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Un Ufficiale di cavalleria. Capitolo IIX

Aperto da raffaele de martinis, Febbraio 14, 2013, 01:49:05 PM

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raffaele de martinis

CAPITOLO VIII
Baucher: il ritratto - il carattere - la posizione a cavallo - le sue giornate.  Equitazione e politica. - I suoi consigli:  coincisi ed appropriati. - Il perfetto cavallerizzo. - Obiettivo costante: la leggerezza. - La diversità dei metodi. - Cosa accomuna le scoperte del Maestro. - La loro progressione. - La loro messa in  pratica nel 1849. - Descrizione del cavallo "baucherizzato" o "alla Baucher" di quel periodo.



Incontrai Baucher per la prima volta a Lione, e fu là che mi dette le sue prime lezioni di equitazione.
L' attendibilità delle mie considerazioni su  Baucher  è garantita,  oltre che dalla mia memoria , soprattutto dai miei appunti  dove sono riportati e commentati i precetti che - giorno dopo giorno - ho appreso dalla viva voce del grande Maestro.

Queste note sono numerose e le userò opportunamente  man mano che andrò avanti nella stesura di questo libro; cominciai a prendere appunti dal primo giorno del nostro incontro e - salvo una interruzione della quale parlerò a suo tempo - continuai a farlo fino al giorno della sua morte, 14 Marzo del 1873...aveva 77 anni.

Questi miei preziosissimi quaderni hanno per me un valore inestimabile, perchè
Baucher aveva , in ambito equestre , un sapere senza limiti  e - generosamente - mi ha dato la possibilità di attingere a piene mani dal suo tesoro di conoscenze.

Molti particolari del nostro rapporto sono strettamente personali:  mi permetto di renderli pubblici data la celebrità del personaggio.
Mi piace credere che potranno interessare  agli uomini di cavalli decisi a  conservare il culto della sua memoria, e ai giovani che desiderino affrontare e capire i suoi scritti.

Quando conobbi Baucher avevo ventiquattro anni e  lui  trenta più di me: dunque aveva cinquantaquattro anni, ma ne dimostrava dieci di meno.
Baucher era di corporatura media, aveva il torace molto sviluppato e le gambe leggermente arcuate.

Sottolineo tale dettaglio perché si crede che questa particolare conformazione delle gambe sia un dato anatomico particolarmente favorevole all'esercizio dell' 'equitazione.
In realtà non é molto importante: quel che conta  è che le cosce non siano troppo rotonde e carnose.
Il conte d'Aure, ben lungi dall'avere le gambe arcuate, addirittura, aveva le ginocchia valghe, le ginocchia a X:  tuttavia era dotato di una potente tenuta di gambe, una delle migliori che abbia mai visto.

Quello che colpiva maggiormente di Baucher era il volto.
Il suo sguardo dimostrava perspicacia, dote che certamente possedeva e della quale mi dette ripetutamente dimostrazione;  in particolare, aveva l'abitudine di guardare i suoi interlocutori di sottecchi, un po' come un pittore che voglia fissare nella mente una fisionomia.

La testa era ben sviluppata e ben modellata; il naso importante ma dalla
forma gradevole. Lo zigomo della guancia destra era segnato da una cicatrice, ricordo del calcio di un cavallo.

La sua espressione generale era quella del pensatore, infatti era completamente assorbito dall'equitazione :  Baucher portava sul viso i segni delle  meditazioni che, quando decise di pubblicare il suo metodo, lo occuparono al punto tale da diventare quasi una monomania.

In quel periodo portava sempre con sè una penna ed un taccuino per appuntare - ovunque si trovasse - quella parola particolare  che da tempo cercava e che all'improvviso gli nasceva nella mente.

La sua straordinaria intelligenza e la precisione dei suoi giudizi ne avrebbero fatto un personaggio importante qualunque fosse stato l'indirizzo   dato alle sue qualità.

