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Industria alimentare: miti, verità, affidabilità...

Aperto da rhox, Maggio 03, 2012, 07:36:23 AM

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rhox

vediamo un po', visto che nell'altro forum e nella vita reale mi capita di leggere qualche dubbio, qualche mito, qualche verità che così non è o viceversa sulla questione industria alimentare mi piacerebbe magari intavolare un dialogo costruttivo in cui provare a risolvere qualche quesito

sono un tecnologo alimentare, laureata con specialistica alla facoltà di agraria di Torino e in attesa della conferma dell'iscrizione all'ordine. lavoro attualmente nell'industria delle bevande alcoliche come analista chimico/microbiologico e ho continui contatti con molti altri campi alimentari, anche per la mia formazione in campo biologico a livello di agricoltura

data l'esposizione continua all'informazioni e agli scandali alimentari (che sono in grado di fermare interi settori produttivi, al contrario degli altri settori [dopo la mucca pazza, l'aviaria e l'influenza suina hanno messo in ginocchio nei vari anni gli allevamenti zootecnici], e che durano per anni [in quanti si ricordano il botulino nel mascarpone o il vino al metanolo] spesso manca proprio l'informazione di base che non viene fatta passare, spesso volontariamente, per poter "pilotare" i consumatori.

in particolare la GDO (grande distribuzione organizzata) ha un'influenza sui consumi notevole e sta guidando i consumatori in un'ottica no global che a mio parere è distruttiva e insostenibile a livello planetario: ad esempio la mancanza della stagionalità dei prodotti ortofrutticoli freschi porta a necessità sempre maggiori di importare dall'altro emisfero prodotti agricoli (vedi fragole o ciliegie a natale) con notevoli costi di trasporto (spesso deve essere fatto via aereo per la conservazione limitata nel tempo), inquinamento, imballaggi, sfruttamento dei territori e dell'ambiente con uso di pesticidi, fertilizzanti, anticrittogamici in generale; oppure di produrre in serre riscaldate con tutte le conseguenze ambientali del caso.
a fronte di prodotti che arrivano immaturi, con pochissimo gusto, con residui chimici sopra (che rientrano nella normativa, ma che spesso sono tutti al limite massimo, con l'eventuale uso di prodotti chimici qua non consentiti e non usati direttamente, ma che nei paesi produttivi costituiscono un problema di inquinamento del suolo, vedi DDT che è stato usato ancora per anni nei paesi del terzo mondo ufficialmente e ufficiosamente ancora oggi) e che creano un sacco di rifiuti dopo: alcuni marciscono prima di essere venduti, altri marciscono perchè non vengono comprati visto che sono meno belli, meno profumati, meno colorati, con ammaccature (il libero servizio crea uno scarto pazzesco perchè viene manipolato tutto, sbatacchiato, spostato, ecc), altri ancora marciscono a casa del consumatore perchè con le offerte o i multipack viene acquistato un quantitativo superiore alle necessità..
una soluzione al problema potrebbe essere l'acquisto al mercato preferibilmente da banchi gestiti direttamente da aziende agricole (che non avranno i pomodori adesso o le fragole), oppure chiedendo la provenienza (sono obbligati per legge a saperla e dirla, in teoria anche ad esporla direttamente con la merce) e preferendo prodotti nazionali o comunque europei (i trasporti sono minori). oppure scoprendo un mondo che sono i gruppi di acquisto, ce ne sono in ogni città e favoriscono il km zero, spesso consegnano a casa e non sono vincolati a orari scomodi come i mercati veri e propri

idee? perplessità? punti di partenza?
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rhox

o spaziando in campi differenti per quanto riguarda la conservazione ideale a differenti temperature..

quante volte si legge: non ricongelare un prodotto scongelato. perchè? cosa succede dopo che ho scongelato qualcosa?
il freddo è un agente di conservazione fisico, molto utile per prolungare la shelf life di un prodotto e può essere usato come refrigerazione (che limita lo sviluppo dei microrganismi mesofili e termofili, limita le reazioni enzimatiche, rallenta i processi metabolici in generale) o come surgelazione/congelazione (che blocca lo sviluppo di quasi tutte le forme microbiche, eccezion fatta per alcuni batteri psicrofili e muffe). nessuno dei due processi effettua una bonifica, la carica microbica che c'era resta
il surgelato si differenzia dal congelato per due principali caratteristiche: le dimensioni dei cristalli di ghiaccio formatisi dentro le sue fibre e la velocità di formazione.
il surgelato è tipico dell'industria alimentare e per legge (Decreto Legislativo n° 110/1992) il prodotto deve essere portato al cuore a -18°C nel minor tempo possibile e mantenuto a quella temperatura. i cristalli che si formano così sono molto piccoli e che non ledono i tessuti attorno, all'atto dello scongelamento l'acqua rilasciata viene per lo più assorbita nuovamente lasciando il prodotto simile a come era in orgine
il congelato è quello tipico del nostro freezer e ci mette ore a raggiungere al cuore la tempratura a -12/-18°C (a seconda della qualità del freezer) formando macrocristalli al suo interno che rompono le fibre dell'alimento. si ottiene un prodotto scongelato diverso, molto meno idratato perchè l'acqua non viene riassorbita a sufficienza, con le fibre più tenere (può essere utile con un arrosto, pessimo se si tratta di verdura), magari meno gustoso perchè perde parte della componente aromatica.
in entrambi i casi la popolazione microbica che c'era al momento del trattamento termico è rimasta in gran parte e quando torna a temperature ambientali ha a disposizione una grande quantità di acqua "libera", ovvero accessibile, derivante dai cristalli di ghiaccio, più o meno fuori uscita di liquidi cellulari dalla rottura delle fibre, tessuti meno integri e quindi più attaccabili. l'ambiente ideale per la sua riproduzione

