« ... Permettez-moi de bien préciser deux sens différents du même mot : Ecuyer – Dans son véritable sens, l'écuyer est un virtuose de l'art équestre, un artiste joignant à toutes les connaissances théoriques de son art une technique impeccable et la « maestria » dans l'exécution. Je vous considère donc comme un écuyer éminent, et j'arrête de suite votre prostestation, il s'agit d'une définition et non d'une flagornerie. Je suis rempli d'admiration par l'énumération de tout ce que vous obtenez de vos chevaux et que je n'oserai certainement jamais demander aux miens. – Au sens de l'Ecole de cavalerie, Ecuyer veut dire « instructeur d'équitation », et c'est seulement dans ce sens que je suis un écuyer.
| | ... Mi permetta di precisare i due diversi significati della parola cavallerizzo; nella sua accezione principale, il cavallerizzo è un virtuoso dell'arte equestre, un artista che unisce la profonda conoscenza teorica dell'equitazione ad una tecnica impeccabile e a una "maestria" d'esecuzione. Dunque, la considero un eccellente cavallerizzo, non protesti, non voglio adularla è la realtà. Sono davvero meravigliato per tutto ciò che lei ottiene dai suoi cavalli e che certamente mai oserò chiedere ai miei. Però, ai fini della Scuola di Cavalleria, "cavallerizzo" significa "istruttore di equitazione", in questo senso anch'io sono un "cavallerizzo....".
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Questa è la definizione che dà alla parola
ecuyer il generale Decarpentry, uno dei massimi eruditi di equitazione francese ma non solo, in una lettera indirizzata a Beudant.
La sua definizione coincide con quella offerta dal dizionario francese onlain La Rousse:
[
b]écuyer, écuyère[/b]
nom
(de écuyer 1, avec l'influence du latin equus, cheval)
Personne qui monte bien à cheval.
Personne qui dresse, présente la cavalerie et exécute des exercices équestres dans un cirque.
Personne qui enseigne l'équitation dans un manège.
Che a sua volta corrisponde al significato della parola italiana
cavallerizzo nel dizionario Treccani:
cavallerizzo s. m. [dallo spagn. caballerizo, der. di caballero «cavaliere», che a sua volta è der. del lat. caballus «cavallo»]. –
1. (f. -a) Chi ammaestra cavalli e insegna l'arte del cavalcare.
2. (f. -a) Persona esperta nel cavalcare, che mostra la sua abilità facendo esercizî e acrobazie in spettacoli equestri. Anche, più genericam., persona che va abitualmente a cavallo, abile nel cavalcare.
O ancora, dal Sabatini Colletti:
c
avallerizzo[ca-val-le-rìz-zo] s.m.1 Chi cavalca con destrezza, abilità; acrobata che si esibisce con i cavalli
2 Maestro di equitazione
In Itaglia, sopratutto per lo snobbismo dei militari che hanno spadroneggiato nell'equitazione fino a pochi anni fa, questa parola ha assunto un significato dispregiativo indicando i cavallerizzi da circo, ignorando che grandi cavallerizzi del passato hanno
campato proprio grazie al circo: Baucher, Fillis, Steinbrecht, Franconi; inoltre, Oliveira e lo stesso Karl - in tempi recenti - non disprezzavano - di tanto in tanto - l'esibizione al circo.
Ma stiamo parlando di altre culture, noi itagliani - dato che abbiamo avuto Caprilli - siamo
er più non ci abbassiamo a questi livelli.
Ce ne dà ampiamente la prova di quanto ho appena detto, il colonnello Angioni in questa lunga nota che nella sostanza ribadisce esattamente ciò che dicono Decarpentry, Treccani e Sabatini e Colletti, salvo poi a concludere lasciando intradotto
ecuyer, o - peggio - traducendo orribilmente, in altre pubblicazioni, con
scudiero .
