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Giuochiamo ?

Aperto da piciopacio, Settembre 18, 2012, 10:41:41 PM

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Midnight

Io non sono abbastanza edotto in materia, sicuramente devo rileggere tutto per provare a capire.

Ma mi sto perdendo un po' tra discorsi tra essere umani e cavalli.
Non capisco dove vi fermate a parlare di Umani e dove di equini.
Non capisco come si possa paragonare la fobia patologica dell'essere umano all'istingo di fuga, insito nell'istinto di conservazione dell'equino.
Non capisco come poter lontanamente avvicinare il modo di comportarsi umano, con tutte le sovrastrutture del caso a quelle di un animale completamente scevro da ogni tipo di sovrastruttura.

E ancora non capisco come mai non ci possa essere gioco senza rispetto, perchè questa affermazione.
Per il cavallo il gioco, che sfocia magari in atteggiamenti di aggressività, è un modo di relazionarsi al suo simile, noi come relazioni sociali non abbiamo certo quello di prenderci a calci e pugni, ma magari prendere un caffè o disquisire del più e del meno.

Quindi, davvero, come potete cercare di accostare i due argomenti?
Your horse is a mirror of your soul.
Sometimes you might not like what you see... sometimes you will.

Roccabusambra

Una lunga storia quella del confronto di mondi tra comportamentismo e cognitivismo, sin dai tempi del confronto Skinner/Chomsky.

Qualcosa da leggere qui:

http://thecognitivehorse.com/2012/07/24/if-a-horse-could-open-up-the-black-box-of-skinner/

alex

Citazione da: Midnight - Settembre 26, 2012, 10:00:25 AM
Quindi, davvero, come potete cercare di accostare i due argomenti?

Se vale (e penso che valga) la definizione del rispetto come love and fear, amore + paura, allora questo esclude il gioco, perchè - a mio giudizio - il gioco presuppone l'assenza di paura. Ci vuole il love without fear.

Quanto all'accostamento uomo-cavallo è proprio questo di cui si discute. E' più giusto sottolineare le differenze o i punti in comune? Siamo abituati a sottolineare molto le differenze e poco i punti in comune. Potrebbe essere una prospettiva visuale parziale "antropocentrica", e io ritengo che questo sia una grave limitazione, da superare al più presto per capire che siamo semplicemente parte della natura.

Ma da qui in poi diventa più filosofia, o ecologia, che etologia.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

Midnight

Citazione da: alex - Settembre 26, 2012, 12:09:37 PM
Ma da qui in poi diventa più filosofia, o ecologia, che etologia.
Bene, se spostiamo il piano di discussione tutto diventa allora molto più interessante e comprensibile (almeno per me, è chiaro).

E' bello ricercare punti in comune, mi sembra una prospettiva stuzzicante, tuttavia continuo a credere che sia difficile fare un accostamento come quello proposto:
Un umano al quale fai passare una fobia o una dipendenza forzatamente la sposta su altro così come desinsibilizzare il cavallo a qualcosa di pericolo non serve a niente, perchè avrà paura di altro.

Insomma, questo è davvero troppo forzato.

Per il resto, continuerò a leggervi con attenzione, come già detto non sono abbastanza edotto per portare significative testimonianze alla discussione
Your horse is a mirror of your soul.
Sometimes you might not like what you see... sometimes you will.

bionda

Citazione da: alex - Settembre 26, 2012, 12:09:37 PM
Citazione da: Midnight - Settembre 26, 2012, 10:00:25 AM
Quindi, davvero, come potete cercare di accostare i due argomenti?
Se vale (e penso che valga) la definizione del rispetto come love and fear, amore + paura

Ma no, cosa c'entra la paura? "rispetto" è un'altra cosa: http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/R/rispetto.shtml

"Sentimento e comportamento informati alla consapevolezza dei diritti e dei meriti altrui..." la prima mi sembra perfetta.

"Entschuldige, mein Tier, ich werde schon noch dahinterkommen"
Udo Bürger
"Scusami, mio animale, prima o poi ci arriverò"

alex

La definizione è quella di Solomon Rarey e si riferisce al rispetto del cavallo nei confronti dell'uomo. La definizione del dizionario, che riporti, è difficile da applicare al cavallo...

Il concetto di "rispetto"  merita un 3d a parte. E' una di quelle parole che nominiamo senza ben definire cosa intendiamo, e poi si scopre che ciascuno pensa a una cosa diversa.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.

bionda

#81
Infatti mi accorgo che nel mondo dei cavalli si fa un uso improprio della parola "rispetto". Un cavallo non può avere rispetto, non è una cosa che appartiene al suo livello mentale.