un prodotto scongelato è molto più soggetto agli attacchi microbiologici ed è il motivo per cui non va ricongelato. in questo caso avrei un prodotto con una carica batterica propria aumentata e che andrà ad aumentare ancora al successivo scongelamento rischiando di arrivare a soglie tali da essere considerata pericolosa.
inoltre questi processi comportano un  notevole decadimento a livello nutrizionale e qualitativo del prodotto

quindi diventa una cosa fondamentale per il consumatore lo scongelare in modo consono il cibo: le verdure se posibile vanno cotte da surgelate, carne e pesce vanno scongelati in modo lento (favorisce il riassorbimento di acqua nei tessuti) e a basse temperature per limitare i microorganismi. ideale così l'uso del frigo o del microonde, da limitare al massimo l'uso dell'acqua o lasciare il cibo a temperatura ambiente. se si usano questi due ultimi metodi diventa fondamentale cuocere bene il cibo ovvero con una temperatura al cuore maggiore a 70°C per almeno 30-60 secondi
se si vuole usare crudo il prodotto surgelato è importante tenerlo il più possibile a basse temperature fino al consumo, manipolarlo con mani pulite, non lavorarlo con attrezzi sporchi, su piani di lavoro sporchi o in vicinanza di altri prodotti crudi e sporchi che contaminimo ulteriormente
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DivinityOfDarkness

Hola
questo discorso dei microbi e batteri dello scongelato vale anche per le procedure di "abbattimeto" che si usano per il sushi?
cioè...il pesce viene portato velocemente auna certa temperatura sottozero ma poi viene riportato a 2 gradi o poco più.
Ecco, in questo caso il pesce è come se fosse stato scongelato?
Ergo...andrebbe consumato al volo?


Quello dell'indutria alimentare è un mondo che mi affascina davvero
Dove ci sono i cavalli... c'è la cacca.

bambolik

Rox molto interessante e esplicativo questo topic.
Io ho notato che ci sono "zone" in cui la vendita diretta dei prodotti stagionali dellevarie aziende agricole è maggiore che di altre e la diffusione di questi punti di dettaglio diretta ha portato a un drastico diminuire dell'offerta nelle GDO.
Credo che sia anche moralmente giusto che il produttore "guadagni" (non molto a dire il vero) sul proprio lavoro direttamente ma ho altresì conosciuto casi piuttosto aberranti tipo il 2raket" delle pere. Nella mia zona è tutto un frutteto, pere per km.
I produttori non oseranno mai metterle a vendita diretta a meno che non siano scarti come calibro o forma perchè la lobby dei mediatori e industria dei frugoristi li taglierebbe fuori come fossero appestati e si ritroverebbero con quintali di invenduto...capisci che è molto antieconomico dato che una pera di qualità per essere pronta a un ciclo di potatura concimazione ecc ecc raccolta molto impegnativo.
Come baipassare?
"Non è mai tempo perso quello trascorso a cavallo"(Winston Churchill).

rhox

CitazioneHola
questo discorso dei microbi e batteri dello scongelato vale anche per le procedure di "abbattimeto" che si usano per il sushi?
cioè...il pesce viene portato velocemente auna certa temperatura sottozero ma poi viene riportato a 2 gradi o poco più.
Ecco, in questo caso il pesce è come se fosse stato scongelato?
Ergo...andrebbe consumato al volo?

esatto. quello che conta è la "gestione" in generale dei prodotti crudi: è fondamentale che il prodotto resti meno tempo possibile a temperatura ambiente e soprattutto all'aria.
se devo conservare qualcosa in attesa del consumo meglio chiuderla in contenitori puliti o comunque coprirlo in modo da limitare il più possibile la contaminazione ambientale

anzi il sushi è una matrice in realtà assolutamente rischiosissima. infatti al di là dei ristoranti tipici è molto difficile vederlo servito in altre occasioni (catering, ristoranti "generici", mense, ecc) perchè la sua preparazione è problematica: si unisce il riso cotto (e quindi bonificato a livello microbiologico, ma con un livello di preparazione molto favorevole alla crescita microbica visto che l'amido è molto disponibile, c'è lo zucchero e praticamente nessun fattore di limitazione di crescita) a due prodotti crudi quale il pesce (che ha problemi microbiologici, parassitari e pericoli chimici quali le istamine) e le aghe.
inoltre la manipolazione degli operatori a mani nude corrisponde a una notevole fonte di contaminazione (alcune stime dicono che almeno il 50% delle tossinfezioni alimentari derivano dagli operatori) e infine manca qualsiasi trattamento di bonifica.
quindi come si può uscire dalla preparazione del sushi senza particolari rischi? lavorando al massimo delle condizioni igieniche: ambiente pulito, piani di lavoro dedicati, zone di lavorazione differenti tra prodotti crudi e cotti, massima igiene del personale e uso corretto delle temperature (conservare sempre a <4°C e rimetterlo dentro prima possibile), pochissima conservazione dopo la preparazione.

il fatto che sia congelato prima o dopo importa poco nel complesso :horse-wink:
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rhox