Come dimostrano alcuni  suoi scritti la sua logica, così penetrante, spesso sconfinava nella filosofia.
In privato, considerava il metodo di insegnamento in uso contrario allo  sviluppo della personalità dei cavalieri  e si attribuiva, come maggior merito, il fatto di aver affrontato l'equitazione mettendo da parte qualsiasi preconcetto.

Detestava le convenzioni mondane:  ricordava sorridendo che uno dei membri di una commissione chiamata a giudicare il suo metodo  gli aveva votato contro perché - su invito del presidente di quel consesso - si era permesso di sedersi davanti agli esaminatori.

In generale, estremizzava l'importanza della sua opera e il valore delle sue scoperte, ritenendo
che non fossero stimate secondo i loro meriti; tuttavia aveva fiducia che in futuro il suo genio sarebbe stato riconosciuto.

Nel 1849, quando l'ottava edizione del suo metodo fu esaurita, ne rimandò la ristampa per fare aumentare la richiesta; questo al fine di richiamare l'attenzione di quella opinione pubblica che intimamente disprezzava.


Violentemente attaccato dai suoi avversari, dimenticato o rinnegato da parte di alcuni cavalieri che aveva istruito, si riteneva perseguitato dall'intera società, che accusava di disinteresse e di ingratitudine.

Tuttavia,  se è vero che  ebbe degli implacabili detrattori, e se è altrettanto vero che alcuni dei suoi allievi - ingrati - lo abbandonarono, nessun caposcuola ebbe più prestigio di lui  e - malgrado tutto - era seguito da una schiera di ferventi ammiratori, era circondato da un cerchio magico di amici devoti e formò una pleiade di discepoli entusiasti.

Peraltro, la devozione che lo circondava era più che meritata:  i cavalieri senza pregiudizi non potevano far altro che ammirare il suo gran talento, mentre   coloro che avevano    la possibilità di conoscerlo personalmente erano attratti dal suo entusiasmo sincero e dalla forza della passione che lo animava

Per contro,  il suo carattere ombroso e la sua suscettibilità spesso prendevano il sopravvento, sfociando in veri e propri attacchi di misantropia che lo portavano a esprimersi con parole veramente amare.

"Cosa vuole che faccia? Gestire un maneggio ?? Si va in rovina!
Prima di tutto bisogna esser in grado di mantenersi.
Io ci riesco facendo il buffone, vivo coi saltinbanchi e i pagliacci, mi esibisco per dieci soldi !"
Nota 2)

A quel tempo Baucher girava col circo Soullier.
Incassava un terzo delle entrate e partecipava ad un terzo delle spese.
In precedenza era al circo di Parigi: guadagnava circa 18 000 franchi per la stagione, oltre al mantenimento di sei cavalli.

Aveva anche qualche migliaio di franchi di rendita:  in caso di incidente, era in grado di sostentarsi.
In seguito, l'I'imperatore gli concesse una pensione di 2 400 franchi.
A proposito di questa pensione, Baucher ricordava che un giorno il re Luigi Filippo lo fece venire al castello di Neuilly, dove montò tre cavalli in presenza della famiglia reale:   dopo questa esibizione, il generale Rumigny gli lo portò, da parte del Re, 500 franchi, che egli - fin troppo signorilmente - rifiutò. Nota 3)

La sua suscettibilità, la sua permalosità aumentavano nella misura in cui la sua fama cresceva ; a tal proposito mi disse: "Il successo non  fa la felicità. Una volta bastava che leggessi qualche riga di elogio su un giornale perché mi sentissi appagato, oggi, i complimenti mi lasciano indifferente, l'adulazione mi irrita fortemente ma mi inca**o come una iena alla minima critica".

La sua vita fu delle più laboriose. Era in sella all'alba ad addestrare i suoi cavalli e fino alle 8 del mattino non voleva spettatori : queste erano le ore più  felici della sua giornata. Il lavoro proseguiva fino alle undici con l'allenamento dei cavalli già confermati, poi smontava e faceva una pausa durante la quale  – mentre sorbiva una tazza di cioccolato - osservava montare un'amazzone o un cavaliere che avevano meritato questo privilegio.