La parola
cavallerizzo gli fa schifo, si giustifica dicendo che: i
n Italia il
significato del termine si è nel tempo alterato ed è arrivato a identificarsi con quello del cavaliere del circo equestre, che oggi ha perso la rinomanza che aveva nell'Ottocento il ché è potrebbe essere anche vero anche se contraddetto dal vocabolario, però, riesuma - senza alcun pudore - le parole itagliane cinquecentesche - oggi
strane/incomprensibili - come piaffo, corvetta, ecc. ecc.[/i]
Secondo me si tratta solo di malcelata superiorità e supponenza della casta militare alla quale appartiene che non si vuol confondere coi saltimbanchi da circo, dunque, tratta ed evita la parola cavallerizzo
come la peste. arrivando a definire Oliveira:
scudiero da circo. :icon_eek:
Secondo me la parola cavallerizzo è bella è nostra, in Italia ha assunto il suo significato intrinseco e di funzione, dovremmo usarla più spesso, perché, come - giustamente - scrive Angioni, ai tempi i nostri cavallerizzi hanno insegnato il mestiere agli
ecuyers francesi, inglesi e tedeschi.
N.d.T.: Oggi in Francia, il titolo d'écuyer è proprio dei cavalieri del Cadre Noir e di alcuni cavalieri civili (un
nome: Michel Henriquet) maestri dell'arte il cui compito è quello di tramandare, attraverso l'insegnamento e l'esempio,
la dottrina francese. L'écuyer è definito da François Baucher, nel suo Dictionnaire raisonné d'équitation pubblicato nel
1830, «l'uomo che sa addestrare un cavallo, condurlo con precisione, e rendere conto dei mezzi che gli hanno procurato
questi risultati». Aggiunge che «è il professore capace di formare veri uomini di cavalli». Le forme antiche della parola
sono le seguenti: escuier (appare per la prima volta nel 1080), escuyer (appare nel 1549), écuyer (appare 1701) derivano
dal basso latino scutarius che ha il significato di «colui che porta lo scudo» (in francese écu, da cui prende il nome la
scuderia, écurie, che era inizialmente la casa dello scudiero). Solo dal XVII secolo ha preso in Francia il significato di
«maestro di equitazione», poi quello di «colui che monta bene a cavallo». Il Littré, dizionario della lingua francese in
sette volumi, elenca i seguenti significati per le lingue estere: spagnolo, escudero; portoghese escudeiro; inglese squire,
italiano scudiero. Salomon de La Broue intitola la sua opera nel 1602 Le cavalerice françois e non l'escuyer françois,
perché, scrive (pag. 10 del primo libro, edizione del 1686), «se la parola escuyer non significasse altra cosa in Francia
che buon uomo di cavalli me ne sarei servito. Ma siccome si può adattare a molti altri significati ho trovato più rapido
usare una parola straniera, avendo anche avuto il consiglio di alcuni amici molto capaci in quest'arte». I «molti altri
significati» sono elencati sul Dictionnaire de la langue française di Emile Littré (1956), sul Dictionnaire de la langue
française di Paul Robert (1959), in nove volumi. I significati sono: écuyer de cusine (compare per la prima volta nel
1393), primo ufficiale della cucina del re o di un principe; écuyer tranchant (1429), colui che taglia la carne; écuyer de
bouche (1680), che serve alla tavola de re; écuyer de main, colui che dà la mano a un principe o a una principessa per
aiutarli a scendere da una vettura; o semplicemente écuyer, «l'intendente delle scuderie di un principe». La parola
straniera che usa La Broue è appunto cavalerice, derivata dall'italiano cavallerizzo o cavallarizzo. La Broue aveva
lavorato nella seconda metà del Cinquecento cinque anni a Napoli con Giovan Battista Pignatelli. Osserva La Broue, a
proposito dei termini che usa nel suo trattato (Le cavalerice françois, 1^ ed., La Rochelle 1593 - . 1594; pag. 10 della 4^
ed., Paris 1646): «Poiché nella lingua francese quest'arte manca di termini appropriati, ho fatto ricorso alla lingua