Citazione da: bambolik - Maggio 03, 2012, 08:41:42 PM
Rox molto interessante e esplicativo questo topic.
Io ho notato che ci sono "zone" in cui la vendita diretta dei prodotti stagionali dellevarie aziende agricole è maggiore che di altre e la diffusione di questi punti di dettaglio diretta ha portato a un drastico diminuire dell'offerta nelle GDO.
Credo che sia anche moralmente giusto che il produttore "guadagni" (non molto a dire il vero) sul proprio lavoro direttamente ma ho altresì conosciuto casi piuttosto aberranti tipo il 2raket" delle pere. Nella mia zona è tutto un frutteto, pere per km.
I produttori non oseranno mai metterle a vendita diretta a meno che non siano scarti come calibro o forma perchè la lobby dei mediatori e industria dei frugoristi li taglierebbe fuori come fossero appestati e si ritroverebbero con quintali di invenduto...capisci che è molto antieconomico dato che una pera di qualità per essere pronta a un ciclo di potatura concimazione ecc ecc raccolta molto impegnativo.
Come baipassare?

la GDO è un grosso problema per i produttori.
questa non compra in realtà dai singoli, se non in casi eccezionali. si affida a consorzi, centri di trasformazione o stoccaggio, piattaforme, ecc. all'interno di queste confluiscono i singoli produttori che quindi al loro guadagno devono conteggiare le trattenute che questi enti fanno, giustamente, per la loro gestione.
questo avviene perchè i contratti sono per quantitativi veramente esagerati, un singolo non potrebbe coprirli e nessun gruppo commerciale farebbe 250.000 contrattini che non coprono i fabbisogni e per cui in realtà sono più grane che altro (se la metà di questi vanno a gambe all'aria ci sarebbero troppe spese giudiziarie per avvalersi del danno rispetto a pochi e molto grossi).

dato che la gdo deve offrire a prezzi bassi alla gente e nel prezzo di vendita contare un sacco di spese di gestione e di scarti (si dice fino a un 40% del prodotto a libero servizio) paga molto poco i produttori che quindi sono impiccati nelle loro produzioni.
capita però per un sacco di prodotti al di là dell'ortofrutta. l'intero settore del parmigiano reggiano, ad esempio, praticamente è a ricavo zero, le cifre incassate dalla vendita spesso coprono giusto le spese vive di produzione o poco più.  ho lavorato per un caseificio della zona che produceva per coop e da un giorno all'altro ha dovuto vendere un sacco di latte periodicamente perchè ritirava dalle sue aziende troppo rispetto alle necessità produttive quando è stato scisso il contratto. e per lo stesso cliente ha dovuto comprare un macchinario nuovo per una nuova referenza che non avrebbe coperto nessun altro prodotto venduto e quindi nel caso di contratto nullo sarebbe servito a prendere polvere..

in zona qua ci sono momenti in cui gli agricoltori passano con la fresa nei campi e distruggono il prodotto piuttosto che doverlo raccogliere. 3 anni fa pagavano al produttore gli zucchini 30 centesimi al kg.
se contate l'ammortamento del terreno, la manodopera per piantare e seguire le piante, il costo dei piantini, prodotti fitofarmaci, concimi, gasolio per i trattori, acqua per irrigare o non si produce,  raccolta a mano.. come si può stare dentro alle spese?
un altro esempio sono le fragole: una fragolaia fatta allo scopo di vendere in quantità viene passata come raccolta per massimo 2 volte. dopo di che spesso passano dentro tutti i conoscenti a raccogliersi quello che viene su dopo (che è di pezzatura più piccola, maturazione più scalare e spesso fuori periodo primizie) se no marcisce

la questione che tu poni però dovrebbe suonare anche in altri modi. chi produce in un consorzio che rifornisce la gdo non ha obbligo di conferire tutto quello che produce salvo contratti particolari. i conferimenti vengono fatti in base alle previsioni dell'annata e i pagamenti per quantità e qualità. ci sono le lobby, ma ricordiamoci che queste per lavorare hanno bisogno loro stesse dei conferitori: se domani tutti decidessero di volersi tenere 2 quintali per il dettaglio o li taglian fuori tutti o si adeguano. anche perchè la produzione reale è una cosa, quella prevista un'altra..
quindi praticamente nessuno vieta di avere 2-3 filari di piante dedicate alla vendita al dettaglio, la questione è se conviene in realtà.
vendere al dettaglio comporta comunque un certo impegno: la raccolta va fatta in modo graduale perchè nessun dettagliante ha le strutture per conservare in modo idoneo prodotto maturo e immaturo garantendo una scalarità (e un prodotto immaturo nessun cliente diretto lo vuole), bisogna gestire le quantità con recipienti appositi e non con bins, il ritiro non è calendarizzato in modo preciso e lo scarto non ha molte probabilità di essere venduto.
quindi un'azienda che ha una gestione precisa e meccanizzata ha più da perderci a vendere al dettaglio che conferire tutto al consorzio (che prende maturo e immaturo, qualsiasi pezzatura e difetto, in camion direttamente e quando lo sai con precisione).
chi in realtà serve i gruppi di acquisto o la bancarella al mercato sono agricoltori meno specializzati e che hanno poche piante delle varie referenze
quindi come bypassare il problema? cercando il produttore giusto
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rhox

dato che non so bene come procedere saltabecco tra gli argomenti, se volete approfondirne uno alla volta basta dirlo :horse-wink:


parliamo di qualità..
intanto la qualità bisogna definirla e attualmente ci si riferisce alla norma di riferimento, la ISO 9000.
troviamo quindi la definizione della norma ISO 9000 del 2005 (Fondamenti e Terminologia) "Qualità: Grado con cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfano i requisiti."
quindi ci sono due punti cardine: le caratteristiche del prodotto, intrinseche ed estrinseche, e i requisiti del cliente, intrinseci ed estrinseci.
bisogna ricordarci che cliente è un termine generico e non indica il consumatore ultimo, ma chi usa direttamente o indirettamente il prodotto subito a valle rispetto al processo individuato. si dividono così tra clienti interni all'azienda e clienti esterni (acquirenti, trasformatori, consumatori finali, ecc) e i loro requisiti sono ovviamente molto diversi in base a dove si posizionano lungo il lay out produttivo.

