Visto che se ne parlava, penso sia interessante approfondire un po' questo aspetto.
La zona geografica in cui ci si trova incide a mio avviso in maniera determinante sui risultati che ci si può aspettare, o sulle difficoltà che si devono affrontare per migliorare i risultati.
La zona geografica determina tra le altre cose:
-Clima
-Terreni
-Orografia
-Alimenti disponibili (flora spontanea vs coltivata)
-Valori nutritivi di suddetti alimenti
-Disponibilità di spazio
-Aspetti culturali
-Aspetti economici
(aggiungete voi quelli che sicuramente mi sarò dimenticato)
Tutti questi elementi possono incidere positivamente o negativamente sugli zoccoli, in modo diretto o indiretto.
Mi pare ovvio che se qualcuno fosse così fortunato da potersi comprare 2-300 ettari di deserto del Nevada, probabilmente avrebbe risolto in maniera egregia il dilemma su come gestire gli zoccoli dei propri cavalli: sbattendoli in mezzo al loro "paddock" e dimenticandoseli.
All'estremo opposto potremmo mettere gli abitanti della Florida, o della Camargue: acquitrini e paludi in ogni angolo. Solo il mare aperto può essere meno adatto per tenerci dei cavalli ed aspettarsi che abbiano buoni piedi capaci di lavorare duramente.
Cosa potrebbe fare un "floridiano"? Drenare, bonificare, asciugare, ghiaiare ecc. Quanto costa? Chi se lo può permettere? E quando piove per 10 giorni di fila che succede?
Analogo discorso si può fare per l'aspetto alimentare: qui in Emilia trovare dei campi che non siano seminati a medica è raro. Trovare del fieno di prato in ballini sta diventando impossibile. Aggiungiamoci che i terreni alluvionali (leggi: argilla), già poveri di minerali di loro natura, sono stati sfruttati almeno per cinquant'anni con un'agricoltura intensiva, che li ha ulteriormente impoveriti sotto questo aspetto. Qui da noi quasi ogni cavallo manifesta sintomi di carenze o sbilanciamenti minerali. Zinco e rame, importantissimi per pelo e unghie sono virtualmente assenti nella dieta di molti cavalli delle mie zone.
In compenso l'acqua è durissima, e sballa costantemente il rapporto Ca/P, anche a cavalli che mangiano discrete quantità di cereali (ricchi di fosforo e poveri di calcio).
Chi ha la fortuna di vivere in aree con terreni più "antichi" probabilmente ha meno difficoltà a reperire alimenti con un buon contenuto di minerali, in rapporti più bilanciati.
I prezzi dei terreni poi variano selvaggiamente da zona a zona: qui intorno a Modena l'ettaro di terreno agricolo supera tranquillamente i 25'000 €. A Bucarest un ettaro si compra per 1'000 €. In Puglia mi è stato detto che vale sui 5'000 €. Quindi, a parità di disponibilità economiche, la capacità di acquisto può variare enormemente. Data la mia disponibilità, sto valutando l'acquisto di qualche ettaro di Sahara algerino.
Penso non ci sia bisogno di continuare. Sulla base di questi ragionamenti, mi pare chiaro che occorre essere molto flessibili ed adattabili nell'applicazione della "teoria barefutta", proprio perchè le condizioni, da zona a zona, possono essere molto diverse.
Non a caso, il ferro sembra essere comparso nella umida Europa centrale, per opera dei Celti. Non nel Medievo: parecchio prima. I Romani li hanno incontrati, ma verosimilmente li hanno ritenuti una cosa da barbari, e non li hanno copiati. :icon_rolleyes:
Nessuno lo dice ma il bravo barefutto dovrebbe sferrare solo d'estate, non ci credete ?
It depends.... se abita in Canada forse dovrebbe fare l'inverso. Là il terreno è duro d'inverno e molle d'estate.
Più semplicemente, il bravo barefutto se ne sbatte delle scommesse e delle competizioni, co sè stesso e con chiunque altro ("vediamo fin dove arriva il cavallo con gli zoccoli senza protezioni") e caso a caso, giorno per giorno, ora per ora decide qual'è la protezione necessaria per il piede del proprio cavallo; e ha la possibilità di cambiare le cose anche dieci volte di seguito in una giornata (nulla impedisce di portarsi dietro le scarpette e metterle/toglierle, in una lunga passeggiata, a seconda dei terreni, andature eccetera eccetera). Il bravo barefutto è un uomo libero.