Se vuoi che il tuo cavallo abbia paura di te, e chiami questo "rispetto", sei ipocrita.

Non penso che il mio cavallo eviti di travolgermi per paura di me. Mi evita perchè a lui il contatto fisico da fastidio, io rispetto (nel vero senso della parola) questo suo fastidio, e lui si comporta allo stesso modo con me.
"Entschuldige, mein Tier, ich werde schon noch dahinterkommen"
Udo Bürger
"Scusami, mio animale, prima o poi ci arriverò"

Tu Reviens

Citazione da: max - Settembre 26, 2012, 12:26:44 AM
questo, di tureviens, è finalmente un discorso/racconto MOLTO interessante

in poche parole il condizionamento cura i sintomi, non le cause, se c'è una fobia verso qualcosa il problema non è quel qualcosa, ma il fatto di avere la fobia stessa, inutile perciò su un cavallo pauroso dei sacchetti desensibilizzarlo al sacchetto, ammesso di farlo bene avrà paura poi dei bidoni gialli, poi degli ombrelli, etc, questo è già molto vero e ampiamente constatato

personalmente continuo ad apprezzare le tecniche di condizionamento come "canale" per costruire un linguaggio comune quando tutto il resto va bene; l'uso delle pressioni ad esempio, l'uso degli aiuti, il fatto che sia semplice e diretto in queste cose è un bene, perchè gli aiuti sono semplici e diretti, se non altro fa sapere all'animale che siamo esseri intelligibili che non si muovono e si agitano a minkia

ma effettivamente quando compare un problema comportamentale cercare di capire le cose in modo più ampio è meglio

Sono assolutamente d'accordo. Tutto l'addestramento del cavallo si basa sul condizionamento: basta pensare a quello che facciamo appena il cavallo accetta l'appoggio sul ferro: cediamo con le mani, lo "premiamo".
Però se ci sono problemi la faccenda è più complicata. Io ho impiegato mesi a capire perchè mai la mia cavalla, che conosco dalla nascita, che ho domato senza problemi particolari, improvvisamente in campo avesse paura di tutto e scartasse anche le ombre dei moscerini. Non lo faceva da puledra, è arrivata ai sette anni senza farlo mai.
Siccome è un po' pigrotta, all'inizio ho pensato a una semplice difesa nei confronti del lavoro, per cui me la sono messa tra mani e gambe e l'ho fatta lavorare ugualmente: il "sintomo" è scomparso, ma semplicemente perchè non le permettevo di esplicitarlo. Infatti ha cominciato a impennarsi, molto simpatico sì. Anche quello mai fatto. Ho continuato (erroneamente) a lavorare sul sintomo, quindi ho iniziato a prevenire le impennate. Poi le sgroppate. Alla fine sembrava tutto a posto (da fuori) perchè mi ero talmente allenata a prevenire le sue iniziative che lei non riusciva più a fare nulla che non fosse lavorare di buona lena.
Però io sotto me la sentivo brutta: contratta, pronta ad approfittare di ogni mia piccola distrazione.
Allora ho cominciato a ragionare e mi è venuto in mente che nell' ultimo anno avevo cambiato un po' stile di monta, passando da un assetto leggero, vagamente caprillesco, a un assetto e a uno stile di monta tipici del dressage. Ho una buona istruttrice, non una fanatica del rollkur, e quindi pensavo che per la cavalla cambiasse poco. Ci ho messo una vita a capire che per lei è importante lavorare tantissimo in distensione e pochissimo in contatto stabile. Da quando le permetto di lavorare come piace a lei per buona parte della sessione, chiedendole di impegnare il posteriore, di lavorare flessa e di "comprimersi" diciamo, solo per brevi periodi, la cavalla non scarta più, non sgroppa, è tornata serena e può galoppare tenuta per la fibbia, se voglio, senza deviare dalla pista di un millimetro.
Ora, non mi interessa aprire una discussione tecnica per capire se faccio bene o male a montare così, ma solo evidenziare che i sintomi comportamentali possono avere percorsi abbastanza tortuosi, tipo questo, così che un modo di lavorare del tutto lecito ma sgradito al cavallo - per sua attitudine caratteriale, per suoi limiti fisici, non importa  - può condurre a reazioni apparentemente assurde di paura. Il cavallo prova una qualche forma di fastidio, fisico o mentale, e la traduce in paura forse perchè per i cavalli la paura è la madre di tutte le emozioni, il calderone dove va a finire tutto quel che non si sa chiamare in altro modo.

Tu Reviens

Citazione da: alex - Settembre 26, 2012, 01:01:19 AM
Esatto max: un canale.