esempio: produzione di vino.
se io sono un viticoltore ho molte possibilità per produrre. innanzitutto la cosa che devo valutare  geograficamente dove sono e cosa posso ottenere dalla produzione: se io sono in lombardia è inutile (oltre che non concesso) produrre barolo e se sono in trentino è difficile che io possa ottenere un passito lasciando l'uva in campo per la disidratazione; se sono in una zona non vocata a livello viticolo non vado a fare un prodotto a marchio che richiede una bassa produzione perchè rischierei di farne poco e cattivo, mentre mi conviene orientarmi verso produzioni di massa; ecc
se io sono un produttore vinicolo in base all'uva che ricevo (e che voglio ricevere) posso decidere se fare un barolo curatissimo e venderlo a 60 euro la bottiglia e dovrò sottostare alle richieste qualitative di chi consuma questo vino (dovrò fare poche bottiglie per avere un marchio poco commerciale, dovrò curare il packaging e l'immagine del prodotto per valorizzare cosa c'è dentro, dovrò fare invecchiamento in botti nuove e avere una cantina pulita ed efficiente, ecc), se io decido di produrre un vino da gdo che verrà venduto in tetrapack avrò il mio concetto di qualità (il prodotto non deve costare molto, non necessità di grossi profili aromatici, ma non deve avere difetti perchè non ho i mezzi per ripararli, il gusto e il colore devono essere costanti nel tempo data la fidelizzazione del cliente a quel gusto), se io produco un vino per altre prepazioni come vermouth, aceto, ecc dovrò badare ancora ad altri requisiti (grossissime produzioni con quasi nessuna necessità organolettica, vini poco colorati, bassissimi costi quindi elevata meccanizzazione e poca cura nel maneggiare il prodotto, ecc)

quando si parla di un prodotto di qualità bisogna quindi ben definire quali sono i requisiti che definiscono la sua rispondenza ad essi.
il vino in tetrapack è il classico vino di qualità: pochi pregi (costa poco, è costante nel tempo, è semplice a livello organolettico), ma zero difetti (non sa di tappo, non rischio che sappia di ossidato, ecc). se cerco un vino a 1-2 euro al litro con cui pasteggiare senza nessuna pretesa o cucinare è perfetto!
inutile usare un barolo se non sono capace di apprezzarne il bouquet (salvo che uno voglia dire: bevo barolo perchè mi piace così) o se ci devo fare un arrosto per 25 invitati.

se io sono un discount e voglio prodotti al mio interno che siano competitivi a livello economico delle qualità organolettiche, ingredientistiche, di packaging, di marchio non mi interessa. se poi un produttore riesce a fornirmele allo stesso prezzo ben venga (E spesso i prodotti a marchio della grande distribuzione sono fatti in stabilimenti di prodotti di marca con la stessa attrezzatura, stessa ricetta o molto simile), ma non posso andare al lidl, prendere il primo prezzo e poi dire che non è barilla/ferrero/franciacorta/ecc
come non posso pretendere che sia made in italy, di prima categoria come pezzatura e difetti, che non ci siano residui chimici, che non abbai qualche pecca. posso trovarli perchè il marchio non è sinonimo di qualità inteso come alto livello produttivo e quindi c'è roba ottima di primo prezzo e roba pessima di marca
però non si può volere concettualmente la botte piena e la moglie ubriaca. a questo proposito spero di riuscire ad approfondire più avanti quali sono le reali problematiche attuali e di cui bisogna preoccuparsi rispetto a quelli che ci impensieriscono solitamente
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DivinityOfDarkness

Il discorso è ampio, problematico....universale!
C'è chi direbbe che è tutta colpa della globalizzazione, del consumismo, della voglia di vedere corsìe dei supermercati strabordanti di prodotti...il volere troppo,a poco e buttare molto, quando si potrebbe comprare il giusto pagandolo al prezzo onesto per non dover buttare nulla.

Teoricamete tutto può essere e si può partire da diversi fronti...perchè se il produttore decidesse di non voler fare la fame e vendere le zucchine a 1 euro al chilo anzichè a 30 cents, al mercato arriverebbero 5 anzichè a 1,50 e la gente ne comprerebbe 1/2kg anzichè 1 kg e mezzo per buttarne 400 grammi che restano a morir di sonno in un angolo del frigo...