Veramente mi riferivo al fattore climatico, al caldo o meglio alla mancanza di umidità...lo zoccolo è metereopatico (osservazione personale)...dei terreni ce ne fottiamo.
Questo scrisse Ipparco in altro posto, eravamo ot, riconduco la questione in questo topico perché quì è attinente
Concettualmente, a volte è difficile distinguere con certezza un adattamento da una mera conseguenza di una serie di fatti o condizioni. Non è possibile affermare con certezza che il piede del mustang sia un "adattamento" o non piuttosto una mera conseguenza del suo stile di vita, così come non lo si può dire dei piedi di un cavallo che viva in box.
Diciamo che il piede del mustang ha alcune caratteristiche che ci "piacciono", così come le hanno i mustang nel complesso, e che quindi quello sembra essere un buon modello di riferimento.
Quello che ho potuto vedere io su cavalli che sono passati da una gestione a paddock a una in box, a mio parere è più plausibilmente un degrado che non un adattamento, degrado dovuto principalmente al maggior contatto del piede con le deiezioni rispetto alla situazione iniziale, e in minor misura alla mancanza di movimento, al fondo meno abrasivo, al mancato utilizzo di parte dell'energia ingerita ecc.
Perchè lo ritengo un degrado? Perchè il corno che costituisce la superficie plantare dello zoccolo diventa, in condizioni ottimali o quasi, una superficie dura, lucida e compattissima, adatta a resistere all'azione meccanica delle asperità del terreno, mentre su cavalli che vivano in ambienti poco puliti, o su fondi troppo soffici ed igroscopici, come la maggior parte delle lettiere, la superficie plantare perde questa resistenza.
Data la funzione di protezione che deve svolgere il corno, un degrado delle sue proprietà meccaniche, a mio avviso è da vedere come un peggioramento, un deterioramento, appunto, delle sue prestazioni.
Una modificazione dei piedi in funzione dell'ambiente e del terreno può sicuramente avere anche una componente di tipo "adattativo", ma la mia opinione è che in questo caso non debba cambiare tanto la consistenza dell'unghia, quanto piuttosto la sua geometria.
Possono comunque esserci delle eccezioni a questo ragionamento, e un esempio molto interessante è quello che fa Ramey quando cerca di spiegarsi il perchè del tarlo e della stessa laminite: potrebbero essere dei meccanismi di difesa del cavallo contro una lunghezza eccessiva degli zoccoli qualora l'animale si trovi improvvisamente in un rigoglioso "eden" erboso in cui venga meno l'esigenza di spostarsi continuamente in cerca di cibo. In questo caso, la possibilità di "sbarazzarsi" in fretta dell'unghia di troppo facendola spezzare in grossi pezzi potrebbe essere utile.
Si tratta comunque di meccanismi che richiedono più di pochi giorni per attuarsi, di solito, e anche per questo penso che quello che succede nella maggior parte dei casi quando si mette un cavallo in box sia a tutti gli effetti un degrado dovuto a fattori ambientali.
Caro Ipparco tutti sti ragionamenti hanno senso se inquadrati in un contesto più ampio, già feci notare a qualcuno la metereopaticità dello zoccolo lallino.
Ho constatato che - a parità di governo e di logistica - d'inverno i piedi dei lalli sono morbidi, d'estate duri.
La stessa relativa differenza dovrebbe esistere tra i lalli che vivono nelle zone aride nord africane e quelli che vivono nelle zone umide nord europee.
Caro Ippi, sicuramente hai trattato piedi di asini e muli, certamente non hai potuto fare a meno di notare la differenza di forma e di consistenza che esiste con quelli del loro cugino lallo.
Sono giuste codeste mie tre considerazioni ? Se si, continuo il ragionamento altrimenti è inutile.
CitazioneCaro Ippi, sicuramente hai trattato piedi di asini e muli, certamente non hai potuto fare a meno di notare la differenza di forma e di consistenza che esiste con quelli del loro cugino lallo.
Non solo consistenza e forma, ma spesso cambia addirittura il comportamento delle varie strutture. La suola degli asini ad esempio tende a non esfoliare ma ad accumularsi, probabilmente proprio per poter affrontare gli ambienti estremi in cui vive l'asino.