Ma tornando al gioco: da un certo punto di vista, e ferma restando la difficoltà di definire cos'è il gioco, sta il fatto che si gioca con un amico, non con un nemico; e probabilmente vi è un ulteriore livello, attraverso il gioco l'amicizia si approfondisce.

Chi rifiuta il gioco con il suo cavallo, non concepisce che possa esistere amicizia, fra lui e il cavallo; quello a cui aspira - nelmigliore dei casi - è il rispetto, ma se ci pensate il gioco esclude il rispetto. Il gioco è una relazione fra pari. E non funziona nemmeno nel caso che vi sia rispetto reciproco; occorre una cosa assolutamente diversa; occorre quello che con espressione magnifica si chiama "peer attachment", "attaccamento fra pari".

Una bellissima definizione di "rispetto" è quella di Rarey, forse la migliore che ho trovato: rispetto è "love with fear", amore con timore. Pensateci: è vero o no che può essere reciproco? Ma vi piace l'idea che il vostro cavallo possa avere timore di voi, e siete disposti ad accettare l'idea che voi avete timore di lui?


Bella definizione, sì. Non mi piace affatto "l'idea", ma la vedo un po' come l'invecchiare: un male necessario a evitarne uno peggiore.

Devo dire che io non considero il gioco col cavallo una forma di relazione alla pari, come non considero alla pari i giochi con i bambini o con altri mammiferi (cane in primis). Perchè in tutti questi casi sono io - l'adulto coi bambini, l'umano con gli animali - a modulare il gioco e a fornirlo di regole minime che tutelino l'incolumità di tutti. Se gioco col mio cane devo insegnargli che può mordere all'interno di un gioco di lotta ma deve farlo molto piano, in modo ritualizzato. Se gioco con un bambino che, preso dall'entusiasmo, mette in atto condotte pericolose, devo fermarlo. Se gioco con te a tressette, invece,  le regole sono condivise, note da secoli, e noi - alla pari - le accettiamo e condividiamo. Non c'è uno dei due che ha il potere di modificare qualcosa sovrastando l'intenzione dell'altro.

Cosa significa giocare col proprio cavallo? Per me significa creare uno spazio condiviso, sicuro, all'interno del quale si fa qualcosa di spontaneo e non finalizzato al lavoro o all'addestramento, con la reciproca consapevolezza che io resto un h. sapiens e lui un cavallo: ma nonostante tutto ciò, risulta miracolosamente possibile divertirsi e condividere qualcosa di piacevole insieme.

Tu Reviens

Citazione da: bionda - Settembre 26, 2012, 02:02:46 PM
Infatti mi accorgo che nel mondo dei cavalli si fa un uso improprio della parola "rispetto". Un cavallo non può avere rispetto, non è una cosa che appartiene al suo livello mentale.

Se vuoi che il tuo cavallo abbia paura di te, e chiami questo "rispetto", sei ipocrita.

Non penso che il mio cavallo eviti di travolgermi per paura di me. Mi evita perchè a lui il contatto fisico da fastidio, io rispetto (nel vero senso della parola) questo suo fastidio, e lui si comporta allo stesso modo con me.


Anche io non amo la parola rispetto, Bionda. Preferisco pormi la meta di diventare autorevole (non autoritaria, che è altro) agli occhi del  mio cavallo: cioè un essere cui si da ascolto perchè la sa, sa cosa fare in caso di guai eccetera. Tuttavia, riprendendo quanto ho scritto poco sopra, la mia esperienza è che la paura ci sia, soprattutto coi puledri, da ambo le parti.

Paura, anche minima, ma c'è, soprattutto coi cavalli giovani. Quando ho domato Raidah, che avevo ormai cinquant'anni e mi ero rotta svariate ossa nel domare Luna,  potevo essere proprio tranquillona tranquillona? Nemmeno per sogno! Sono venuta a patti con la mia paura, l'ho incanalata, accrocchiata in qualche diavolo di modo, ma insomma c'era. E anche il puledro facilmente si spaventa: bastano tutte quelle novità che, per quanto immesse gradualmente, caratterizzano la doma. Anche se trattato benissimo, è un animale atavicamente programmato per vivere grazie alla paura, quindi a reagire al minimo stimolo in tal senso. Del resto non credo che i cavalli abbiano - come noi - paura della paura: è sempre stata la loro assicurazione sulla vita, non una complicazione com'è quasi sempre per gli umani.