Proviamo a partire da qui?Davvero, è un argomento sconfinato...
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Morina

Da un annetto a questa parte sto cercando di fare mio il concetto di consumo critico e faccio parte di un Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) della mia zona, ma ce n'è davvero in tutta Italia, bisogna solo cercarli un po'.
I Gas acquistano la merce in gruppo e direttamente dal produttore che viene scelto secondo vari criteri. Ad esempio noi cerchiamo produttori biologici e possibilmente a Km zero, tutto per incrementare la sostenibilità dei nostri acquisti, che comprende attenzione verso l'ambiente e le persone. La GDO e i prodotti commercializzati, quasi tutti appartenenti a multinazionali, vengono così tagliate fuori quasi completamente dalle nostre spese.
Gli ordini vengono effettuati con varie scadenze a seconda del prodotto: l'ordine della pasta da noi è semestrale, mentre quello delle verdure è settimanale, giusto per citare due esempi.
Per chi cerca un' alternativa più sana rispetto alla lattuga già lavata e conservata tramite "atmosfera protettiva" (cosa ci sarà dentro per far rimanere bella verde un'insalata da taglio per due settimane???  :icon_puke_r: La mia insalatina dell'orto se la lascio una giornata già tagliata me la ritrovo MARRONE!!) sappiate che esiste! Nessuno ci obbliga a comprare al supermercato, nessuno ci dice che è la  cosa giusta, ma siamo portati a credere che sia l'unica soluzione, ormai. DI sicuro la più comoda.

Ma perchè non cambiare???  :white_flower-208:

rhox

rispondo innanzitutto alla tua domanda tecnica: nei prodotti di quarta gamma non c'è niente di che dentro. sono prodotti lavati con eventuali prodotti acidulati come conservanti (e antiossidanti) e poi vengono usate miscele di atmosfere modificate che rallentano e quasi azzerano i processi metabolici.
inoltre le cultivar utilizzate sono state svillupate appositamente per resistere alle manipolazioni tipiche quali il taglio con minori danni possibili. il processo di trasformazione, a partire dalla coltivazione, viene improntato a ridurre al massimo lo stress e l'attività metabolica del vegetale.
ad oggi infatti si riescono ad ottenere molti più risultati con le verdure che con la frutta (i cui casi "vincenti" ad oggi sono ananas e kiwi, prodotti molto acidi e compatti come texture) la quale perde molto più velocemente consistenza, colore, succhi e altera più velocemente l'atmosfera modificata che perde la sua efficacia.

sull'opportunità offerta dai gas concordo assolutamente. l'aternativa è avere un piccolo orto e condividere con magari colleghi, amici o parenti la parte di allevamento piccoli animali.
fattibile ovviamente solo in certe posizioni geografiche (difficile tenere le galline in centro città), ma non è così difficile trovare produttori poco fuori porta.
ad esempio un modo può essere favorire il biologico e il biodinamico, che per lo meno a livello teorico (poi ci sono le "fuffe" pure qua) hanno vincoli maggiori sulla salubrità di vegetali e animali.

a titolo di esempio l'ospedale di Asti ha portato avanti un progetto in questi ultimi anni di fornire una mensa a km0 o quasi. ha calcolato che con appositi contratti con produttori della zona il pasto viene a costare circa 1 euro in più a paziente, ma oltre a dimezzare o più gli sprechi (i piatti sono buoni, esiste un menù che viene ordinato dal paziente con relativa ora di servizio per cui non si raffredda e non termina il piatto che vuoi prima di arrivare al tuo letto) c'è stata una diminuzione dei tempi di degenza (per lungo degenze, casi cronici o anziani con ricadute) di 1 o più giorni visto che una corretta alimentazione aiuta a proteggere da infezioni secondarie e a recuperare prima le forze.
eppure come progetto è osteggiato e un sacco di dirigenti di altri ospedali hanno tacciato la questione come "ridicola e che appesantisce solo le spese sanitarie"
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rhox

Citazione da: DivinityOfDarkness - Maggio 06, 2012, 02:35:38 AM
Teoricamete tutto può essere e si può partire da diversi fronti...perchè se il produttore decidesse di non voler fare la fame e vendere le zucchine a 1 euro al chilo anzichè a 30 cents, al mercato arriverebbero 5 anzichè a 1,50 e la gente ne comprerebbe 1/2kg anzichè 1 kg e mezzo per buttarne 400 grammi che restano a morir di sonno in un angolo del frigo...

Proviamo a partire da qui?Davvero, è un argomento sconfinato...

in primis c'è da dire che spesso è una situazione italiana a creare queste problematiche. anche all'estero i prodotti ortofrutticoli costano (in francia capita che costino anche più che in italia), però i soldi sono suddividi in modo leggermente diverso.
in italia il prezzo finale lo fa la gdo. anche quello che va ai mercati generali in realtà viene influenzato.
e quel prezzo va diviso tra: gdo, grossista/consorzio a cui la gdo compra, trasportatori, consorzio di produttori, produttore. e quest'ultimo ovviamente si piega al volere degli altri visto che è l'unico ad avere necessità impellenti di togliersi il prodotto.
adesso come adesso i carburanti costano sempre di più: trasporti e lavori agricoli incidono notevolmente sul prezzo. e di conseguenza a questi aumentano i prezzi di prodotti fitosanitari (e ora devi aumentare sempre più i trattamenti visto che la monocoltura intensiva e su grandi superfici comporta più problematiche che possono decimare il raccolto) e i concimi.
quindi restano poche voci su cui far economia. se contiamo che le sementi in pochi casi possono essere autoprodotte (attualmente le cultivar reddittizie sono per lo più ibridi F1 ovvero ottenuti da incrocio diretto tra due genitori e i prodotti se riseminati come F2 valgono ben poco) si devono pagare alle case produttrici (guarda caso spesso multinazionali che ti vendono il pacchetto semente+prodotto fitosanitario) e costano.
si taglia su guadagno del produttore e manodopera. si accentua lo sfruttamento del mercato nero del lavoro, di immigrati clandestini, ecc perchè in tante realtà non se ne può fare a meno a costo di andare gambe all'aria causa anche di organizzazioni criminali