Le tue considerazioni sono senz'altro giuste, anche se con dei piccoli distinguo: ci sono "trucchetti" per evitare che d'inverno l'unghia si ammorbidisca al punto da creare problemi (ad esempio l'uso generoso di ghiaia e altri materiali drenanti), e spesso i piedi dei cavalli che vivono stabilmente in ambienti umidi sono più morbidi ma assumono dimensioni maggiori, con un fettone che diventa più importante in percentuale rispetto agli zoccoli tipici dei climi aridi. Questo è un altro esempio di quei casi in cui è difficile decidere se si tratta di adattamento o mera conseguenza. Però su un piede più grande, a parità di peso dell'animale, la pressione (e quindi il consumo e il rischio di traumi) diminuisce, ripristinando un certo equilibrio..
Citazione da: alex - Luglio 14, 2012, 10:11:18 PM
Non a caso, il ferro sembra essere comparso nella umida Europa centrale, per opera dei Celti. Non nel Medievo: parecchio prima. I Romani li hanno incontrati, ma verosimilmente li hanno ritenuti una cosa da barbari, e non li hanno copiati. :icon_rolleyes:
La presunta nascita del ferro inchiodato, in epoca antecedente i
Romani non ha riscontro se non nel fatto che il ferro da lallo - essendo piccolo e relativamente pesante - affonda facilmente in strati più profondi quindi più antichi, e dunque falsa facilmente la sua datazione.
Si son trovati ferri - in Irlanda - che secondo questo metro risalirebbero quasi all'epoca di Xenophon, il che non è possibile.
Molte notizie su "ferri fra i Celti" si trovano su un testo che mi ha segnalato proprio piciopacio: Horse shoes and horse shoeing: their origin, history, uses, and abuses (http://en.wikisource.org/wiki/Horse_shoes_and_horse_shoeing:_their_origin,_history,_uses,_and_abuses). Vecchiotto, ma liberamente consultabile.
L'idea che i romani non apprezzassero qualcosa di buono ed utile, come la ferratura inchiodata, quando l'incontravano, è una simpatica escortanata, riportata anche da Fleming.
Invece è molto probabile che singoli maniscalchi abbiano provato - in epoca romana - ad inchiodare l'ipposandalo con risultati inizialmente disastrosi, probabilmente la sperimentazione per raggiungere la ferratura inchiodata fu lunga e laboriosa e come tutte le novità volle del tempo per attecchire bene.
Comunque, la domanda era: - perché i lalli hanno i piedi più morbidi d'inverno ?
E in subordine: - perché l'asino, e dunque anche il mulo, ha una struttura di piede differente da quella dello lallo ?
Le ragioni sono di una lapalissiana evidenza, risparmiatemi il sermoncino !!
Dopo la tua spiegazione (http://www.cavalloplanet.it/index.php?topic=746.msg14108#msg14108) del perchè Rousselet usò il cordoncino di seta per Chasseur (ossia perchè il cordoncino di seta è più convincente, ossia più "severo", dell'imboccatura che il cavallo usava: spiegazione a cui io non sarei arrivato mai e poi mai :horse-scared:) rinuncio in partenza a tirare a indovinare il tuo pensiero.
Mi vergogno a scrivere delle banali ovvietà, :embarrassed2:
Lo zoccolo lallino cambia alle variabili climatiche: - caldo - duro; umido - molle per adattarsi ai cambiamenti del suolo dove si trova.
Se il lallo avesse lo zoccolo sempre duro, l'unghio, d'inverno - agendo sul mollo - crescerebbe fuori misura; se l'avesse sempre mollo, d'estate - camminando sul duro - i suoi piedini si consumerebbero velocemente che in un paio di settimane non potrebbe fare più un passo.
Detto questo, (esperienza diretta) il bravo barefutto dovrebbe fare due pedicure, uno estivo e un'altro invernale, o meglio, uno per l'umido l'altro per il secco; alla stessa maniera il gestore del lallo scalzo dovrebbe adattare i suoi comportamenti e le sue richieste alla stagionalità.
Degli asini e dei muli estivi et invernali parlerò dopo...credo di aver trattato l'argomento, devo avere lo scritto da qualke parte.