Alle tre. dava lezioni agli allievi iscritti ai suoi corsi.
Essi dovevano essere già cavalieri provetti per trarre profitto dai suoi insegnamenti , non si dedicava ai novellini.
Ogni corso durava sei settimane, e serviva soltanto ad iniziare i cavalieri al suo metodo.

Le sue serate, quando non era impegnato al circo, erano dedicate allo studio.

Baucher non era per niente un uomo di spettacolo.
Montava alla stessa maniera, sia la mattina in piena solitudine che la sera
durante le sue esibizioni davanti al numeroso pubblico pagante: teneva la testa bassa in atteggiamento concentrato e non si curava delle critiche che venivano fatte alla sua posizione. Nota

Lo si accusava per esempio di non scendere  abbastanza nell'inforcatura, di avere le reni ingobbite e gli veniva anche rimproverato di effettuare i cambiamenti di galoppo accentuando troppo lo spostamento di assetto.
Ma la principale critica che gli era rivolta riguardava il fatto di portare le gambe troppo indietro:  in seguito cambiò  quella posizione, più avanti ne spiegherò i motivi.

Comunque, anche riguardo all'epoca che sto trattando (1849), questa critica non è stata sempre giustificata, su  Partisan, per esempio, l'ho visto montare  con le gambe piazzate in maniera irreprensibile.

Incurante della forma, quando appariva in pubblico, salutava di mala grazia.

Laurent Franconi - ottimo cavallerizzo e grande uomo di spettacolo - che  salutava in maniera magistrale, lo riproverava ricordandogli che lui: quando si  scopriva il capo , mostrava sempre la fodera del suo cappello.

A questo proposito, Laurent Franconi elaborò e spiegò al Maestro  tutta una teoria sulla maniera del ben salutare all'inizio e alla fine degli spettacoli, anche se devo dire che  Baucher non trasse gran profitto da quelle lezioni e continuò imperterrito a stracatafottersene del pubblico pagante .

Questo ci riporta all'epoca in cui i due grandi cavallerizzi avevano organizzato assieme delle feste equestri a Tivoli, poco tempo prima che Baucher entrasse nel circo di Parigi.

Baucher faceva volentieri delle similitudini tra l'equitazione e le differenti situazioni di vita. Così che, durante un incontro con il signor Thiers, applicò alla politica uno dei suoi grandi principi:  "Si deve ottenere l'equilibrio senza alterare il movimento; d'altra parte il movimento, nella sua azione, non deve portare alcun danno all'equilibrio."

In un'altra occasione,  a Bordeaux,   tra i suoi allievi si trovarono alcuni membri
di due partiti politici avversari tra loro. Per cercare di metterli d'accordo, prese il cavallo come esempio e, assimilando l'anteriore alla classe dirigente e il posteriore alle altre classi, disse: "il cavallo mostra nell'anteriore la sua dignità e la sua nobiltà dell'aspetto;  ma ha la sua forza e la sua potenza nel treno posteriore.
L'anteriore, di per sè, è poco adatto a produrre grandi sforzi: ma se non fosse là
per dirigere e regolare l'impulso prodotto dal posteriore, questo finirebbero per dare luogo solo a movimenti disordinati.
Perciò, l'accordo tra le due parti è indispensabile per dare al movimento regolarità ed energia.
Ebbene, è ciò che dovrebbero fare i due partiti dei quali siete difensori :dovrebbero accordarsi piuttosto che scannarsi tra di loro.
"Nota

Nelle sue lezioni, Baucher non parlava che a proposito : quante volte mi ha
lasciato lottare contro una difficoltà che non riuscivo a superare, non intervenendo fino a quando non avessi dato fondo a tutte le mie risorse; solo allora , vista la mia incapacità , arrivava il suo prezioso e risolutivo  consiglio.

Era una sua tecnica: infatti  avrei potuto facilmente dimenticare quei consigli se me li avesse dati subito, prima di aver provato a capire e a cercare di risolvere da solo il problema;  in quella maniera , la soluzione mi restava impressa indelebilmente.