italiana, sia perché i Cavalieri ne fanno un uso più comune, sia anche perché i termini italiani hanno un non so che di
più gagliardo, sono più significativi, e possono spiegare il significato con una sola parola, mentre ne occorrerebbero
diverse per farlo capire in francese. Nondimeno poiché queste parole e altre dell'arte non sono conosciute da tutti i
Francesi, ho voluto sollevarli da questa pena con la seguente interpretazione». Elenca di seguito quarantotto parole
italiane francesizzate con a fianco la loro spiegazione, così come sono usate nel testo. Oggi in Italia si fa ricorso alle
lingue estere: il governo del cavallo è grooming, le gare di stile sono di equitation (equitescion), il passeggio è passage,
il piaffo o far ciambella, bellissima antica dizione, è piaffer o piaffe o piaf, i salti di scuola hanno perso il loro nome
originale con il quale gli Italiani li hanno fatti conoscere in Europa (la corvetta, «corbetta» la chiama D'Aquino) è
la.courbette, la capriola è la cabriole, la piroetta è la pirouette, e via di seguito, lo stesso montare come si monta da
secoli in Italia e dopo che gli Italiani hanno insegnato agli Inglesi come si monta a cavallo - si legga al proposito il duca
di Newcastle - è definito non «all'italiana», ma «all'inglese». Pur avendo noi il nostro ricco ed esauriente vocabolario.
Come se invece non ci fosse e avessimo bisogno di termini esteri. Si tenga conto che nella prima metà del Cinquecento,
comunque prima della pubblicazione del suo libro, aveva già insegnato in Francia e poi in Inghilterra Claudio Corte,
autore de Il cavallarizzo, pubblicato a Venezia preso Giordano Zilletti nel 1562. Quindi aveva insegnato in Francia
prima che Salomon de La Broue scrivesse il suo trattato, che è il primo trattato di equitazione scritto da un Francese, ma
pubblicato dopo la pubblicazione in Francia della traduzione dei libri di Grisone (1559) e di Fiaschi (1564). Il primo
trattato equestre che vede la luce in Inghilterra è Gli Ordini di cavalcare del Grisone, tradotto nel 1560 da Blundeville,
un cavaliere-traduttore che Newcastle ridicolizza nel suo libro Méthode et invention nouvelle de dresser les chevaux,
Anversa 1657. Il termine cavallerizzo ha perso con il tempo il significato nobile che aveva in origine in Italia di maestro
di equitazione, di capo dei cavalieri di una scuderia principesca o cardinalizia o reale o papale. Molti illustri personaggi
hanno portato questo titolo. Ne citiamo alcuni: Giovanni Battista Ferraro, autore Delle razze, disciplina del cavalcare,
pubblicato nel 1560 a Napoli, era cavallerizzo di Don Antonio di Aragona; il figlio, Antonio Pirro Ferraro, autore del
Cavallo frenato, pubblicato a Napoli presso Antonio Pace nel 1602, era - è scritto sul frontespizio del libro -
«cavallerizzo della maestà di Filippo II re di Spagna N.S. nella Real Cavallerizza di Napoli»; Lorenzino Palmieri,
fiorentino, autore delle Perfette regole et modi di cavalcare, Venezia 1625, era «cavallerizzo del Serenissimo Granduca
di Toscana»; il barone d'Eisemberg, autore de La Perfezione e i Difetti del Cavallo, Firenze 1753, era «direttore e primo
cavallerizzo dell'Accademia di Pisa»; il primo direttore di equitazione della Regia Scuola di Equitazione italiana a
Venaria Reale, il maestro Otto Wagner, dal 1825 al 1845 aveva il titolo di cavallerizzo capo; Enrico Conti, autore de
L'ippossiade o L'accademico equestre (1823), era «cavallerizzo al Reale Maneggio di Torino». Cavallerizzo sarebbe
perciò la migliore traduzione di écuyer, nel significato che ha preso dal XVII secolo. Cavallerizzo: «l'uomo di cavalli
che riuniva l'esperienza al talento e al sapere», scrive il generale L'Hotte nei suoi Souvenirs (pag. 301). Ma in Italia il
significato del termine si è nel tempo alterato ed è arrivato a identificarsi con quello del cavaliere del circo equestre, che
oggi ha perso la rinomanza che aveva nell'Ottocento.