Ecco come cominciai ad occuparmi di clima e barefutterìa: -
...in primo luogo bisogna osservare i piedi. Come infatti una casa avrebbe scarsa utilità se avesse splendidi fastigi e fondamenta inefficienti, così un cavallo d'arme, non servirebbe a niente se avesse una struttura perfetta e i piedi scadenti......e dal rumore – dice Simone – si riconosce il cavallo dotato di buoni piedi, e dice bene: - come un cembalo infatti rimbomba sul terreno lo zoccolo cavo."
Queste parole, scritte 2500 anni fa, sono di un'attualità stupefacente e per il cavallo in generale e per noi barefutti in particolare; rileggendole, da un po' di tempo ho cominciato a far attenzione al suono degli zoccoli di Oddo.
Lui abita/abitava in un box situato in fondo ad un capannone lungo circa 30 metri, ci sono altri due cavalli, i box sono dieci, frutto di un remoto insano tentativo del rag. Gu...ta di creare un centro ippico – per sua fortuna - abortito sul nascere.
Oddo rientra da solo dal pascolo, lo lascio libero, e, con il suo trotto energico, raggiunge il suo sito ignorando gli altri due cavalli.
I suoi piedi – in quell'ambiente chiuso - schioccano sull'incementato come le nacchere di un flamenquero sivigliano o meglio schioccavano, perché da quando ha cominciato a piovere, da quando l'aria si è umidificata, il suono è diventato morbido felpato sembra che il morello abbia indossato le "babbucce"...perché?
Trovo che voi barefutti "ufficiali" diate troppa importanza ai tagli e ai pareggiamenti, vi sforziate troppo ad elencare i presunti danni della odiata ferratura e – per contro - spendete pochissima considerazione verso i fattori essenziali che fanno un piede "really hardned", il clima è uno di questi...
Lo immaginavo, e lo temevo.
Attenzione: questo post è ad alto contenuto teorico- a molti sembrerà intollerabile. Saltatelo a piè pari se non siete disponibili a penetrare nei significati reconditi della parolina "perchè".
Quando il mio professore di biochimica chiedeva: perchè quella tal sostanza / quel tale ormone aumenta in queste circostanze? (mettiamo: perchè il tasso di insulina aumenta quando aumenta la glicemia?)
Chi rispondeva "il tasso di insulina cresce per abbassare il tasso di glucosio nel sangue" riceveva una sfuriata e veniva cacciato istantaneamente. Erano le poche circostanze in cui il prof. De Bernardis - un vero signore - perdeva le staffe.
La risposta che lui voleva non era "filosofica", "finalistica". La biologia non funziona così. Lui voleva che fosse ben chiaro il mebccanismo biologico che lega l'aumento del tasso glicemico all'aumentato rilascio di insulina. Quale recettore viene attivato? Quale mediatore intracellulare, quale meccanismo biochimico scatta? Perchè e dove questo meccanismo si inceppa, in quali circostanze biochimiche? Questo è il "perchè" che conta, in biologia.
Perchè un seme interrato germoglia? Non certo "per produrre una nuova pianticella"! Ma perchè il seme è fatto in modo che in certe condizioni succeda qualcosa di fisico-chimico che avvia il processo.
Perchè l'umidità modifica lo zoccolo? Perchè il materiale di cui è fatta la muraglia è fatto in un certo modo; ha certe caratteristiche chimico-fisiche eccetera. Questo è il "perchè". Che queste caratteristiche siano "utili" per adattare il piede al suolavoro, è il risultato dell'evoluzione; ma mica sempre queste caratteristiche raggiungono il risultato auspicato.... non sono finalizzate al risultato attuale: sono statisticamente utili. Può benissimo capitare che siano dannose, in alcuni casi. Non ha importanza: statisticamente sono più utili che dannose. Quindi il piede non modifica forma-consistenza per adattarsi al terreno, proprio come il seme non germina per produrre una pianticella.
Non mi è mai sfuggito il suono del piede, e lo uso correntemente per giudicare lo zoccolo.... anch'io apprezzo Senofonte. :-)
E anche Virgilio accenna al suono degli zoccoli sani, in pochissime parole, ma "quelle giuste".
Quì siamo alla squola elementare, infatti: - noi non abbiamo gli occhi per vedere, ma vediamo perché abbiamo gli occhi.
Fossimo abitanti degli abissi più profondi, gli occhi sarebbero inutili, dunque si atrofizzerebbero ed altri sensi si svilupperebbero.
Pertanto accontentiamoci dello utile, senza dimenticare che, il lallo si è evoluto senza pensare di essere utile all'homo ma funzionale a se stesso, o meglio, alla sua specie.
