copie esistenti su Internet Archive, dove, invece dei pesanti pdf, le stesse opere sono anche consultabili con un comodo visualizzatore onine. Appena ho modo di  farlo, cercherò gli indirizzi precisi delle pagine in cui gli articoli di Caprilli iniziano.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

Col. Paolo Angioni

Se può essere utile, ho ritrovato un appunto risalente a una decina di anni fa. Non garantisco l'esattezza.

Il primo articolo, "Per l'equitazione di campagna", è nel volume XXIV, gennaio-febbraio 1901, fascicolo X, pag. 384.

Il secondo articolo, " Due altre parole sull'equitazione di campagna", è nel volume XXIV, maggio 1901, fascicolo XI, a pag. 496.

Il terzo articolo, "Sul nuovo Regolamento di equitazione" è nel vol. XXIV, febbraio 1902, a pag. 501.

Il quarto articolo, "Una replica", è nel vol. XXIV, marzo 1902, a pag. 512-526.

Il quinto articolo, "Osservazioni sul Concorso ippico internazionale di Torino (1902)", è nel vol. XXV, fascicolo VI, 1910, a pag. 671.

L'opuscolo, "Il concorso ippico in genere dovrebbe mirare:", è nel vol. XXVII, fascicolo 5 (maggio 1911), a pag. 188.

I 49 scritti, decifrati, trascritti e numerati da Giubbilei sono nel vol. XXVII (maggio 1911) da pag. 509 a pag. 529.

L'articolo "Campionato del cavallo militare" è nel volume del 1911/II a pag. 49 (anno X, vol.XX ?)

alex

Verifico. Per gli articoli presenti su Internet Archive, il "lettore online" dovrebbe consentire arrivare esattamente su una pagina specifica.... e infatti, siamo molto fortunati: i primi quattro scritti di Caprilli non solo sono online, ma sono direttamente raggiungibili e perfettamente visualizzabili con il visualizzatore del magnifico sito!

Per l'equitazione di campagna è pubblicato in due pezzi, link prima parte e link seconda parte.

Due altre parole sull'equitazione di campagna è a questo link.

Sul nuovo Regolamento di equitazione è a questo link

Una replica è a questo link.

Naturalmente, scorrendo l'indice della rivista, si notano altri articoli collegati di altri autori, che discutono le novità; e suppongo che dal 1901 in poi, non vi sia volume che non contenga qualcosa sull'argomento. Purtroppo non è ancora online il secondo volume del 1902, e quindi manca l'indice dell'annata. L'indice completo della rivista, per il 1901, è fortunatamente disponibile, a questo link.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.