questi sono i problemi di fondo e comuni alla maggior parte dei produttori.
poi ci sono quelli legati alla malafede dei produttori che comprano macchine sempre più avanzate perchè vengono sovvenzionate dalla comunità europea e dalla pac, per scaricare l'iva, ecc poi questi macchinari devono essere fatti funzionare, manutenuti, giustificati, ecc
adesso come adesso un contadino medio passa la giornata a salire e scendere dai trattori: però per comprare un nuovo trattore devo poi ammortizzarlo e quindi aumentare il carico di terreno da lavorare. aumentando il terreno spesso non ci sto più dietro e scade la qualità (faccio le operazioni agronomiche quando posso e non quando devo) e si crea un loop pazzesco

quindi aumentare i prezzi può calmierare il mercato e gli sprechi. ma in questo momento attuale vorrebbe dire bloccare totalmente i consumi perchè chi si può permettere 1 kg di zucchine a 5 euro?
e quali porte aprirebbe questa tipologia di azione? chi favorirebbe alla fin fine?
presumibilmente le importazioni dai paesi extra ue visto che sono gli unici che potrebbero competere economicamente oppure il mercato nero in cui togliendo la fetta contributiva i prezzi possono scendere o ancora l'uso di prodotti non conformi che tolgano i costi produttivi (e i controlli ora come ora sono ancora troppi pochi per garantire di beccarli), ecc..
la soluzione migliore e più facilmente attuabile senza pesare sui consumatori e sui produttori è togliere i passaggi intermedi. se la gdo mi da 50 centesimi al kg e io devo dividere le spese solo con il mio consorzio posso prenderne 40, al posto di prima che ne prendevano 10 i trasportatori e 10 i grossisti togliendoli a me.
e per perdere meno posti di lavoro possibile si possono integrare i servizi nelle strutture già esistenti consorziandosi a più livelli e integrando il proprio servizio.esempio: se io produco frutta e verdura al sudmio consorzio ci sono anche i trasportatori, qualche produttore del nord, ecc io potrei produrre al sud, spedire alle piattaforme al nord della gdo e tornare indietro con i camion pieni di qualcos'altro che mi è utile qua.
riduco gli sprechi, aumento i ricavi perchè ho più fonti di introiti
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rhox

Metodi di conservazione

i principali metodi di conservazione degli alimenti sono di natura chimica o fisica.
tra quelli fisici si ricorda la temperatura, l'umidità, l'atmosfera, la microfiltrazione, l'acidità.
tra quelli chimici i conservanti con le loro mille sfumature

- temperatura: può essere caldo o freddo. il primo bonifica il prodotto e quindi limita o elimina la flora del prodotto che quindi non si degrada naturalmente. il freddo invece rallenta o blocca lo sviluppo microbico e quindi tiene in "stand by" il prodotto per un determinato periodo.
nel caldo possiamo definire due principali trattamenti, la pastorizzazione e la sterilizzazione.
la pastorizzazione è un trattamento al di sotto dei 100°C che varia a seconda del prodotto e ha lo scopo di eliminare le forme vegetative di organismi mesofili e psicrofili mentre poco fa contro i termofili. elimina quindi i patogeni, ma non ha azione sulle loro tossine o sulle forme di resistenza (spore). non vuol dire che non avrò più microorganismi dentro, ma che saranno notevolmente ridotti e quelli rimanenti non "proprio in forma".
un latte pastorizzato ad esempio si deve conservare in frigo per conservarne la qualità. se si unisce un'altra tecnologia quale la microfiltrazione si può prolungare la conservazione perchè si abbatte ancora il livello di flora batterica, ma il freddo è fondamentale comunque.
la sterilizzazione invece è fatta al di sopra dei 100°C e garantisce un abbattimento elevato delle forme vegetative anche dei termofili, disattiva le forme enzimatiche e fornisce una discreta bonifica verso le forme di resistenza (spore) e sulle tossine termolabili.
un prodotto sterilizzato ha una conservazione molto più lunga anche a temperatura ambiente. queste caratteristiche variano anche in base al trattamento effettuato: un latte sterilizzato con il vapore come l' UHT mantiene più le sue caratteristiche a scapito di una conservazione minore rispetto al latte sterilizzato in lattine che viene "cotto" nel trattamento e che infatti perde le sue caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche (queste tipologie di latte per lo più lo si trovano nelle scorte alimentari o nelle razioni di guerra)
il calore che si somministra solitamente può essere umido (cuocere a vapore, insuflare vapore in un prodotto come il latte, ecc) e a pari temperatura risulta più efficace o secco (mettere in un forno, ecc) pur risultando meno efficace sia come velocità di diffusione nel substrato che come risultato a pari temperatura (l'efficacia dle trattamento si calcola in base alle riduzioni decimali di un microorganismo patogeno preso ad esempio. ma mi pare troppo complesso addentrarmi in questo campo).
del freddo ne ho parlato nella risposta sulla surgelazione quindi rimando a quella.
aggiungo che la refrigerazione è utile per bevi conservazioni di matrici non delicate. se deve prolungarsi per più di uno o due giorni su prodotti carnei o simili (preparati cucinati in cui ci sono prodotti crudi o molto manipolati) è meglio surgelare, cuocere nuovamente e ridurre al massimo il tempo tra preparazione e consumo.
la refrigerazione non ha nessuna bonifica e rallenta solo le attività microbiche e proprie del substrato (respirazione, degradazione enzimatica, ecc).
se viene mantenuta la catena del freddo sono comunque due ottime soluzioni