Dunque il punto è questo: - "...il bravo barefutto dovrebbe fare due pedicure, uno estivo e un'altro invernale, o meglio, uno per l'umido l'altro per il secco; alla stessa maniera il gestore del lallo scalzo dovrebbe adattare i suoi comportamenti e le sue richieste alla stagionalità.
E vero o non è vero quello che affermo ??
IO faccio sempre testo alle mie prime esperienze con i cavalli tenuti da Alberto scalzi sul fondo di terra anche i pochi che stavano in box, non ho mai letto un libro su come si fa , ho imparato sul campo di battaglia, e tutti i cavalli che teneva Alberto , mai visto uno camminare zoppo, al massimo sulle strade bianche camminava a lumaca ma come mettevi i piedi sulle strade di terra battuta si cambiava musica, e di galoppate sull'asfalto a go go anche in piano ,
il mio adesso è 40 giorni che è scalzo ma per altri motivi, per una focatura programmata da gennaio e fatta ora
Citazione da: piciopacio - Agosto 06, 2012, 08:15:41 PM
Dunque il punto è questo: - "...il bravo barefutto dovrebbe fare due pedicure, uno estivo e un'altro invernale, o meglio, uno per l'umido l'altro per il secco; alla stessa maniera il gestore del lallo scalzo dovrebbe adattare i suoi comportamenti e le sue richieste alla stagionalità.
E vero o non è vero quello che affermo ??
Verissimo, secondo me; ma non solo secondo me. L'idea di un "modello unico" di zoccolo non è condiviso da tutti; e anche coloro che lo condividono, ritengono semplicemente che sia il modello che più si avvicina alla
perfetta usabilità e/o alla maggiore efficienza per un certo uso del cavallo (quello che a loro sta più a cuore).
Già dai tempi delle mie prime traduzioni la Smith notava che, per alcuni cavalli che lavorano soprattutto sulla sabbia, la conformazione più adatta si allontana dal modello Great Basin e in particolare "vuole" talloni nettamente più alti.
Il "bravo barefutto" non fa una gara con se stesso nè con nessun altro, in cui la vittoria è "cavallo con gli zoccoli perfettamente adatti a qualsiasi terreno in qualsiasi stagione." Il bravo barefutto non ha nulla da dimostrare, e se ne ride delle sfide. Cerca di ottenere lo zoccolo più sano possible, dopodichè adotta stagione per stagione, giorno per giorno, ma perfino terreno per terreno tutti gli accorgimenti che servono perchè il suo cavallo cammini bene (
scarpette al bisogno). Sono passati i tempi in cui qualcuno diceva che camminando senza ferri il cavallo sarebbe rimasto "senza piede", e trovava pure chi gli credeva.....
Liberi da questo incredibile, ma diffusissimo pregiudizio, e consapevoli che esiste un limite, che varia da cavallo a cavallo, eccetera, "si fa quel che si può". D'altronde: non ha limiti fisici e psicologici anche il cavaliere?
CitazioneDunque il punto è questo: - "...il bravo barefutto dovrebbe fare due pedicure, uno estivo e un'altro invernale, o meglio, uno per l'umido l'altro per il secco; alla stessa maniera il gestore del lallo scalzo dovrebbe adattare i suoi comportamenti e le sue richieste alla stagionalità.
E vero o non è vero quello che affermo ??
Certo che è vero, Ramey ad esempio lo ha esplicitato in uno dei suoi articoli ( http://hoofrehab.com/seasons.htm , penso sia anche tra quelli tradotti da Alex) già nel 2006. Non solo: in base al fondo su cui vive il cavallo, la geometria e il comportamento del piede possono cambiare sensibilmente.
OT: la focatura è ormai ritenuta inutile, se non dannosa, in buona parte del mondo; nei paesi anglosassoni si rischia la radiazione dall'albo dei veterinari se si viene sorpresi a praticarla, ed è dimostrato che non aiuta assolutamente a risolvere i problemi per cui viene usata solitamente.
Per chi sa l'inglese consiglio caldamente questo articolo: http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=5&ved=0CGAQFjAE&url=http%3A%2F%2Fwww.gungahlinvet.com.au%2Fpetcare-info%2Fpublications%2Fthe-firing-of-horses.pdf&ei=AzMgUIKTBca6hAfBkoDYBQ&usg=AFQjCNFkhYgdYS9OU9hyujiQluUwAtUAIg&sig2=O6BMvdI7hcYyH8GWE7ZfpA
Se tenete alla salute del vostro cavallo NON usate la focatura, qualunque problema abbia.