La mia esperienza limitata e personale mi porta a dire che quantomeno all'inizio della doma la paura c'è, per tutti; poi col tempo diminuisce fino a svanire. Serve quotidianità, serve annaffiare la rosa e spazzare i camini dei vulcani tutti i giorni, come il Piccolo Principe, fino a creare un legame che oltrepassi la paura e arrivi alla fiducia reciproca.

max

Citazione da: Tu Reviens - Settembre 26, 2012, 07:18:22 PM
Ora, non mi interessa aprire una discussione tecnica per capire se faccio bene o male a montare così, ma solo evidenziare che i sintomi comportamentali possono avere percorsi abbastanza tortuosi, tipo questo, così che un modo di lavorare del tutto lecito ma sgradito al cavallo - per sua attitudine caratteriale, per suoi limiti fisici, non importa  - può condurre a reazioni apparentemente assurde di paura.

questo percorso "non lineare e tortuoso" di comportamenti sgraditi apparentemente casuali e non connessi direttamente a qualcosa, è stato ben definito da Andrew Mc-Lean, nel capitolo "comportamento conflittuale", che definisce così:

Il comportamento conflittuale nasce dallo stress che avviene alle perdite, secondo il punto di vista del cavallo, della prevedibilità e della controllabilità del suo universo comportamentale. Il cavallo tenta di sfuggire alla situazione stressante.

ovverosia ogni volta che i nostri aiuti non sono coerenti, inneschiamo il tarlo dello stress che può sfociare in qualche fobia: paura degli ombrelli rossi, delle ombre a forma di fungo, o scartoni senza motivo; magari una volta comparsi questi sintomi da una parte gli rompiamo le palle desensibilizzandolo agli ombrelli e dall'altra continuiamo con aiuti incoerenti, in un circolo vizioso senza fine

dalla descrizione credo che tu ora stia montando molto bene, e anche io devo continuamente farmi esami di coscienza al proposito ; )
Quel pochissimo che sapete vi impedisce di capire quel moltissimo che non conoscete.

Tu Reviens

Sul fatto che io adesso stia montando bene, Max..sopravvoliamo, come diceva Rokko Smitelson (alias Corrado Guzzanti) ai lontani tempi di Avanzi!
Credo che, nel mio caso, gli aiuti fossero relativamente coerenti perchè avevo addosso gli occhi di una istruttrice capace e parecchio severa. Però non basta, secondo me. E' anche necessario "tarare" il lavoro sulle capacità fisiche e mentali di quel dato cavallo. Per esempio la mia cavalla attuale ha problemi di aerofagia, dovuti al fatto di essere stata allattata artificialmente perchè è rimasta orfana nella prima settimana di vita. Soprattutto nella brutta stagione, si gonfia e (mi spiegava la sua vet) se la lavoro impegnandola parecchio il mio semplice peso comprime le bolle d'aria che ha in panza e le fa sentire dolore. Se le permetto di stare a lungo in estensione riesce a liberarsi dell'aria e questo le da sollievo, perciò (credo) da in smanie se la "comprimo".
E'  molto complicato montare a cavallo, proprio. Ci sono talmente tante variabili da considerare, talmente tanti aggiustamenti da fare a seconda del cavallo che monti che io più passano gli anni più mi sento una simpatica nullità.
Però non mi annoio, mai, e questo è bellissimo.

max

la coerenza è da intendersi secondo la percezione del cavallo, non la nostra

per noi potrebbe essere del tutto coerente impostare un'angolo mettendolagambainterna-tirandoconlaredinesterna-aprendolaredineinterna-arretrandolagambaesterna per il cavallo probabilmente (sicuramente) no.....

eh gia'.... a cercare di far filare tutto liscio di certo non ci si annoia....
Quel pochissimo che sapete vi impedisce di capire quel moltissimo che non conoscete.

Tu Reviens

Ak ok, avevo capito male, pensavo che l'autore si riferisse alla coerenza degli aiuti (come il famigerato "spingi e tira", per intenderci). Però a questo punto mi sfugge il concetto di coerenza per il cavallo. E' utilizzato come sinonimo di "compliance"?

alex

Intanto che attendo ansioso delucidazioni da Max infilo una idea laterale: coerenza e integrità (i "due capisaldi" secondo Marjorie Smith, ma sono certo che l'idea non è sua) potrebbero, in piccolo, essere ridotti anche all'uso degli aiuti base (mano e gamba) perchè la coerenza potrebbe essere la corrispondenza sistematica fra aiuto e messaggio, e l'integrità potrebbe essere la sistematica, brevissima cessione (il contatto zero) che secondo McLean deve sempre seguire alla corretta risposta del cavallo all'aiuto. Un "contratto sempre onorato", quindi.

Siamo OT ma l'argomento è così interessante.... che mi affido alla clemenza della Corte.
La nuda Verità è una donna difficile da amare. L'illusione invece è una donna seducente, amorevole, a cui è facilissimo restare fedeli.