Nella esposizione dei suoi concetti, era di poche parole.

Diceva:  "Quando sapevo poco parlavo molto, la mia loquacità corrispondeva
alla vaghezza delle mie idee, che erano poche e confuse.
Chi sa poco  ama  dilungarsi compiacendosi  nella sua spiegazione degli effetti.
Ma quando dagli effetti son riuscito a risalire alle cause, formulandole chiaramente, la  verbosità è diventata  concisione e io sono giunto a pensare  che  quanto più e meglio si sa tanto meno si parla."

Dormiva poco: al massimo quattro ore per notte, era preso dalla stesura del suo metodo e  le meditazioni che l'avevano assorbito durante la giornata lo seguivano anche nelle sue veglie notturne.

Quando riusciva a teorizzare e a giustificare col ragionamento le pratiche che il suo enorme tatto equestre gli avevano istintivamente suggerito, sottoponeva le sue intuizioni a ripetute verifiche pratiche prima di integrarle nel suo metodo.

Infine le coordinava , traendone  principi così saldi  dai quali, una volta
formulati, sembrava che sgorgassero automaticamente i metodi attuativi.

Non c'è da meravigliarsi se, dopo tanto approfondimento, ricevendo  critiche da parte di   gente superficiale, rispondesse molto seccamente: ecco un esempio.

Un giorno, a Lione, un appassionato di equitazione, in seguito ad una osservazione - non so quale - che l'aveva irritato  gli disse:  -  "il cavallerizzo perfetto" dovrebbe avere l'assetto di d'Aure, le gambe di Lorenzo Franconi e la sua mano.-

Baucher, visibilmente irritato rispose: - io credo che lei dovrebbe dire:  "la sapienza di Baucher;  l'assetto, le gambe e la mano di qualunque cavaliere." -. Nota 4)

Certamente la risposta potrebbe essere giudicata presuntuosa, ma bisogna tener
conto delle circostanze che la provocarono e dell'orgoglio dell'artista, stuzzicato maldestramente da quell'interlocutore, emerita testa di beata.

Bisogna anche  ammettere che Baucher fu oggetto,  da parte di alcuni dei suoi sostenitori,  di un'adulazione spinta all'estremo.
Addirittura, nel suo ambiente, si pretendeva perfino che col suo metodo si mettessero  dritti  i cavalli zoppi.
Ecco il fatto che fece nascere questa diceria.

A Ginevra, fu portato a Baucher un cavallo che aveva a lungo sofferto ad
una zampa ed era ancora zoppicante, malgrado la causa della zoppia fosse
scomparsa.
La ragione stava nella posizione antalgica presa durante la malattia, che aveva contratto l'arto sofferente e causato una  distribuzione irregolare del peso. Nota.
Dopo pochi giorni, Baucher aveva rimesso il cavallo nel suo equilibrio naturale: pertanto la zoppia, o meglio l'irregolarità dei movimenti, era scomparsa. Nota 5)

Nelle sue ricerche, come nel suo insegnamento, Baucher perseguiva sempre lo stesso obiettivo: il completo controllo del cavallo, in maniera tale che il cavaliere ne potesse disporre modulandone i movimenti a proprio piacimento.

Su questi dati, che trovano la loro sintesi  nella parola  "leggerezza" , si è fondata e  si  fonda "l'equitazione superiore".

Quante volte, durante le lezioni, Baucher diceva: "léger léger" per richiamare l'attenzione del cavaliere sulla mascella della sua cavalcatura, la cui morbida mobilità è il primo segno che evidenzia la completa sottomissione agli aiuti  che corrisponde alla leggerezza! Nota 6)

Ma se l'obiettivo che si prefiggeva Baucher rimane sempre lo stesso, i metodi da impiegare per raggiungerlo cambiarono notevolmente negli anni.