Specifico.
Non sono un grullo.
Focatura a caldo di una gorba.
Altra cosa sono focature alle articolazioni con l'azoto.
Mi dispiace dover speificare che non sono un pirla cavernicolo, e so bene quello che faccio.
Una focatura a caldo di una gorba , non a niente a che vedere con focature a freddo di articolazioni, sapendo bene che cosa sono e a cosa portano.
Per la cronaca CARODUBBIO , si è fratturato un nodella anteriore prima di debuttare a 2 anni in pista arrivato in provincia solo perche con un nodello grosso come una noce di cocco. Arrivato vivo e vegeto in buona forma fisica finche stavo da Alberto all'età di 13 anni, dopo mi sono allontanato e di quello che è successo non so niente.
Vedere i punti di focatura che fanno sangue , lo so perche ci sono passato ma CARO non vedeva l'ora di essere sellato da me perche sapeva bene che si andava a divertire
Non riesco a trovare il mio scritto su asini e muli. Peccato !
Quando ero bambino, i muli e gli asini erano equini molto più comuni rispetto ai cavalli: - frugalità, resistenza, longevità, rusticità, docilità di carattere erano tutti fattori che facevano pendere la bilancia della scelta verso di loro.
Comunque, molti - pastori contadini piccoli proprietari terrieri - usavano tenere una giumenta per lavori non troppo pesanti ma sopratutto per produrre un muletto all'anno (modesta fonte di reddito), poi quando la brava lalla invecchiava le si dava un cavallo nella speranza che nascesse una puledra che continuasse l'opera di fattrice.
Il lattone maschio, 8 volte su dieci andava al macello.
Infatti, i veri lalli da sella e da carrozza e da sport erano solo nelle possibilità dei signori e dei militari.
Detto questo, con l'aiuto di un mio coetaneo figlio di maniscalco, ho ricostruito il come si governavano - ai tempi - i piedi di questi animali.
I cavalli dei signori e dei militari erano ferrati ai 4 piedi, così come i lalli e i muli e gli asini da carretto.
I buoi e le mucche che lavoravano duro all'aratro o attaccati al carro erano ferrati anch'essi
Molti muli, d'estate, lavoravano nei campi completamente scalzi, d'inverno li si ferrava a volte ai due piedi a volte ai 4 o rimanevano sferrati a seconda del terreno e del lavoro.
Gli asini da sella/da vardedda non venivano quasi mai ferrati...ricordo che fino ai primi anni ottanta del s.s. girava per Santa Margherita Belìce, un simpatico vecchietto - ho dimenticato il suo nome - in sella ad un asinello, portava un fazzoletto rosso al collo e un fiore tra i denti, credo che i piedi di quella bestiola mai sentirono il conficcarsi di un chiodo.
Se quello che dico è vero, cosa si deduce da tutto questo ??
,
Citazione da: piciopacio - Agosto 07, 2012, 01:00:57 AM
I cavalli dei signori e dei militari erano ferrati ai 4 piedi, così come i lalli e i muli e gli asini da carretto.
I buoi e le mucche che lavoravano duro all'aratro o attaccati al carro erano ferrati anch'essi
Gli asini da sella/da vardedda non venivano quasi mai ferrati...
Vardedda=basto da soma, vero?
La frase
I cavalli dei signori e dei militari erano ferrati ai 4 piedi, così come i lalli e i muli e gli asini da carretto. è un po' ambigua. "Lalli e muli e asini da carretto" significa: tutti e tre se erano da carretto? Ossia: c'erano lalli non ferrati? E a che usi venivano adibiti (esclusi quelli militari, dei signori e da carretto)?
L'unica deduzione che mi viene in mente è: il ferro serviva
per sfuttare meglio i quadrupedi in caso di lavoro duro. Non ho idea se i cavalli dei signori lavorassero duro; ma essendo l'equitazione dei signori strettamente legata a quella militare, a triplo filo, i militari sarebbero comunque stati il loro modello di riferimento. Immagino la profonda vergogna che avrebbero sentito se avessero imitato - per qualsiasi aspetto: governo, maneggio, eccetera - i cavalli dei villici.