- umidità: o più propriamente contenuto in acqua libera.
l'umidità di un prodotto si divide in 3 tipologie: acqua libera ovvero disponibile alla popolazione microbica, acqua legata e acqua strutturale.
agendo sulla frazione libera si possono bloccare le varie tipologie di microorganismi in base al livello a cui si vuole arrivare. ad esempio con acqua libera al di sotto di 0,89 si bloccano la maggior parte dei batteri, patogeni e non, e le loro forme vegetative, sotto a 0,75 agisco sui livieti e sotto a 0,65 neanche le muffe si sviluppano.
come posso diminuire questa frazione? togliendo acqua quindi essiccando, liofilizzando, affumicando, cuocendo, ecc oppure aggiungendo delle sostanze che sequestrano acqua come sale e zucchero (salare un salume o mettere 6 etti di zucchero in un kg di frutta da marmellata, ecc)
il vantaggio è che questo non agisce sulla matrice del prodotto e quindi ne conserva tutti gli aspetti positivi (vitamine, minerali, ecc), lo svantaggio è che può alterare organoletticamente o costare molto come processo.

- atmosfera: ogni essere vivente ha il suo range ideale di composizione atmosferica e alterandolo possiamo influire sulle sue capacità di vivere, riprodursi, ecc.
possiamo agire quindi sulla matrice per conservarla: in atmosfera controllata o modificata conservo bene l'insalata in busta o le mele in cella fino alla primavera dopo. ci sono varie tipologie di modifica in base a cosa voglio ottenere
oppure posso limitare la crescita microbica: se metto sott'olio o sotto vuoto blocco lo sviluppo di batteri aerobi, ecc
è un modo valido, ma bisogna fare attenzione o si possono danneggiare i prodotti, ad esempio quando mele e pere imbruniscono e poi marciscono a livello dei semi spesso sono danni da eccesso di anidride carbonica in conservazione

- acidità: vera e propria bonifica in molti casi.
acidificare un prodotto che non si può trattare in altri modi spesso è sufficiente a tenere fermi molti patogeni.
il botulino ad esempio è molto controllabile con questo aspetto. con un'acidità sotto a 4,6 si blocca la forma vegetativa (motivo per cui non si sviluppa nei sottoaceti o per cui si consiglia di sbollentare in acqua e aceto i sott'olii)
aceto o limone aggiunto alla carne cruda la rendono più sana visto che bonificano anche la flora presente.
la maggior parte dei disinfettanti e detergenti che restano validi negli anni sono o acidi o basici e quindi non sviluppano resistenza nei microrganismi (oltre a qualche altro principio attivo come lo iodio, il sale, l'ossigeno, lo zolfo, ecc perchè interagiscono direttamente con la cellula, la sua membrana cellulare e il suo citoplasma)

-conservanti: ci sono diverse famiglie di conservanti, questi possono agire o sulla flora batterica o sul prodotto stesso.
l'anidride solforosa nei vini o nei canditi limita lo svilupo di lieviti e batteri e allo stesso tempo evita che il prodotto di ossidi a livello cellulare.
altri sono esclusivi per il contenimento dei microorganismi come il sorbato..
discorso complesso anche per l'introduzione di nuove sostanze e l'abolizione di altre. in questa famiglia spesso vengono fatti rientrare anche gli antiossidanti che proteggono il prodotto, esempio l'olio essenziale di rosmarino, la vitamina E, ecc
in questo campo rientra la parte di sostanze prodotte in affumicatura e che hanno azione conservante sul prodotto (e spesso sotto accusa come cancerogene se non derivanti da materiale di combustione ottimale)
Il miglior modo per rispettare il cavallo è rispettare te stesso

rhox

sono un po' di corsa in questo periodo, vorrei però lasciare questo link che parla di intossicazioni alimentari.
sono purtroppo un grosso problema perchè coinvolgono possibili grandi gruppi di consumatori e capita che abbiano conseguenze nefaste.
http://www.antropozoonosi.it/Malattie/Tossinfezioni/tossinfezioni.php

cercare di cucinare, conservare e consumare il cibo in modo ottimale è la miglior difesa contro questi problemi. essere consapevoli di come alcune azioni ci possano esporre a rischi e arginarli consente di vivere meglio
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olimpiaesara

Rhox hai acceso un dibattito che mi interessa particolarmente... soffro di gastrite e colite da qualche annetto a questa parte.... dopo essermi presa l'anno scoros una mega intossicazione alimentare con vomito e diarrea durata tra alti e bassi per circa 1 mese ho inziato a riguardare ancora di più certi consumi alimentari...... Per mia grande fortuna vivo in un piccolo paese dove ancora oggi si compra frutta e verdura dal fruttivendolo di "paese" che coltiva le sue insalate.. le sue pere.. i suopi finocchi.. i suoi pomodori.. ecc.ecc.ecc. le altre cose che non può produrre lui li prende al mercato ortofrutticolo di zona dove vengono acquistati solo ed esclusivamente prodotti italiani ( a parte le banane e gli ananas  :firuu:) e dove grazie a dio lui stesso preferisce i prodotti locali e non quelli che arrivano da chi sa dove......