Non avendo seguito "piste battute" ed essendo un innovatore in qualche modo
rivoluzionario,  il suo metodo fu la conseguenza  di numerose modifiche successive, volte a un costante miglioramento.

Certamente si possono individuare alcune  fasi che più di altre caratterizzano la serie delle sue scoperte, come si può evincere dai  suoi scritti; tuttavia il suo lavoro non ha mai avuto conclusioni chiaramente definite, perché il genio di Baucher non è mai stato a riposo. Nota 7)

Così, spesso è accaduto che,  mentre apprezzavo e sperimentavo la sua ultima  scoperta, il "grande innovatore" l' avesse già abbandonata a favore dello  studio di un'altra soluzione.  Malgrado lo seguissi passo passo, posso dire di essere sempre  rimasto indietro rispetto alla sua ultima ispirazione.

Le scoperte di Baucher hanno sempre rappresentato per lui qualcosa di
particolare:  l'ultima eclissava tutte quelle che l'avevano preceduta e - ai suoi occhi - per un certo periodo  rappresentava l'ultima parola in equitazione.

A volte era necessario moderare l'entusiasmo per la sua scoperta più recente e riaffermare il valore di quelle che l'avevano preceduta.

Prima di inquadrarla nei giusti limiti, ha sempre spinto all'estremo l'applicazione sperimentale di ogni nuova idea:  nonostante questo, i risultati che otteneva non hanno mai cessato di destare meraviglia.

La sua sensibilità equestre, il suo "senso del cavallo" così spiccato e così sottile, gli permetteva di sentire - meglio ancora – di prevedere l'origine di ogni minima contrazione o resistenza;  con una sicurezza straordinaria trovava i mezzi per correggere o per bilanciare gli eccessi generati dalla sua costante ricerca.
Devo dire che i suoi allievi non erano sempre in grado di capire l'importanza di queste
necessarie compensazioni, e - in larga misura - non ne tenevano conto.

In generale, essendo i mezzi di controllo di Baucher molto potenti, andavano usati con molta discrezione; pertanto spesso rappresentavano per i suoi allievi delle difficoltà insormontabili.

In particolare, c'era una difficoltà, degna di essere segnalata riguardante l'applicazione di un suo principio che allora era del tutto nuovo:

"Opporre resistenza alla resistenza fino a quando il cavallo non ceda."


Prima, invece, per evitare lo scontro diretto  si usava fare al cavallo alcune concessioni più o meno azzeccate,  che non sempre impedivano le difese o almeno non le eliminavano completamente.

C'è da dire che la resistenza da parte del cavaliere  è stata spesso utilizzata dai principianti con esagerazione e con caparbietà, provocando difese costanti e dure ribellioni da parte del cavallo.  Qui, come in tutte le cose, "l'importante è far uso di  intelligenza e di moderazione."

Il cavaliere non può  utilizzare indefinitamente la forza per opporsi al cavallo.
Dopo averla esercitata entro limiti ragionevoli, non deve ostinarsi nel contrasto se il cavallo non cede, ma deve desistere e cambiare completamente esercizio:  solo dopo aver  ottenuta la calma e fatto dimenticare la lotta, può reiterare le azioni di opposizione.

Va osservato che in questo caso la sospensione delle nostre azioni non deve essere accompagnata dalla carezza. Questa, deve rappresentare  per il cavallo un vero premio finale,  elargito soltanto dopo che  ha ceduto completamente. Nota 8)

All'inizio le sue prove non furono sempre felici: ad ogni modo  la fonte dei suoi continui
progressi era  dovuta proprio al fatto che si applicava nell'uso di un nuovo procedimento appena intuito piuttosto che attestarsi sui  risultati già ottenuti ma da lui giudicati   meno soddisfacenti.
Naturalmente, l'addestramento dei suoi cavalli subì le conseguenze di questa apparente confusione, ma sapeva rimediare immediatamente .

Questo non gli impediva di dire che se avesse avuto accanto un cavaliere di
talento, in grado di applicare la parte del suo metodo di già confermata efficacia, si sarebbe aspettato da lui una perfezione di esecuzione superiore alla sua. Ne dubito, per crederlo bisognerebbe vederlo.