Per quanto non ti piaccia, non puoi schivare di citare Claudio Corte, che intitola il suo trattato come "Il cavallarizzo" e illustra, nei tre dialoghi finali, esattamente quello che un cavallerizzo (che nella sua accezione è il responsabile di tutti gli aspetti della conduzione di una scuderia nobiliare, addestramento dei cavalli e dei cavalieri compreso) dovrebbe essere, dovrebbe sapere, dovrebbe saper fare, e dovrebbe saper insegnare.
Nel dialogo, Corte fa parlare anche Pignatelli.
(http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/55/Il_cavallarizzo.djvu/page1-400px-Il_cavallarizzo.djvu.jpg)
Nell'accezione di Corte, il cavallerizzo è il responsabile di tutto ciò che riguarda la scuderia; deve saper giudicare l'arte e la affidabilità di tutto lo stuolo di artigiani specializzati, o no, che popola la scuderia signorile (maniscalchi, morsai, sellai, garzoni, cavalcatori....); deve essere colto, perchè deve saper consultare e trattati e saper discorre di argomenti equestri di qualsiasi tipo; perfino... deve conoscere la musica, perchè la musica è necessaria per affinare il senso del ritmo.
Già, secondo lui, deve anche saper smascherare i ladri di foraggio et educare i garzoni di scuderia a parlare a bassa voce.
Lo lessi tanti anni fa, ho una copia fatta dai microfilm conservati alla biblioteca nazionale di Palermo, ricordo anche che insegna al suo lallo a raccogliere la bacchetta, cosa che io già facevo fare al mio Fiorello e che - tutt'ora - fa Oddo.
Pare che a quei tempi, i compiti/gli insegnamenti del cavallerizzo fossero assai ampi e comprendessero oltre la musica - vedi il Fiaschi - altre nobili arti.
Ricordo la prima volta che sentii questa parola in una conversazione corrente, la disse il M/llo Canto: maestro maniscalco ma sopratutto maestro di vita e di cavalli; la pronunciò a proposito di un ufficiale che si fece prendere la mano da una cavallina piuttosto vispa, alla mia osservazione: ma come ? Un ufficiale di cavalleria che non riesce a governare una situazione così ordinaria ?
Lui rispose: certo era in cavalleria ma non era un cavallerizzo !
Ho fatto un giro per 4-5 dizionari online.
Tutti riportano il significato di "maestro d'equitazione" o similari. Alcuni anche come primo significato del termine.
Ma io non ho MAI sentito chiamare cavallerizzo un istruttore o uno che possa essere considerato un "maestro d'equitazione" o comunque uno che "insegni l'arte del cavalcare".
Eppure è da vent'anni che ho la sventura di frequentare cavalli.
Per me cavallerizzo è uno da circo o, comunque, uno abile coi cavalli (ma in questo senso usato da chi è fuori dal mondo dei cavalli: per me la gente di cavalli non usa questo termine per riferirsi a sé o altri "colleghi", escluso il circo).
Ma, tornando al maestro d'equitazione, sono sempre riuscito a schivare tutte le gocce della pioggia, o in realtà non si usa più con quel significato?
C'è un linguaggio parlato corrente al cuale possiamo perdonare tutto e un linguaggio scritto che dovrebbe attenersi a buone recole di itagliano.
Ormai, i due lessici si sono integrati e confusi, ne abbiamo prova ogni giorno, questo non toglie che: i cavalli non si gestiscono ma si governano, che la razione di biada giornaliera si chiami profenda, che i cavalli non si educano ma si maneggiano, che lo stallone sia solo il riproduttore e non qualsiasi lallo con le palle, che non si dice sgambare ma dare gamba ecc. ecc.
Inoltre, in Itaglia - come già detto - non ci sono veri maestri di equitazione/veri cavallerizzi ma solo istruttori...la maggior parte: gambe-gambe, dunque hai ragione, la parola è in disuso, ma se parliamo/scriviamo: di Baucher, Oliveira, Saunier, Mazucchelli, Ferraro Pirro, Karl, Pluvinel la parola cavallerizzo è perfettamente attinente.