Naturalmente a volte arriva la trentenne deficente che a natale chiede l'uva!!!  :cry1: ma dico io si può essere più deficenti??? Mi ricordo ancora oggi come ad una domanda simile il mio fruttivendolo rispose con questa affermazione: sì ce l'ho la vendo a 200€ al chicco!  :laughter-485:

Questa se la prese pure dicendo che l'uva a natale (o l'ultimo dell'anno non mi ricordo) è di buon auspicio lo sapevano tutti e la vecchietta di turno le rispose: guarda bimba io ho più di ottant'anni l'uva la mangio a settembre come è giusto che sia e per natale mangio un bel pandoro e brindo con lo spumante e guarda senz'uva fin dove sono arrivata!

Naturalmente la signorina tutta stizzita uscì dal negozio quasi incavolata credendo di avere ragione... ed il fruttivendolo (GRAN CHIACCHERONE DI NATURA) mi tenne 1 ora lì a sentire tutte le sue lamentele della gente PAZZA che vuole le fragole "fresche" a gennaio....e pretendere pure che costino poco...... Pover'uomo dire che aveva ragione è dir poco...

Comunque dopo la mia intossicazione alimentare (quanto sono stata male non è dato sapersi.. oltretutto il dottore m'imbottì di antibiotici bionici fortissimmi e protettori delle pareti gastriche perchè erano talmente forti che mi fecero stare malissimo) probabilmente arrivata dopo aver mangiato ad un rinfresco di un matrimonio (probabilmente il fattore scatenante arrivò da qui..) decisi di informarmi meglio sulla conservazione dei cibi e rimasi senza parole: ragazze mie come teniamo anche solo i cibi in frigo è un miracolo se siamo ancora vivi....

:laughter-485:

rhox dimmi se sbaglio...... io ho sempre lasciato una cosa sopra l'altra non tutto sempre sigillato a richiuso un pò così e via.... e da quanto ho capito i "bacilli" (come li chiamo io..) si moltiplicavano...... ma io non lo sapevoooo.....  :dontknow:

Adesso cerco di farci mooooolta più attenzione e di sicuro le cose vanno meglio anche il mio stomanco ed il mio intestino ne giovano......

Per quanto riguarda invece il congelamento dei cibi ero già ben addestrata la mia mamma è sempre stata una pignola (sin dai tempi dei tempi da buoni "contadinelli" ci facciamo le nostre belle scorte di vitella maiale conigli e polli allevati come dio comanda e poi via tutto in congelatore per il consumo semestrale... ed io ho seguito le sue orme...  :mrgreen:

rhox

il problema principale nel frigo sono gli alimenti cotti perchè sono molto più vulnerabili (le cellule sono rotte, ci sono più liquidi, la cottura ha bonificato l'alimento e quindi non c'è nessun antagonista naturale, di solito conserviamo più a lungo, ecc).
gli alimenti cotti andrebbero sempre conservati in contenitori chiusi, possibilmente messi dentro da molto caldi in modo che facciano una lieve pulizia del contenitore e che questo si chiuda "ermeticamente" sopra evitando inquinamenti esterni.
assolutamente MAI mettere assieme cibi cotti e crudi perchè vuol dire inquinare tutto e favorire la crescita indiscriminata dei microorganismi.

un batterio mediamente ci mette 20 minuti a moltiplicarsi e si conteggiano come potenze. quindi in ambiente ideale se io ho 100 batteri in 20 minuti ne ho 200, ma in altri 20 ne ho 40.000!!
fortunatamente per noi non crescono all'infinito, ma dopo un po' rallentano e poi decrescono perchè sono in troppi, ma se mettiamo degli ostacoli alla loro crescita è molto meglio

le maggiori tossinfezioni solitamente vengono dalla ristorazione collettiva, soprattutto le mense dove il cibo viene cotto e poi mantenuto a temperature "alte". se non è efficace questa conservazione il tempo tra preparazione e servizio è sufficiente a far crescere dei batteri (soprattutto se sono alimenti maneggiati dagli operatori come polpette, seppioline pulite, pasticci di carne, ecc), ad esempio la pasta viene spesso servita tiepida e non calda (dovrebbe stare, come tutto il cibo, sopra ai 70°C o sotto ai 8°C)
oppure cibi cotti, poi raffreddati, tagliati, conditi e lasciati all'aria per il consumo: un classico è l'insalata di carne cruda, l'insalata di polpo, tartine col patè, il sushi di divinity, ecc (cosa più che probabile nel buffet che ti ha fatto star male
gli operatori che non curano la propria igiene sono la causa del 50% dei casi di tossinfezione alimentare!
le nostre mani sono un ricettacolo di batteri, in particolare lo Staphylococcus aureus di cui siamo portatori (ce ne accorgiamo quando si strappa una pelliccina vicino all'unghia e viene una bella infezione con pus) e che pacioccando il cibo diffondiamo ovunque.
quindi fondamentale lavarsi le mani prima e durante la preparazione dei cibi: pulirsele prima, pulirsele ogni volta che si cambia cibo e se da cotto si passa a crudo, evitare di avere cerotti al dito e l'ideale sarebbe togliere gli anelli. tralascio il lavarsele dopo essere andati in bagno se si maneggia il cibo.

quando riesco mi piacerebbe fare una scheda per patogeno con relativi consigli su come gestire il problema
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