Le modifiche apportate da Baucher ai suoi  metodi furono numerose,
le segnalerò al momento opportuno limitandomi però ad una loro sintetica esposizione: i dettagli concernenti il suo sistema sono  esaurientemente esposti nelle sue pubblicazioni.

Per adesso, siamo nel 1849, ecco in linea generale quello che caratterizzava le pratiche che Baucher applicava.

Le flessioni della parte anteriore erano praticate in maniera tale da ottenere il completo rilassamento dei muscoli in opposizione:  così, la mascella doveva aprirsi a comando e rilasciare l'imboccatura. Nelle flessioni laterali, l'incollatura doveva piegarsi completamente fino a che la testa non toccasse la spalla, in maniera tale che  il cavallo guardava con tutti e due gli occhi verso il posteriore. Nota 9)

L'abbassamento dell'incollatura doveva precedere e accompagnare il piego.  Nota
L'uso degli speroni era severo e reiterato continuamente; l'effetto d'assieme molto frequente, Nota; ed era la gamba esterna che agiva per le girate, le partenze al galoppo e i cambiamenti di piede.

Le flessioni della mandibola erano esagerate, andavano fino alla completa
apertura della bocca; mentre  il distacco morbido della mascella ,simile ad un leggero mormorìo , è più che sufficiente per verificare la completa sottomissione del cavallo.

In più, nel corso del lavoro, pretendeva che questa mobilità della mascella si
verificasse solo su richiesta e non quando non era sollecitata;  il suo
cavallo doveva essere: "nè muto nè chiacchierone" . Nota

Credo di dover approfondire sulle conseguenze delle flessioni della incollatura, per come allora erano praticate.

Spinte fino a quel punto, le flessioni scioglievano, abbassavano l'incollatura,
favorivano  la spinta  dei garretti esercitando una grande influenza sull'insieme delle forze dell'animale, in particolare sulla sua prontezza dell'impulso in avanti:  il cavallo doveva manifestare costantemente il suo desiderio di andare avanti.

D'altra parte quelle flessioni andavano al di là di ciò che era necessario per
ottenere il controllo  dell'incollatura e superavano lo scopo senza raggiungerlo efficacemente.

In effetti l'incollatura, che ha un ruolo così importante nel movimento del cavallo, non poteva disporre - dopo il lavoro al quale era stata sottomessa - del sostegno e dell'elasticità necessari  al suo corretto  impiego.

In generale si può dire che, col lavoro sul posto, si scioglie troppo la musculatura che - una volta in movimento - tende a contrarsi.

In realtà è l'impulso - che è prima di tutto uno stato mentale - a produrre energia, a dare elasticità e brillantezza alla spinta in avanti dei garretti.

Ma la franchezza di impulso non si ottiene con l'esagerato lavoro di flessioni dell'incollatura:  addirittura, il suo abbassamento predispone i garretti ad ingaggiarsi sotto la massa piuttosto che a spingere in avanti. Nota 10)

Era ancora prescritta la regola di mantenere costantemente la flessione del
collo:  questo fatto - soprattutto in  mani poco esperte – intralciava il passaggio della spinta francamente in avanti e spegneva l'impulso,  sovraccaricando il posteriore che tendeva ad  accularsi. Nota

Pertanto era necessaria un'azione costante ed energica di gambe e di speroni.
A quel tempo, erano impiegati quelli che avevano le rotelle acuminate e spesso i fianchi dei cavalli portavano le loro  tracce .

In quel periodo, Baucher rimarcava spesso la mancanza di spinta nei cavalli.

Diceva che nel posteriore c'è tutto il motore del cavallo, e raccomandava sempre ai cavalieri che montavano sotto la sua direzione di mantenere l'impulso.