Sono vent'anni che ti occupi di lalli ?
Allora sei un novellino !
Citazione da: raffaele de martinis - Novembre 26, 2013, 02:37:21 PM
...
Sono vent'anni che ti occupi di lalli ?
...
No, sono vent'anni che
subisco i lalli
E' curioso che, soltanto nel 1968, papa Paolo VI in una disposizione motu proprio abolisca - tra le tante altre - la carica pontificia di Cavallerizzo Maggiore di Sua Santità.
Supponiamo che detto personaggio non fosse un istruttore gambegambe tantomeno un artista da circo.
Della Famiglia Pontificia restano pertanto abolite le cariche e le denominazioni di: Cardinali Palatini, Prelati Palatini (Maggiordomo di Sua Santità, Maestro di Camera, Uditore di Sua Santità). Maestro del S. Ospizio, Foriere Maggiore dei sacri Palazzi Apostolici, Cavallerizzo Maggiore di Sua Santità, Sopraintendente Generale delle Poste, Latori della Rosa d'Oro, Segretario per le Ambasciate, Esente delle Guardie Nobili di Servizio, Camerieri d'Onore in abito paonazzo, Camerieri d'onore extra Urbem, Cappellani Segreti, Cappellani Segreti d'onore, Cappellani Segreti d'onore extra Urbem, Chierici Segreti, Cappellani comuni pontifici, Confessore della Famiglia Pontificia, Scalco Segreto.
Citazione da: raffaele de martinis - Dicembre 08, 2013, 11:05:52 AM
Mie care, se non siete state ancora a Pompei andateci, io ci torno sempre volentieri...è da mozzafiato, la mia ragassa non conosceva quel posto, dunque, qualche anno fa ci sono ritornato, tra le tanta maraviglie potete ammirare alcuni equili, praticamente sono eguali...o meglio le scuderie di cent'anni fa sono equali a quelli.
Il Corte, ovviamente, non poteva chiamare scuderia gli equili, poiché lo scudiero, portava ancora le armi e il destriero del cavagliere ma - di lì a poco - avrebbe cambiato le sue già numerose mansioni (tra l'altro puliva il culo al suo signore quando questi doveva defecare senza togliersi l'ingombrante corazza) allo specifico controllo e al governo di tutti i lalli dei cavaglieri che da cavalieri di ventura stavano diventando cavallarizzi, non per niente il posto dove il cavallerizzo esercitava i suoi lalli si chiamava: cavallerizza, appunto.
Per lo stesso motivo, la scuderia venne chiamata così, prendendo lo nomo dall'abitazione dove abitava lo scudiero, che - ovviamente - dormiva vicino ai cavalli, appunto.
Va da se che regnanti e principi avessero cavalli in numero industriale, dunque, lo scudiero diventò una specie di manager che dirigeva un tim di specialisti: artieri, palafrenieri, scozzoni, mulomedici ecc. tra i quali c'erano anche i cavallerizzi: gli addetti all'addestramento raffinato dei lalli.
Plobabilmente, gli scudieri erano (dovevano essere) anche provetti cavallerizzi, dunque, in Francia le due parole si fusero in una: ecuyer che - in quel paese - ha asunto prinzipalmente il significato dell'italiano : cavallerizzo.
Io - essendo malitioso - credo che l'abbiano fatto sopratutto per eliminare dal loro lessico la parola derivante dall'italiano: cavalerice...ricordava troppo che loro - i grandi ecuyer di Francia - erano andati a squola dai cavallarizzi italiani per imparare il mestiere.
Altre parole non poterono elliminarle...bisognava inventarle di sana pianta, dunque le francesizzarono, ecco nata la terminologia de dressage: una storpiatura francese di quella originale che era tutta italiana.
Per, finire, la parola scudiero divenne anche un titolo di corte...ma questa è tutta un'altra storia.