Traggo anche la conclusione che oggi i nostri cavalli, generalmente nullafacenti o quasi se confrontati con quelli, potrebbero stare sferrati nel 90% dei casi almeno. Quindi la controversia sulla
necessità della ferratura dovrebbe riguardare un 10% dei cavalli. Stiamo parlando di quelli? E' un conto. Stiamo parlando dell'altro 90%? E' un altro conto.
L'anno scorso conobbi un anziano contadino (ultranovantenne) il quale mi raccontò come fino alla guerra la sua famiglia avesse lavorato la terra con i cavalli.
In particolare mi raccontò che i cavalli venivano usati scalzi per ARARE il terreno (un misto argilla-ghiaia, tipico delle nostre zone collinari, quello che forma anche i calanchi, quindi mediamente abrasivo) e che li facevano ferrare solo un mese all'anno, quando dovevano tirare il carro per portare il raccolto in città (oltre 40 km di viaggio su strade lastricate/ghiaiate, di cui parte in collina).
Fu particolarmente toccante perchè ad un certo punto cominciò a piangere: dei due cavalloni da tiro che avevano, e a cui era affezionatissimo, uno lo sequestrò il governo fascista "per lo sforzo bellico", l'altro se lo presero i partigiani per mangiarselo. Nihil mutat.
Già, cavalli dei villani, dimenticai.
Questi cavalli - parlo per il sud Italia - generalmente erano ferrati solo davanti se facevano servizio da sella/vardedda, come le giumente da riproduzione alle quali ho accennato, se li si attaccava all'aratro o al calesse venivano ferrati ai 4 piedi.
Smuovere un biroccio da fermo o trainarlo in salita comporta un notevole impegno sopratutto dei posteriori.
Da questo quadretto si ricava che i cafoni cercavano - per quanto possibile - di non ferrare, non per il benessere lallino ma più prosaicamente per vili ragioni economiche.
I signori e i militari ferravano ai 4 piedi semplicemente perché se lo potevano permettere e così facendo non avevano pensieri.
I carrettieri, ferravano regolarmente i loro equini perché essendo l'animale uno strumento produttivo doveva essere efficiente ed affidabile, risparmiare sulla ferratura era stupido rischioso e antieconomico.
Notiamo anche che asini e muli, a parità di tipologia di lavoro, non venivano ferrati come i lalli, perché ?
Quì torniamo a parlare di areale evolutivo, praterie ubertose per lo lallo, zone semidesertiche per l'asino...
Sugli asini, sono stato di recente in Portogallo a pareggiare asini per un'associazione di volontari, nella zona di Miranda do Douro. Lì gli asini vengono ancora utilizzati nel lavoro nei campi, e sono tutti regolarmente sferrati, anche quelli che tirano i carretti sulle strade asfaltate, cosa che capita di vedere abbastanza spesso.
La cosa più interessante è stato vedere che gli asini che lavoravano regolarmente avevano piedi discretamente sani, mentre quelli che per qualche motivo non lavoravano erano quasi tutti laminitici, in parte anche in condizioni estremamente gravi.
Una delle cose che ho potuto constatare, confermatami dai membri dell'associazione, è che la maggior parte dei proprietari, compresi quelli ultrasettantenni, sanno veramente poco di quanto serve a mentenere in salute un asino. Alimentazione, stabulazione e cura dello zoccolo sono completamente sfasati rispetto alle reali necessità degli animali, e solo quelli che lavorano si salvano perchè il lavoro, paradossalmente, si avvicina di più alle loro condizioni di vita naturali.
Citazione da: Ipparco - Agosto 07, 2012, 08:57:51 AMAlimentazione, stabulazione e cura dello zoccolo sono completamente sfasati rispetto alle reali necessità degli animali, e solo quelli che lavorano si salvano perchè il lavoro, paradossalmente, si avvicina di più alle loro condizioni di vita naturali.
Mi pare una buona istantanea dell'attuale cavallo medio nostrano. Non appena ci saranno molti più cavalli sferrati che lavorano veramente, la cosa sarà ancora più evidente. Una saggia ragazza croata suggeriva: prima di prendere un cavallo fatevi due domande. Avete il
denaro? e avete il
tempo? Mediamente, il denaro c'è; ma più c'è denaro, in genere, meno c'è tempo.
(http://i43.tinypic.com/vrtxfl.jpg)