Questa forza e questa continuità di impegno delle gambe e di speroni
presentava degli inconvenienti:  il cavallo finiva per assuefarsi e "si attaccava allo sperone" ; lo stesso cavaliere talvolta si affaticava fino allo sfinimento. Nota

Così, Baucher era obbligato a smontare e a stringere le cosce con delle bende
bagnate, per attenuare i problemi dati dal loro continuo sforzo.

Anni dopo, Baucher, ricordando questo periodo, mi disse: "mi domando come
facciamo ad avere ancora le gambe funzionanti dopo gli abusi che hanno subito".

Per un certo tempo, per disimpegnare le gambe, usò la frusta . Toccava la
coscia destra con colpi ripetuti , più o meno forti.

La frusta agiva direttamente sul posteriore, stimolava la spinta in avanti e
contribuiva a riprendere immediatamente i garretti quando si allontanavano più del dovuto dal movimento richiesto.

C'è da sottolineare che i colpi che sferzano mandano il cavallo in avanti - meglio e più naturalmente - dei colpi che pungono.

Baucher aveva scritto una trentina di pagine sull'uso della frusta e contava di
scriverne altrettante,  ma alla fine ridusse il tutto ad una dozzina di righe.

La sua costruzione mentale lo portava a riassumere le sue idee in brevi formule
e, per esporle, preferiva lo stile didascalico del dizionario.

L'uso della frusta, come capita sovente all'inizio dei nuovi mezzi, impressionò i cavalli in maniera insolita e mise in gioco  nuove energie dando  buoni risultati;  poi man mano che i cavalli ci si abituarono, i risultati scemarono.

Nel delineare le conseguenze negative delle flessioni esagerate, dovrei
soffermarmi sull'impulso. Ma per ora soprassiedo su questo come per  le
considerazioni riguardanti gli altri metodi usati allora da Baucher, argomenti sui quali avrò occasione di tornare.

Tuttavia, credo che per il momento sia utile tracciare  - come si diceva allora - il ritratto del "cavallo baucherizzato" così come si presentava nel 1849.

In quel periodo, Baucher chiudeva il cavallo negli aiuti, avendo come conseguenza di tenerlo costantemente  imprigionato tra mani e gambe con la tendenza ad avvicinare i posteriori agli anteriori. Nota 12)

L'equilibrio che ne derivava, così artefatto, rendeva il cavallo adatto ai movimenti
riuniti sviluppati in elevazione preparatori a ciò che doveva in seguito imparare: il piaffo, il passeggio, le piroette al galoppo, i cambiamenti di piede ravvicinati.

Pertanto il cavallo perdeva la naturale propensione a spingersi con  facilità e franchezza  in avanti.

E' vero che il cavaliere non portava nulla nelle braccia, ma portava il cavallo soprattutto con le gambe.
Ora, la vera leggerezza consiste, per il cavaliere, nell'avere il cavallo leggero tanto alle gambe quanto alla mano, cioè sempre sciolto e almeno - quando la mano non si oppone al movimento in avanti -  smanioso e irrefrenabile sotto la sella.

In definitiva è a questo che volevano arrivare le ricerche di Baucher, e comunque la bontà del lavoro - anche il più semplice - sta in questo risultato.

C'è da dire che in quel periodo, a causa  del suo lavoro al circo, i pensieri di Baucher erano volti alla  ricerca di nuove arie strabilianti: d'altra parte, le grandi difficoltà equestri erano tra i suoi obiettivi.
Ne affrontava e ne superava tali che coloro che l'avevano preceduto neanche le avrebbero potuto immaginare.

D'altro canto, la descrizione che ho fatto del "cavallo baucherizzato", testimonia che i cavalli del Maestro allora erano preparati a rispondere a queste esigenze e ad eseguire il particolare lavoro per il quale erano preparati

Si è pensato che questo fosse lo scopo proposto dal metodo di Baucher.
Non è vero!
Quel lavoro del tutto speciale era destinato a sorprendere il pubblico,  rappresentava nient'altro che una versione particolare dell' applicazione dei metodi insegnati ed abilmente spiegati dal Maestro.
... "il culo nella carriola e le gambe avanti"...